attualita

Vice ministro Sileri: 'Non critiche ma costruiamo insieme'

Alessio Antonielli e Enzo Fortunato
Pubblicato il 30-10-2020

"Nessuno si salva da solo"

Il vice ministro della salute Pierpaolo Sileri è stato oggi ad Assisi, per fare il punto sulla situazione del contagio in città e nella Regione. Con l’occasione ha anche fatto visita alla Tomba di San Francesco. Forse una delle voci governative tra le più caute sulle misure restrittive totali, ipotizzando dei “lockdown chirurgici”. Con l’occasione lo abbiamo intervistato

Viceministro Sileri, come mai è ad Assisi?

Sono venuto ad Assisi per incontrare la sindaca di Assisi, Stefania Proietti, capire quali sono le criticità del territorio, e vedere un percorso comune. Le cose si risolvono sempre insieme, il bello dell'essere umano è che si aggrega. A volte si disaggrega pure, purtroppo, ma poi magari disaggregandosi si riaggrega.

Ma un saluto a San Francesco l'ha fatto?

Sono qui apposta. Un saluto a San Francesco l'ho fatto, è un posto fantastico che segna la nostra storia in tutti i sensi, della storia cristiana e in generale. Non potevo non essere presente.

Ne approfittiamo per qualche domanda. Lei ha fatto una dichiarazione che fa discutere, 'isoliamo gli anziani'

Proteggiamo gli anziani, non isoliamoli. Proteggiamoli e isoliamoli nell'ambito del nucleo familiare, nel senso buono della parola, isolando i positivi. Sono stato positivo mesi fa, e ho la fortuna di vivere in una casa con due stanze e due bagni. Ma non tutti gli italiani vivono in ampi spazi, se si ha un positivo a casa e una casa piccola si rischia di far diventare positivi gli altri. E magari quando si è anziani, con due ottantenni, facile che si ammalino entrambi in pochi giorni. Se sono anziani hanno più rischio di andare in terapie intensive. Per evitare questo è necessario che si aprano strutture per isolare i positivi.

Quindi proteggiamo gli anziani. Un'altra domanda degli spettatori: 'Si rischia che se ospedalizziamo i nostri anziani la situazione peggiori?'. Ci sono più rischi negli ospedali?

Oggi l'ospedale è un luogo sicuro, a febbraio-marzo non era così, il virus ci ha preso alle spalle e circolava in forma massiva negli ospedali. Se state male a casa, la prima cosa da fare è avvertite il medico di medicina generale che saprà indirizzarvi. Se sospettate un Covid non andate assolutamente al pronto soccorso. Rivolgetevi al medico.

È necessario un nuovo lockdown, già da lunedì, o bisogna continuare e vedere come va?

A marzo il lockdown fu una scelta coraggiosa, per evitare che il virus penetrato in alcune regioni arrivasse in tutta italia. Sono state salvate oltre 600.000 vite, al di là delle critiche che furono fatte a qualcoa che anche altri Stati hanno fatto, sebbene in ritardo. Oggi ci potrebbero essere lockdown circoscritti dove il sistema non regge il peso dei contagiati. Si continua a parlare di numeri di positivi: più sono i positivi più è probabile si riempono gli ospedali e le terapie intensive: il vero numero che deve preoccupare è il numero dei ricoverati e delle terapie intensive. Se si sovraccaricano bisogna alleggerire quei numeri.

Oggi rispetto a marzo siamo più bravi a non far arrivare i contagiati nelle terapie intensive?

Siamo più bravi ma purtroppo non in maniera omogenea sul territorio nazionale. Il percorso è diagnostica, e non solo tamponi, soluzioni abitative, come dicevo, e poi chiaramente, unità sanitarie locali, unità speciali di continuità assistenziali, medici di medicina generale e quanto altro, ospedali e terapie intensive. Va rafforzata la prima parte, è il vero primo filtro. Proteggere gli anziani significa meno pazienti gravi in ospedale; in ospedale vanno anche i giovani, purtroppo, però un anziano che va in ospedale sta sicuramente peggio e ha meno probabilità di uscirne in tempi rapidi. Impegna di più il servizio e per questo bisogna proteggere gli anziani.

