Hanna Kleinberger, la donna che si salvò dalla Shoah entrando in convento
Tanto si è scritto in questi anni sui minori ebrei salvati nei conventi durante la Shoah. Elogiando il coraggio dimostrato dalle istituzioni religiose di fronte ai rischi che in quegli anni questo tipo di aiuto comportava.
Non sono mancate, però, anche le polemiche sulla questione degli ebrei “perduti”, cioè su quei bambini e ragazzi affidati da genitori ebrei ai religiosi e poi - una volta rimasti orfani - battezzati e cresciuti come cristiani. Un tema questo estremamente delicato, che mal si presta a generalizzazioni: ogni storia fu in qualche modo unica, come pure gli sviluppi successivi.
A raccontarlo bene è stato in questi giorni in Israele il ricordo che il sito internet del Vicariato per i cattolici di espressione ebraica ha dedicato alla figura di suor Hanna Kleinberger, una religiosa ottantottenne scomparsa da poco a Gerusalemme.
Nata ad Anversa nel 1924, Hanna era figlia di una coppia di ebrei polacchi immigrati in Belgio; insieme a un fratello e a una sorella, entrambi più piccoli, durante la guerra venne nascosta dai genitori in alcuni istituti religiosi cattolici. In quegli anni l'adolescente Hanna - sotto falsa identità - frequentò così una scuola per infermiere gestita da suore. I tre ragazzi sopravvissero alla guerra, ma non i loro genitori; e allora per Hanna si aprì un'altra strada: ricevette il battesimo e qualche anno più tardi scelse la vita religiosa, entrando tra le Suore della Carità di Namur. Religiosa e infermiera partì per lo Zaire dove prestò il suo ministero come missionaria per tredici anni.
La questione delle radici ebraiche, mai rinnegate, rimaneva però viva. Finché non decise di chiedere al suo ordine di compiere l'aliyah, il “ritorno a Gerusalemme”, diritto di ogni ebreo nello Stato di Israele. Così dal 1970 suor Hanna ha vissuto nella Città Santa, divenendo una testimonianza visibile dell'incontro possibile tra ebrei e cristiani. Anche la sua competenza professionale ha trovato in Israele un'accoglienza del tutto particolare: per molti anni, infatti, ha formato le nuove generazioni di infermieri all'ospedale Hadassah, il più importante di Gerusalemme.
Non solo: una volta raggiunta l'età della pensione è potuta tornare per qualche mese a Kinshasa proprio grazie a una missione umanitaria israeliana per l'apertura di un nuovo ospedale nel Paese africano. Tutto questo, evidentemente, senza mettere in discussione la sua vocazione di religiosa cattolica. A Gerusalemme, infine, suor Hanna ha collaborato con lo Yad Vashem contribuendo, attraverso la propria testimonianza, al riconoscimento del titolo di Giusto tra le nazioni per cinque religiosi cattolici belgi.(Vatican Insider)
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