Cantico dei Cantici, libro di fuoco dei due amori
Il Cantico dei Cantici è un libro di fuoco. Ci si domanda spesso come possa essere entrato a far parte della Bibbia ebraica e, di conseguenza, nella Bibbia cristiana. La risposta - sorprendente - fu già formulata a suo tempo da Rabbì Akiva ben Joseph in modo preciso e inappellabile. Rabbì Akiva è un martire ebreo, che i Romani eliminarono nel 135 in quanto esponente di spicco della Rivolta di bar-Kokhvà (132-135). Egli però, è menzionato nel Talmud come il Ro' la-Hakhamìm, il «Capo dei Sapienti», ed è uno dei fondatori del Rabbinismo farisaico, con l' indiscusso merito di aver dato vigore e fecondità alla tradizione letteraria, scritturistica e teologica del Giudaismo, falcidiato dalla distruzione di Gerusalemme con il suo monumentale Tempio erodiano nel 70 e calpestato nei suoi diritti dalla decisione dell' imperatore Adriano di cancellare dalla faccia della Terra tutti i nomi e le realtà che ancora potessero alimentare la memoria della «diabolica macchinazione dei Giudei» (non sono parole di Adriano, ma del «santo» Costantino, in una lettera circolare in cui tratta il problema della data della Pasqua, indirizzata ai vescovi che avevano preso parte al Concilio di Nicea del 325). Ebbene, dal momento che qualche maestro metteva in dubbio la canonicità del Cantico , proprio Rabbì Akiva diceva: «Nessuno in Israele è mai stato contrario al fatto che il Cantico renda impure le mani [cioè, sia un libro sacro], poiché il mondo intero non vale quanto il giorno in cui Dio ha dato il Cantico a Israele. Infatti, tutti gli Scritti [la terza parte della Bibbia ebraica] sono santi, ma il Cantico dei Cantici è il santo dei santi. Quindi, se ci fu una disputa, essa riguardò solo Qohelet » ( m.Jad . 3,5). Il Cantico non è mai entrato nel canone delle Sacre Scritture di Israele, perché ne è il nucleo fondante.
Eppure, considerando i fiumi d' inchiostro sin qui versati, si deve riconoscere che l' interpretazione di tale preziosissimo scrigno dell' amore non è affatto semplice. Le tradizioni ebraica e cristiana hanno superato l' impasse ricorrendo all' allegoria ; ovvero hanno cercato un «altro» significato oltre a quello immediato del senso letterale , in modo da mettere in sordina l' amore umano in esso cantato. L' allegoria è costantemente legata a una fissa attribuzione di ruoli: Israele è il partner femminile del rapporto e Adonàj il partner maschile. E per evitare che l' allegoria diventi un' immagine impropria di Dio, essa è mantenuta solo per questo mondo, perché nel mondo a venire anche Israele potrà assumere la caratterizzazione maschile, anzi potrà riassumere pienamente quell' originaria condizione maschio-femminile dell' adàm ( cfr Genesi 2,4b-9. 15-17), prima della creazione della donna. Nonostante i molti spunti interessanti, l' allegoresi non è la migliore via interpretativa, a ragione della sua estrinseca giustapposizione di un significato «altro» che quasi totalmente ignora la lettera del testo. Al contrario, solo rimanendo nella lettera si può trovare un senso che permetta di comprendere il valore simbolico che si dà già a livello letterale. D' altra parte, la fuga nell' allegoria non si supera con l' erotismo spudorato della cultura occidentale contemporanea, bensì con la risurrezione del simbolo . L' erotismo del Cantico si colloca, infatti, nella cultura antica. A mio parere, si comprende bene il suo valore simbolico proprio nel periodo amarniano , ovvero «mosaico», in cui i lineamenti fisici palpitano e sono attraversati da una diafana bellezza, come le raffigurazioni pittoriche o statuarie di Akhenaton, il faraone della XVIII dinastia «eretico», che scompare (o muore?) nel 1334 circa a.C.
