Francescani cauti e segreti
La trafugazione delle ossa di Dante
Com’è noto furono i francescani a trafugare le ossa di Dante «salvandole così a Ravenna», recita la lapide posta sul luogo in cui i frati, aperto un varco nel muro del chiostro adiacente alla tomba, trassero dal sepolcro le spoglie mortali del Poeta. Tra i racconti più intensi che tentarono di descrivere quanto accadde, va certamente ricordato quello di Corrado Ricci che ricostruì «nella fantasia la commovente scena del trafugamento».
I francescani «cauti e segreti scendono dalle remote celle al chiostro maggiore. Si fermano contro il muro, nel punto a cui corrisponde il sepolcro di Dante e cominciano a battere e a levare i mattoni. Le martellate echeggiano sotto le vôlte e come un’angoscia stringe l’animo di chi assiste al lavoro. Si fora il primo muro; poi quello in cui è parzialmente internata l’«arca lapidea»; finalmente risuona il marmo sepolcrale. I primi colpi di scalpello intaccano già l’arca, e il silenzio de’ circostanti aumenta […]. Lo sguardo e la mano dell’artefice possono, rischiarati da un cero, penetrare una buona volta nell’urna, da cui vien tratta qualche piccola parte dello scheletro. La presenza dei resti mortali del divino poeta desta sul labbro de’ frati la preghiera de’ morti, che sommessa mormora fra gli archi […]. Finalmente, ecco afferrato il teschio […] «il preziosissimo scrigno» nel quale visse il cervello che fantasticò i regni d’oltretomba nel poema immortale! […]. L’opera di salvataggio è compiuta; il monastero ricade nel suo silenzio». (Ravenna e dintorni)
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