cronaca

Il favoloso mondo di Philippe Daverio

Redazione web
Pubblicato il 23-12-2020

Una mostra, per ora online, per ricordarlo  

Tutti ricordano bene la sua coltissima spericolatezza nel passare da Caravaggio al cimitero Monumentale di Milano, ma non tutti sanno, per esempio, che era un fanatico della musica. «Sì, e io adesso mi ritrovo con ben cinque pianoforti in casa», chiosa Elena Gregori Daverio, la donna che ha diviso gli ultimi 47 anni con uno degli storici dell' arte più ironici e visionari, Philippe Louis François, nato in Alsazia nel 1949 e scomparso a Milano lo scorso 2 settembre.

Era pirandelliano Philippe Daverio: divulgatore poliglotta (parlava cinque lingue), collezionista, pianista. Persino attore: «Ha rivestito una parte nella Vedova allegra per la regia di Pier Luigi Pizzi, alla Scala, nel 2008», racconta Gregori, la voce spezzata di chi non si rassegna ancora. Ma Daverio è stato anche una figura chiave a Milano tra il 1993 e il 1997, quando è stato assessore alla Cultura nell' allora giunta Formentini.

E così, quale primo omaggio della sua città, da oggi si apre - per ora solo online al sito www.philippedaverioamilano.it e, si spera presto, anche in presenza - una mostra a lui dedicata nella Cittadella degli Archivi. Ci sono lettere private, documenti pubblici recuperati per l' occasione, il suo papillon, le foto d' epoca: è la ricostruzione di un impegno politico e culturale che diede una forma nuova a Milano, la città che lo accolse ferita dall' attentato al Padiglione d' Arte contemporanea del 1993, rivendicato poi da Cosa Nostra. Daverio si mobilitò per coinvolgere i privati e in mostra c' è anche una lettera firmata da Bernardo Caprotti (Esselunga) che donò alla fine tre miliardi e mezzo di lire.

«Lui aveva una visione internazionale della cultura», racconta Gregori. E infatti, in questa passeggiata tra i ricordi, c' è anche una lettera di Leo Castelli, il grande gallerista newyorkese amico di Daverio, al quale rese omaggio la mostra di riapertura del Pac. Alla festa c' erano - oltre allo stesso Castelli - Gae Aulenti e Umberto Veronesi, Vico Magistretti e Achille Castiglioni. Era il 1996 e a Milano arrivavano, tutte insieme, le opere di Twombly, Kosuth, Judd. Daverio pensava sempre in grande e immaginava Milano come un polo internazionale del teatro: accelerò i lavori per la nuova sede del Piccolo, progettata da Marco Zanuso in piazza Lanza, lavori che erano molto in ritardo e che vennero completati di lì a pochi anni.

E così, ogni volta che esce per fare una passeggiata, Elena Gregori vede edifici che sono piccoli fuochi di memoria ancora vivi, idee di Philippe.

«Come la scuola di ballo della Scala, che lui fece spostare - racconta -, oppure Palazzo Reale». Già, perché la scelta di Palazzo Reale come polo espositivo di riferimento milanese fu sua. Nel 1995 venne riaperta al pubblico la Sala delle Cariatidi in occasione della mostra di Richard Avedon, da lui curata. Gregori e Daverio si conobbero da ragazzi, nel movimento studentesco. Lei frequentava la Statale, lui la Bocconi. «All' inizio pensavo che fosse un parrucchiere, con quel nome», dice Elena, un po' ridendo e un po' piangendo. Non si sono più lasciati e insieme hanno edificato un vasto monumento alla cultura. Per esempio, la biblioteca di Philippe, che dovrebbe diventare un luogo pubblico (si spera) il prossimo anno. Si pensa ad una fondazione che porti il suo nome. Un simbolo ci sarebbe già: l' inconfondibile papillon rosa. Chissà. (Corriere della Sera)

 

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