Suor Rosemary, la donna che ridà dignità alle bambine soldato
Una donna «contro» i signori della guerra. Una suora che ha accolto e riscattato oltre duemila ragazze schiave sessuali di sanguinari miliziani. Una religiosa che ha «conquistato» gli Stati Uniti per il suo impegno umanitario: nel 2007 l’emittente americana Cnn l’ha inserita tra i suoi «Eroi dell’anno», nel 2014 il settimanale Usa Time l’ha nominata tra le «100 persone più influenti al mondo». Cucire la speranza.
Rosemary Nyirumbe, la donna che ridà dignità alle bambine soldato (in libreria dal 1 settembre, prefazione di Toni Capuozzo, Editrice missionaria italiana, pp. 240, euro 17.50) è il titolo del libro che racconta la vita e l’impegno di questa coraggiosa suora ugandese. Una vicenda che è un grande segno di speranza per l’Africa, spesso rappresentata solo come terra di violenze, mentre Rosemary Nyirumbe è la testimone di una società civile pronta a guidare il Continente africano su una strada di autonomia: sono oltre duemila le ragazze che Rosemary (tramite l’educazione e il lavoro) ha «liberato» dall’Lra, il Lord’s Resistence Army, la milizia del sanguinario Joseph Kony che per decenni ha insanguinato il Nord Uganda e il Sud Sudan.
Proveniente da una famiglia cattolica, Rosemary già quindicenne decide di diventare religiosa per dedicarsi ai poveri. Il noto medico missionario Giuseppe Ambrosoli la vuole come prima assistente in sala parto come ostetrica nell’ospedale di Kalongo, nel distretto ugandese del West Nilo. In seguito Rosemary si laurea e prende un master in Etica dello sviluppo all’Università dei Martiri dell’Uganda. Nel 2001 ecco la svolta: suor Rosemary prende la guida della scuola di Santa Monica, a Gulu, epicentro delle violenze dell’Lra. Incontrando le ragazze che la frequentano, scoperchia il dramma di migliaia di bambine rapite, schiavizzate come oggetti sessuali dai miliziani, brutalizzate per farle diventare a loro volta 2 soldati efferati attraverso omicidi, atti di violenza inaudita come l’assassinio di genitori e fratelli.
Rosemary inizia da lì un lungo e paziente lavoro di accoglienza, recupero, riscatto personale per queste ragazze: le va a cercare nella savana, mette annunci sulle radio locali, fa girare il passaparola: a Santa Monica c’è posto e accoglienza per quante vogliono ricominciare a vivere. A queste ragazze suor Rosemary insegna l’arte di cucire e di cucinare. La professionalità della scuola di Santa Monica diventa un caso in Uganda e non solo: oggi le borse prodotte a Santa Monica vengono vendute in tutto il mondo come pezzi unici di artigianato di lusso; suor Rosemary fonda la Sister United, azienda per l’esportazione di questi prodotti molto ricercati. Diversi vip di Hoolywood (come il Premio Oscar Forest Whitaker o Maria Bello di ER-Medici in prima linea) hanno appoggiato Rosemary Nyirumbe.
Tutto questo non piace a chi vuole usare le giovani per i propri scopi truci: suor Rosemary viene più volte minacciata e la sua vita è in pericolo. Ma indomita continua la sua pacifica «battaglia» che la fa conoscere, anche grazie all’associazione Pros For Africa che l’avvocato americano Reggie Whitten fonda per aiutarla. Grazie a diversi premi ricevuti la notorietà di suor Rosemary si espande a livello internazionale: viene invitata in diversi Paesi (Canada, Stati Uniti, Svezia…) per portare la sua testimonianza, partecipa a diversi talk show negli Usa (come il The Colbert Report), incontra più volte l’ex presidente Usa Bill Clinton che ne appoggia l’impegno, la figlia Chelsea le fa visita in Uganda.
Il racconto di Cucire la speranza ci restituisce un’incredibile storia di fiducia, compassione e solidarietà di una religiosa che opera e si impegna secondo uno slogan quanto mai efficace: «La fede è meglio praticarla che predicarla». Il coraggio e l’azione di suor Rosemary sono oggetto del documentario «Seewing Hope» che sarà trasmesso su Tv2000 a settembre. (Emi.it)
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