TG1 DIALOGO, SPECIALE TERREMOTO 'LA SOLIDARIETÀ E LA RICOSTRUZIONE'
TG1 DIALOGO, TUTTI I SABATO MATTINA ALLE 8.15 SU RAIUNO CON PADRE ENZO FORTUNATO E FELICE DAMOSSO
La grande solidarietà che riunisce tutta l’Italia nei luoghi colpiti dal terremoto. La reazione della gente al dolore, il coraggio dei soccorritori, la mobilitazione spontanea di tante persone, piccoli gesti e storie eroiche. Dopo i crolli e tra le scosse che continuano nei borghi storici che tutto il mondo ammira, il racconto di chi non si arrende e chiede una ricostruzione giusta. Di tutto questo si parla domani , nel giorno del lutto nazionale, a Tg1 Dialogo, la rubrica a cura di Piero Damosso e con il commento di padre Enzo Fortunato, direttore della rivista San Francesco, in onda su Rai Uno subito dopo il Tg1 delle 8 del mattino, dalle 8,20. La puntata si apre con la storia di Vinicio e Dina, marito e moglie morti sotto le macerie nella loro casa della frazione Illica, di Accumoli, epicentro del sisma. La coppia era titolare di un popolarissimo bar a Roma. Tra gli ospiti, il volontario e geologo Carmine Lizza, di ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) e un commento del portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, Pietro Barbieri. Il tema della prevenzione e della ricostruzione viene affrontato anche sulla base dell’esperienza di Assisi, dopo il terremoto del 1997. E sui progetti che oggi puo’ offrire un volontariato organizzato e maturo.
La puntata di questa settimana di Tg1 Dialogo vuole affrontare l'emergenza terremoto. Il racconto di Padre Enzo Fortunato sul terremoto del 1997 uscito nel libro "Vado da Francesco", edizioni Mondadori, 2013.
"Quel giorno – il 26 settembre 1997, alle 11.42 – c’ero. Come potrei dimenticarlo! Ero nella Basilica superiore di San Francesco, ad Assisi, quando le volte improvvisamente si staccarono dall’alto, caddero a terra e la navata si riempì di una polvere così spessa da formare un muro. Non c’era via d’uscita, in tutti i sensi. Mi rivolsi al Custode, padre Giulio Berrettoni, che era – ricordavo – vicino a me, prima che quel terribile boato portasse dolore e devastazione nel tempio dedicato a san Francesco. «Padre Giulio,» gli dissi, terrorizzato «dammi l’assoluzione!» Padre Giulio non aveva invece perso la calma, e mi disse di non cedere e di non farmi sentire dalle altre persone che erano vicine per non creare panico.
Eravamo una ventina all’interno della Basilica, fra tecnici della Soprintendenza ai beni culturali dell’Umbria, amministratori locali, giornalisti, frati, per un sopralluogo convocato dopo la scossa avvenuta alcune ore prima, alle 2.33 della notte precedente, che aveva provocato alcuni danni agli affreschi.
Il terremoto delle 11.42, di magnitudo 6.1 – che causò il 26 settembre 1997, il dolore e la devastazione... 91
nella Basilica la morte di quattro persone e il crollo di alcune volte affrescate da Cimabue – si verificò entre era in corso il sopralluogo. Per decisione del padre Custode, fortunatamente – dobbiamo dire adesso – questa verificasi era svolta a porte chiuse. Era una bella giornata di sole.
Mi ricordo che molti pellegrini protestarono perché avevamo chiuso il portone della Basilica superiore, non facendoli entrare. Padre Giulio non mi diede dunque l’assoluzione e mi prese per un braccio, trascinandomi verso la parete, a fianco dell’altare. In quel momento si aprì la porticina posteriore che portava, attraverso una rampa di scale, al chiostro di Sisto IV. La imboccammo e scendemmo.
Ci ritrovammo fuori con il Custode, con padre Nicola Giandomenico e con altri. Mancava qualcuno tra i frati. Io ero allora padre spirituale dei postulanti – i giovani che si avviano a diventare religiosi – e proprio quella mattina, alle 8, ne avevo confessato uno, Zdzislaw Borowiec.
Ricordo che, prima di iniziare il rito della confessione, gli avevo chiesto: «Ma hai paura di queste scosse?». «No» mi aveva risposto «l’avevo già previsto.» Zdzislaw non c’era, così come non c’era padre Angelo Api, così come non c’erano i due tecnici della Soprintendenza, Bruno Brunacci e Claudio Bugiantella: tutti e quattro morti sotto il crollo delle volte.
Toccò a me – perché padre Giulio non se la sentiva – andare all’obitorio dell’ospedale di Assisi per riconoscere ufficialmente Zdzislaw e padre Angelo.
Con il dolore dentro cominciammo a pensare alla ricostruzione della Basilica. Decisiva per il buon esito di questo lavoro si rivelò la nomina, da parte del governo guidato da Romano Prodi, di un commissario ad hoc, nella persona del professor Antonio Paolucci. Ciò permise di snellire le procedure, di abbattere i tempi, di dare immediata operatività alle decisioni, in un momento in cui l’intero complesso monumentale – Sacro Convento e Basilica di San Francesco – era fortemente a rischio di ulteriori crolli.
Quel cantiere – Paolucci lo chiamò «dell’utopia», per la messa in campo di soluzioni architettoniche e di restauro innovative – raggiunse il suo scopo, e la Basilica tornò ad aprire le sue porte tre anni dopo, il 27 novembre 1999, proprio qualche settimana prima dell’inizio dell’anno del Giubileo. Progettisti, tecnici, operai, restauratori – come Sergio Fusetti, anche lui in Basilica quel 26 settembre – furono formidabili!
Ci fu allora qualche polemica – perché non dirlo? – sui tempi della ricostruzione delle case e delle chiese: prima le case poi le chiese, si disse. Come se le chiese fossero altra cosa rispetto alla vita degli uomini, come se l’anima di Assisi e dell’Umbria non fosse così segnata in profondo dalla presenza di suggestive cattedrali elevate dagli uomini in onore del Signore e dei suoi testimoni! Come se san Francesco non avesse prima restaurato – all’inizio del suo cammino – la chiesa di San Damiano!
Una polemica forzata, dunque, fuori luogo, direi, come se si dovesse scegliere fra la ricostruzione delle case e quella delle chiese. In realtà non fu così, la ricostruzione portò buoni risultati per le une e per le altre. La Basilica di San Francesco, ad Assisi, tornò così a essere faro spirituale e punto di riferimento mondiale per centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno. Il cuore del francescanesimo era tornato a battere, dopo il dolore e la devastazione."
[Enzo Fortunato, Vado da Francesco, Mondadori, 2013]
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