cronaca

Don Diana e don Puglisi, martiri della legalità

Antonio Tarallo
Pubblicato il 26-02-2021

Il nuovo libro di Fabio Iadeluca

Giuseppe e Giuseppe: Don Pino e Don Peppe. Le loro esistenze prima donate e poi rubate, strappate agli affetti, all’impegno, ai tantissimi giovani che li avevano per riferimento. Ma anche, ci ricorda questo libro, strappate alla loro e nostra Chiesa, che in testimonianze così cristalline di vita evangelica da sempre trova la sua riserva di verità interiore, l’energia per crescere come comunità, nella fede e nelle opere”. Questo, l'incipit della prefazione di Don Luigi Ciotti all’interessantissimo e prezioso libro di Fabio Iadeluca sui due sacerdoti che hanno sacrificato la propia vita al servizio della verità, della chiesa, del prossimo. Il titolo parla già chiaro: “Don Pino Puglisi, Don Peppe Diana. La lotta per la legalità” (Armando Curcio Editore). Il testo si avvale dei contributi di Marisa Manzini, Gian Matteo Roggio, Lucia Bruno e Paolo Cancelli. Don Diana, Don Puglisi: due volti a confronto, due esperienze che si immettono nella lotta alla legalità. Per il bene di tutti.  

Il libro di Fabio Iadeluca analizza con dovizia di particolari le biografie di don Puglisi e di Diana. Assai interessante rimane  - nella prima parte - la descrizione del famoso quartiere palermitano Brancaccio, “un agglomerato urbano dove il degrado, la povertà, la mancanza di lavoro, di strutture sanitarie, scolastiche accompagnate da una politica incapace di arginare il fenomeno mafioso, avevano favorito il radicamento e lo sviluppo di Cosa Nostra nella società, capace di approfittare di questo abbandono delle Istituzioni, facendo credere nella gente di essere l’unico “modello di vita” conservatore, opprimente e reazionario capace di sopperire a questo disagio”. Ed è proprio in questo contesto culturale che si inserisce - come sappiamo - l’esperienza di santità di don Puglisi. Iadeluca mette in risalto l’opera salvifica operata dal sacerdote beato, evidenziando così il suo aderire radicale alla missione della Chiesa: essere vicino ai sofferenti, a chi è privato della libertà. 

La Campania e il suo tessuto sociale e culturale: “ Per le strade di Casal di Principe e San Cipriano di Aversa si spara senza guardare in faccia a nessuno…”, così descriveva la situazione don Diana. Quella che si trova davanti il sacerdote campano è una terra profondamente segnata dalla camorra. Ed è così che nasce il famoso appello che il sacerdote rivolse alle chiese locali che avevano “urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa”. Non ci sono mezze misure per Diana. E quell’estremismo (buono) evangelico lo pagherà con la propria vita.

 

Le cartine geografiche che il libro presenta sono preziose per poter comprendere pienamente le realtà malavitose presenti nelle due terre. Riusciamo a individuare meglio, così, le piaghe di questi luoghi. Emergono, nelle pagine del libro, i disagi degli abitanti, desiderosi di sentirsi liberi. E don Puglisi e don Diana furono testimoni, martiri, proprio per questo desiderio. 

 

Ma qual è la grandezza profonda dei due sacerdoti? A rispondere è Don Ciotti, sempre nella prefazione: “La grandezza di Don Puglisi e Don Diana non risiede nelle circostanze della loro morte, ma nella piena e consapevole attuazione del Vangelo che è stata la loro vita! Nei semi che ha lasciato e che ancora danno frutto, sia a livello spirituale che pratico, di libertà e dignità riconquistata per tanta, tanta gente”.

 

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