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Zucchero: Francesco D'Assisi è il mio santo preferito

Simona Orlando Ansa - MATTEO BAZZI
Pubblicato il 22-04-2020

Eppur ci si muove. Nella stasi imposta, c' è una geografia emotiva che si traccia veloce e annulla le distanze. L' Italia che esorcizzava la paura cantando dai balconi, ha raggiunto la Dublino di Bono Vox, ispirandogli il brano Let Your Love Be Known, su cui Zucchero ha scritto il testo. Le loro voci si intrecciano sul finale di quella che è diventata la ballata soul Canta la vita, eseguita ieri sera live nel Colosseo dal bluesman padano e in onda oggi per l' Earth Day, 50esimo edizione della Giornata Mondiale della Terra, all' interno della maratona multimediale#OnePeopleOnePlanet, dalle 8 alle 20 su RaiPlay. L' Italia apre le celebrazioni dedicandole a Papa Francesco nel 5° Anniversario della Sua Enciclica Laudato si'. Zucchero doveva essere in tour mondiale (le 14 date all' Arena di Verona per ora sono confermate), invece ha lavorato sulla canzone dalla sua fattoria, poi è partito alla volta di Roma: «Da solo, al piano, nel monumento più conosciuto al mondo. Un' immagine pazzesca. E anche un' impresa, realizzata con sole quattro persone, distanziate, schivando la pioggia e senza prove» ci racconta.

Occasione imperdibile, anche per un non credente?
«Sono un uomo in ricerca e Francesco D'Assisi è il mio santo preferito, per l' amore verso la terra e gli animali. Condivido con il Papa la preoccupazione per un mondo governato dal profitto, l' invito a tornare ai valori che contano».

Com'è nata Canta la vita?
«Bono ha postato il brano online, l'ho chiamato per complimentarmi e mi ha chiesto di farne una versione italiana. Ha il dono di entrare nel cuore delle cose, senza girarci intorno, quindi sono fedele al suo testo».

Come ha reagito Bono quando l'ha ascoltata?
«Cazzo come canti!. Lui è fantastico, scrive parole poetiche ma si esprime da ragazzo di strada. Abbiamo collegato gli studi per arrangiare a distanza. Ha fatto bellissimi cori alla Beatles e alla fine entra con la voce. Fra noi c' è magia».

Cosa vede dalla sua finestra?
«Uno spettacolo di grazia e armonia. La terra sembrava morta, ora fioriscono meli e ciliegi. In natura la rinascita è sicura. Noi uomini ora dobbiamo imitarla, eliminare gramigna e piante carnivore, tornare all' essenza».

Il suo disco D.O.C. già chiedeva un' umanità di origine controllata?
«Doveva intitolarsi Suspicious Times, tempi sospetti, in cui devi essere numero uno per forza, sennò sei nessuno. Mi fa piacere che tornino protagonisti anziani e medici, colonne portanti nei vecchi paesi. Appartengo al piccolo mondo antico di Don Camillo e Peppone, dove ogni divisione si risolve con un pranzo alla domenica».

La sua Sarebbe questo il mondo è toccante. Perché non l' ha scelta come singolo?
«La canzone che se ne va dà più speranza. L' altra è il ricordo dell' unica volta che mio padre venne a vedermi in concerto. Non si muoveva da casa, per non lasciare le galline da sole. In camerino gli dissi: Babbo accompagnami al palco e poi: Sarebbe questo il mondo che da bambini, io e te, sognavamo?. Non lo era».

La sua performance a Together at Home di Lady Gaga è lodata dal Guardian inglese. Quanto vale?
«È ciò per cui lavoro da una vita, essere riconosciuto nel mondo del rock-blues ma da italiano. A parte la lirica, l' Italia è sempre etichettata come spaghetti-qualcosa, un surrogato. Non è così. Avevo anche preparato una mia versione del Va' Pensiero che andrà on line».

Il suo nome a Lady Gaga lo ha fatto Elton John. Le radici contadine l'aiutano a non avere il culto della celebrità?
«Non riesco ad atteggiarmi a vip. Quando visitai la villa di Sting, lui mi mostrava le venti stanze e, anche se era giorno, accendeva le luci e le lasciava così. E io dietro a spegnere, perché la luce non si consuma. E poi c' è l' insegnamento di Luciano».

Intende Pavarotti?
«A cena con il Presidente americano parlava in dialetto, al rientro dai tour mondiali chiamava subito gli amici per una briscola. Mi invitava in hotel a New York e tirava fuori salami e parmigiano. Ecco perché era planetario».

Festeggerà la Liberazione?
«Certo, non è celebrata come merita. Bella Ciao è una delle più belle canzoni mai scritte».

Come immagina il primo concerto post-virus?
«Faccio un baraccone che se lo ricorderanno». (Il Messaggero)

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