Flase: Il mio San Gennaro anti-Covid
Quasi un anno fa, nella turbolenta prima fase di lockdown, sui muri che delineano le strade e i vicoletti del ventre pulsante di Napoli, è apparso all’improvviso un San Gennaro con una mascherina chirurgica sul volto. Un intervento spietatamente street-style ideato da un misterioso artista, che ha voluto veicolare attraverso il santo patrono della città partenopea l’invito al rispetto delle regole anti-Covid. L’artefice dell’opera è Flase, al quale tutto si può chiedere, tranne qualcosa in più sulla sua identità: «La mia identità non è nota a nessuno, e non credo lo sarà mai. Essere liberi di esprimersi è anche questo: se non ti conoscono non possono influenzarti o addirittura fermarti».
Come nasce Flase?
«Dall’esigenza di condividere liberamente il pensiero, che spesso viene soffocato nella maggior parte delle persone. Il mio è un progetto basato sulla denuncia, e vuole essere un anello riparatore. Il tutto senza mai tralasciare l’estetica e il decoro dei luoghi».
Quando ha iniziato a muore i primi passi nelle galassia urban?
«Ho iniziato a operare in fase di studio dal settembre 2019, ma il debutto in strada è avvenuto nel marzo 2020. Pochi giorni prima del lockdown».
E com’è andata?
«Ho impollinato le strade in breve tempo per lasciare segni su cui riflettere, prima di ritirarmi in studio a progettare e diffondere tramite “smartworking”, adoperando soltanto in via digitale con i social. Con la ripresa, però, Flase è tornato regolarmente sui muri».
Da non tralasciare, l’aspetto eco-friendly della tua produzione.
«Sì, i miei lavori nascono in digitale per essere poi stampati su carta. Vengono, perciò, usate colle non invasive a base vegetale per essere facilmente rimosse, senza lasciare alcuna traccia. Tutelare l’ambiente è una cosa fondamentale, ovunque, ma sopratutto nella città di Napoli, dove ogni punto in strada è un pezzo di storia».
A proposito di storia. San Gennaro è il pilastro portante della commistione fra sacro e profano, che con i suoi mille contrari in armoniosa convivenza, domina e spopola ovunque a Napoli.
«San Gennaro a Napoli è l’icona più amata. È di casa, è un amico, un confidente, un familiare. È a lui che rivolgiamo la maggior parte delle nostre preghiere, che possono includere le grazie personali, la richiesta della vincita del super-enalotto, e l’invocazione per la soluzione della straziante pandemia in corso. Si parla di vaccino negli Usa, in Israele, e oramai un po’ ovunque; ma il napoletano verace, il più devoto, lo chiede a San Gennaro. È stato lui a placare l’eruzione del Vesuvio; e proprio lui – come simbolo tanto amato – nel mio intervento artistico ricorda ai napoletani una delle regole più importanti per arginare la diffusione del virus. Per farlo, ha indossato la mascherina».
L’arte urbana, un po’ sfacciata e sempre più underground, è ormai un tumulto, uno stimolo per andare oltre le annose questioni. Succede anche a Napoli, la tua città.
«Ritengo che Napoli sia da sempre un concentrato di arte, cultura, tradizione, storia, musica, cucina, e costume. Non perché sia la mia città, ma per me è un vanto trovarmi ad agire principalmente in questa piazza. Napoli è un qualcosa di inspiegabile, va vissuta. Con Napoli bisogna immergersi ripetutamente in un turbinio di emozioni sempre diverso a seconda dei luoghi, delle fasi della vita, e degli umori. Napoli va assaporata in ogni chiesa, piazza, museo o vicolo. Napoli è i “Bassi” nei vicoli e le ville con vista sul paradiso. Napoli la ami alle prime luci dell’alba, ancora vuota e silenziosa, e ti inebria la sera con fiumi di gente che ti trasportano in un tour di luci e colori, fino a portarti al mare. Ed è proprio al davanti al mare che si può descrivere in una sola espressione: “WA”. Ecco, questa è Napoli».
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