Il valore simbolico del Cantico permette di dare alle due trame - l' amore umano e l' amore divino - un originario intrecci o, anche in senso cronologico, l' una nell' altra. L' amore «più forte della morte» (Ct 8,4), vissuto dalla donna dell' harem per il suo amato pastore, è tanto unico da giungere a disprezzare la gloria di essere stata scelta come ulammita per un ennesimo matrimonio regale di Salomone. La forza di quest' unico amore è narrata in un dramma che vuole mettere in evidenza il significato dell' amore di Adonàj per Israele e la necessaria risposta di Israele ad Adonàj. Nel suo valore simbolico, esso esprime il bisogno di abbandonare ogni altra divinità, per aderire soltanto ad Adonàj, l' unico Dio vivo e vero ( cfr la trascrizione simbolico-eziologica presente in Gn 2,24). Per questo, monogamia e monoteismo, sia pure nella forma della monolatria e non ancora del monoteismo teorico, sono due livelli simbolici originariamente intrecciati nella poetica del Cantico . Il Cantico è una storia d' amore , narrata alla maniera di un libretto d' opera lirica. I più grandi commentatori già nel passato hanno compreso tale valenza dell' insieme: basti qui ricordare Origene (184-253), il filologo per eccellenza dell' Antichità, e Franz Julius Delitzsch (1813-1890), il miglior ebraista della modernità. Purtroppo, non possediamo né la partitura musicale, né la distribuzione delle parti per i personaggi in scena. Possiamo risalire alla trama del dramma soltanto con il puro testo che ci è rimasto (è come se dovessimo ricostruire la storia di un' opera lirica solo a partire dal libretto).
In conclusione, ringrazio vivamente Paolo Mettel con la sua Metteliana per la veste di altissimo livello artistico data al volume, confezionando un' opera di bibliofilia eccezionale, degna del contenuto infuocato del testo del Cantico ed espressione sublime del raffinato gusto estetico suo e del direttore del Centro Stampa di Città di Castello (Perugia), il signor Roberto Meucci. Loro è anche la scelta di dividere il volume in tre sezioni: versione, introduzione e note critiche. La tripartizione può essere percorsa in due direzioni. La direzione del lettore , il quale si trova, appena aperto il libro, nel bel mezzo di un testo che suscita molteplici domande. Poi, assaporata l' eccelsa bellezza del testo poetico, si troverà una breve introduzione con la risposta ad alcune delle domande sorte durante la lectio che traduce l' ebraico originario con fedeltà e insieme con ispirazione poetica. Infine, nella terza sezione, se si hanno forze adeguate, equipaggiamento culturale e preparazione filologica sufficiente, si potrà entrare nel «retrobottega»: lì sono spiegate le scelte adottate, si ricordano gli aiuti recepiti dagli altri commentatori e si evidenziano quei punti che ancora rimangono dubbi o aperti a scelte diverse. Capovolgendo il percorso, si può intuire l' itinerario compiuto dall' autore per giungere a questa soluzione, un lavoro durato parecchi anni. Si è partiti da una meticolosa analisi di tipo filologico - la ricordano bene gli studenti della Facoltà Teologica dell' Italia Settentrionale, durante il secondo semestre dell' anno accademico 2006-2007. Progressivamente è venuta formandosi l' idea portante dell' interpretazione drammatica, che di fatto non è molto condivisa dai commentatori contemporanei.
Prima di arrivare al terzo punto del lavoro, ovvero alla stesura di una buona traduzione poetica, ci sono stati infiniti lavori parziali e incontri con persone che hanno arricchito l' intuizione di partenza. Persino questa traduzione del testo biblico - punto di arrivo di ogni lavoro interpretativo - non è l' ultima e definitiva mia versione. Sono certo che lo studio dell' originale, le letture proposte da altri commentatori e la mia creatività poetica continueranno a plasmare sempre meglio il testo del Cantico . Chissà se capiterà un giorno anche a me, come a san Cristoforo, di accorgermi di aver «tradotto» Gesù stesso e il suo Vangelo per coloro che ancora lo stanno cercando! (Corriere della Sera)
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