Una considerazione che arriva dai Governatori è che 'Non è stato fatto tutto quello che si doveva, sul fronte ospedaliero'. I parroci invece si interrogano: il lockdown comporterà anche una chiusura totale delle chiese?

Molto materiale, macchinari e respiratori, è stato consegnato alle Regioni, ci sono ancora circa 1400 respiratori che possono essere consegnati. Ma spesso il problema è la carenza di personale. Il respiratore c'è, ma per le terapie intensive c'è bisogno di medici e infermieri, che hanno un percorso lungo e qualificante. Molti dicono che da giugno a ottobre poi non si è fatto abbastanza per contrastare la seconda ondata. Guardi padre, sono una persona dura e pragmatica, se c'è da fare una critica la faccio. Nell'emergenza che viviamo ora credo che le critiche devono trasformarsi in proposte? Non perdiamo tempo a parlare, poi è chiaro che ci sono sempre errori da qualche parte.

Chi lavora d'altronde si sporca le mani e rischia di commette errori.

Sì, e magari in qualche circostanza se ne è fatto qualcuno in più, ma non è questo il momento.

Da Assisi parte il messaggio, facciamo proposte per risolvere i problemi, perché nessuno si salva da solo.

Lei, padre Enzo, mi ha regalato un'Enciclica, e c'è un paragrafo nell'Enciclica che dice 'Costruiamo insieme'. Le critiche si fanno in tempo di pace. In tempo di guerra serve di sapere cosa c'è da sistemare. Non ho tempo di pensare alle critiche.

Un messaggio chiaro e netto.

Torniamo alle attività ecclesiali: io non credo in un lockdown nazionale, ma potrebbe essere necessario un lockdown circoscritto, non solo geografico, ma anche riducendo le attività che alzano il rischio di assembramento. Laddove c'è un protocollo i rischi si abbassano. I ristoranti che chiudono alle 18 sono un dolore, ma è necessario ritirarsi un po' per poter ripartire quanto prima. Per quanto riguarda le attività ecclesiastiche, queste rispettano i protocolli e con i numeri attuali non vedo problemi. Nel caso di lockdown locali si dovranno adattare alla situazione: nel caso di un paesino di mille abitanti che non ha contagi non servirà un lockdown. Ci potranno essere chiusure per aree, magari non la Regione, ma per zone.

Facciamo un esempio concreto?

Andrà visto con l'andamento dei numeri. Noi stiamo ragionando con la paura di quello che abbiamo visto a febbraio marzo, l'ora più buia. Lasciamo febbraio-marzo alle spalle, con il grande peso dei 38.000 morti. C'è un lockdown, ma non significa tutti fermi a casa. Si potranno chiudere le attività meno necessarie, per andare avanti col necessario. Tutto dipenderà dall'andamento dei contagi. Noi guardiamo il totale: ma andranno differenziati per area. Quei 25-30.000 contagi sono la somma di varie situazioni in tutta Italia. Noi dovremmo guardare le aree più fuori controllo rispetto ad altre e limitare la crescita della curva in quelle aree. E se necessario chiudere tutto. Sono "lockdown chirurgici", come li ho chiamati fin da giugno.

Quando arriverà la luce?

L'ora più buia è quella prima dell'alba, se mi hanno insegnato bene da bambino, non può essere buio per sempre. Ma aspettare in forma passiva è sbagliato, pensare che la luce ci sarà fa cambiare la prospettiva. Accettare passivamente che c'è un'ora buia, e chiedersi chissà quando passerà, è un modo di essere che non porta a niente. Dire ok, ne usciremo, rispettiamo le regole, combattiamo insieme, stiamo insieme, remiamo tutti nella stessa direzione ci avvicina alla luce, si tratta solo di aspettare e passerà. Tutti insieme.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA