cronaca

IL NATALE NEGATO

Redazione online ANSA
Pubblicato il 30-11--0001

Esistono una serie di Paesi che non condannano apertamente il Natale

Ci sono Paesi in cui il Natale può trasformarsi in un’occasione di paura. Ci sono Paesi in cui i cristiani non possono manifestare liberamente la loro fede, pena la persecuzione o l’arresto. Nel mondo ci sono almeno tre nazioni che hanno posto il veto alla più sacra festività cattolica. Ma ce ne sono molte altre che non l’hanno fatto apertamente scegliendo altre forme di dissuasione, come la limitazione delle libertà civili e politiche o di proselitismo.


I primi veri “nemici” del Natale sono Somalia, Tagikistan e Brunei. Lo Stato del Corno d’Africa, dilaniato da una decennale guerra intestina e falcidiato dagli attentati degli islamisti di al-Shabaab, ha emesso dei provvedimenti pacifici contro le celebrazioni natalizie. Per Sheikh Mohamed Kheyrow ministro della Religione ha spiegato che il Natale è una celebrazione “che non ha nulla a che fare con l’Islam» e per questo viene osteggiata dalle autorità, dimenticando forse che anche nel Corano viene ricordata la nascita di Cristo celebrandolo come profeta. Il portavoce del sindaco di Mogadiscio ha affermato in più di un’occasione che «Tutti i somali sono musulmani e che non ci sono comunità cristiane in Somalia”.



Il ricco sultanato del Brunei ha introdotto norme sempre più stingenti contro il Natale, in particolare i residenti del regno rischiano fino a 5 anni di carcere se colti nell’atto di celebrare la festività cristiana. Criticato dalla comunità internazionale le autorità hanno spiegato che il divieto non si applica ai cristiani, che possono celebrarlo esclusivamente nelle proprie case, ma solo ai musulmani. “Queste misure rinforzate – spiega il ministero per gli Affari religiosi – sono state introdotte per controllare eccessivi festeggiamenti che potrebbero danneggiare la fede della comunità musulmane”. Il provvedimento però ha tutta l’aria di volersela prendere con quei cittadini convertiti al cristianesimo.

Misure ‘anti-Natale’ anche nell’ex repubblica sovietica del Tagikistan che ha scelto di bandire gli alberi di Natale e biglietti di auguri da scuole e università. Il provvedimento non ha tanto uno scopo di tipo religioso quanto una reticenza di stampo sovietico in un Paese diviso fra atei e comunità ortodossa.

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Esistono poi tutta una serie di Paesi che non condannano apertamente il Natale ma hanno introdotto negli anni una serie di misure che di fatto vanno a colpire la vita religiosa delle comunità cristiane. Ne è un esempio l’Arabia Saudita. In tutto il Paese è vietato il culto pubblico di altre religioni. Il milione e mezzo di fedeli cristiani nella terra dei Saud può professare la propria fede solo nel chiuso delle pareti domestiche evitando di manifestarla in pubblico.

Destino analogo in Afghanistan dove il cristianesimo non è riconosciuto come religione non è consentito convertirsi, pena la morte. Le leggi vietano anche tutte le forme di proselitismo nel Paese. Proibiti anche tutti gli oggetti come crocifissi, statue e sculture. L’unica chiesa di tutta la nazione si trova nel quartiere diplomatico ma non è accessibile dalla popolazione.

Destino simile anche in Algeria, nonostante due basiliche, un’arcidiocesi e tre diocesi. Il Natale non è riconosciuto come festività e dal 2006 la situazione si è fatta sempre più difficile. Algeri ha infatti introdotto una serie di restrizioni nei confronti delle minoranze. In particolare con il divieto di fare proselitismo. In più i cristiani possono professare la loro fede solo nei luoghi autorizzati dalle forze dell’ordine. Vietata anche la diffusione della Bibbia e dei “documenti che possano confondere un musulmano”.

Destini simili invece per Yemen e Libia. Le guerre civili scoppiate dopo il 2011 hanno avuto pesantissime ricadute sulle minoranze cristiane. In Yemen negli ultimi anni gli attacchi alle piccole comunità cristiane sono aumentati, soprattutto da parte di organizzazioni vicine allo Stato islamico. In Libia dopo la caduta di Gheddafi gran parte della comunità è stata costretta alla fuga per le continue minacce ricevute dai gruppi islamisti. Stesso scenario anche nella Siria martoriata dalla guerra. Paese dalle profonde radici cristiane la Siria è diventata una grande tomba a cielo aperto per i milioni di fedeli sottoposti agli attacchi dei fondamentalisti dell’Isis, al Nusra e altre formazioni presenti nel Nord del Paese.

All’interno dei Paesi europei il Natale non è mai stato in pericolo ma in questi anni prevale un sentimento di disincanto e cinismo, piegato sia alla paura che a logiche commerciali, che mette in pericolo il Natale nella sua essenza. Ne sono convinti gli spagnoli ad esempio. L’81% di loro, si scopre in una rilevazione dell’istituto britannico Youdem, è convinto che la festività sia ormai una ricorrenza solo consumistica. Dello stesso parere il il 77% dei britannici e il 73% dei tedeschi.

Ma gli eventi dell’ultimo anno, e delle ultime settimane, mettono in luce anche che l’Europa ha sempre più paura, anche in occasione del Natale. Ne sono convinti i francesi ad esempio, il 34% di loro vivrà le prossime ricorrenze con ansia e preoccupazione. La Francia negli ultimi due anni è stata l’obiettivo di diversi attentati, il più sanguinoso a Nizza, il più doloroso e simbolico a Saint Etienne du Rouvray dove un parroco è stato sgozzato da due estremisti islamici. Il sondaggio assume toni quasi beffardi se letti con gli occhi degli ultimi giorni. Il 68% dei tedeschi aveva dichiarato di avere aspettative positive in vista delle festività, nonostante la lunga scia di attacchi realizzati dai lupi solitari nel corso del 2016. Percentuale che dopo la strage di Berlino appare quanto mai un mero calcolo statistico. Perché se il Natale in Europa non è vietato come in altri Paesi del mondo non è vietato, sicuramente è sotto attacco da parte di chi vorrebbe vietarlo.

 (A. Bellotto - www.occhidellaguerra.it)

 

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