Ceneri di guerra
Preghiera e digiuno
“Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all’insistenza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare del prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.
Questo l'appello di Papa Francesco per la giornata di oggi. Una celebrazione delle ceneri particolare questa che stiamo vivendo: la guerra, le morti insensate, il dramma della violenta sopraffazione dell’uomo verso altri uomini. Papa Francesco chiede digiuno e preghiera per una guerra che non ha senso. In fondo, tutte le guerre non hanno senso, ma questa, forse, ancor di più perché va a sottolineare - per il suo folle sviluppo - l’inutilità dei proiettili, della vana vanità degli uomini e della loro caparbietà - del tutto anacronistica - di avere supremazia su altri uomini.
Mercoledì delle Ceneri. Ma qual è il suo significato teologico? Per comprenderlo dobbiamo leggere ciò che la Sacra Scrittura ci dice. La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri. Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere”, così si rivolge Abramo a Dio nella Genesi al capitolo diciotto. Un altro esempio che ci offre la Sacra Scrittura è legato alla figura di Giobbe che, riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione si rivolge a Dio così: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19).
Segno della debole e fragile condizione dell’uomo: mai come in una guerra questo senso di fragilità può essere percepito. Ma soprattutto dovrebbe essere percepito da chi crede che la guerra possa essere la sola - facile - soluzione ai problemi politici. Governare - per sua etimologia greca - vuol dire soprattutto “dirigere, reggere il timone” (dal greco kybernan, dirigere) e non, certamente, sottomettere. L’uomo non si rende conto della sua precarietà in questa terra che è soprattutto passaggio. Questo giorno va a ricordare proprio questo: le ceneri dovrebbero farci comprendere che ognuno di noi è polvere, cenere. Quali mire possiamo avere qui, su questa terra? Quali azioni possiamo compiere se non quelle di amore e pace? Non è poi così difficile comprenderlo, ma alcuni si ostinano a non volerlo sapere.
Ma la cenere è anche il segno esterno - il simbolo - del pentimento del proprio “agire malvagio” o comunque non consono alla Legge di Dio che vuol dire soprattutto “legge d’Amore”: con lo spargimento della cenere sul capo, il fedele decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Infatti, la stessa celebrazione liturgica del “Mercoledì delle ceneri” rinnova questi due aspetti con le seguenti “formule” liturgiche, due frasi che rappresentano, in sintesi, tutta la funzione penitenziale: “Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai” e “Convertitevi, e credete al Vangelo”. È il millenario appello che Dio rivolge ad ogni uomo da quel Giovanni Battista prima, fino al Cristo stesso. Pentirsi e ritornare a Dio, ritornare all’Amore. E mai come in questo momento questo appello di Padre dovrebbe far riflettere i suoi figli. Soprattutto coloro che governano i destini del mondo.
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