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Sostenibilità vuol dire restituzione

Elena Comelli Pixabay
Pubblicato il 23-02-2022

Pandolfo, top manager di Patagonia

Patagonia è avvezza ai lunghi viaggi e quando si è imbarcata sulla nave delle B Corp, nel 2012, era fra i pionieri. «Siamo un'azienda familiare e aprire le porte a un team di controllori esterni, che vengono a esaminare tutta la tua catena di produzione e di approvvigionamento, non è stato facile», spiega Gianluca Pandolfo, direttore commerciale Emea dello storico marchio californiano dell'outdoor, fondato nel 1973 da Yvon Chouinard, mito vivente dell'arrampicata libera nel parco di Yosemite. Da allora tante cose sono cambiate e oggi l'azienda, che si considera una «impresa di attivisti», si sente in buona compagnia. «Il movimento delle B Corp è cresciuto moltissimo negli ultimi tempi e ora si sono aggregate anche grandi multinazionali, come Danone, ma fino a pochi anni fa era un movimento molto ristretto, composto soprattutto da aziende medio-piccole», fa notare Pandolfo.

I clienti
«Questa crescita ha coinciso con una forte domanda da parte del pubblico di trovare sul mercato anche dei prodotti di aziende che non abbiano come obiettivo soltanto il profitto», rileva Pandolfo. I movimenti nati in questi anni a difesa del clima, da Greta Thunberg in poi, stanno influenzando sempre di più il modo in cui i consumatori si confrontano con le offerte che trovano sul mercato.

E la pandemia di Covid-19 ha contribuito ad aumentare la focalizzazione sui prodotti verdi. «Non solo i ragazzi dei Fridays for Future o i Millennials, ma anche i consumatori più anziani sono diventati molto più attenti a quello che scelgono, perché comprare le cose giuste è uno dei modi più importanti per contribuire alla difesa dell'ambiente e del clima», fa notare Pandolfo, che attribuisce alla certificazione B Corp anche il merito di fare chiarezza.

«C'è molto greenwashing in giro e il consumatore fa fatica a orientarsi. Per noi è facile smontare delle affermazioni strumentali da parte di aziende che magari si fanno belle con dei dettagli irrilevanti, ma non mettono l'impegno ambientale e sociale al centro della propria attività. Per il pubblico, invece, è più difficile distinguere. Un'etichetta che certifica un prodotto come realizzato da una B Corp offre quelle garanzie di cui abbiamo sempre più bisogno». Resta il fatto che, anche con la più buona volontà, la manifattura ha ricadute importanti sull'ambiente.

«La nostra filosofia è che nessuna azienda possa definirsi davvero sostenibile e noi stessi non lo siamo, perché il sistema in cui ci muoviamo non lo è. Basta pensare al significato della parola: sostenibile è qualcosa che può continuare da qui all'infinito e chiaramente questo sistema non può continuare così a lungo. Qualsiasi produzione sfrutta le risorse del Pianeta in un modo o nell'altro e quindi contribuisce a danneggiare l'ambiente. L'unica via è cercare di minimizzare questo danno e laddove possibile ridare al Pianeta molto di più di quello che si prende».

Uno degli insegnamenti fondamentali del movimento B Corp, per Pandolfo, è la tensione al continuo miglioramento, poiché la certificazione impone nuovi controlli ogni due anni e quindi un aggiustamento progressivo del percorso. «In Patagonia, ad esempio, siamo bravi sulle azioni a favore dell'ambiente, ma abbiamo ancora molto da imparare sull'apertura alla diversità sociale, etnica e sessuale. Da questo punto di vista, il confronto con un occhio esterno è stato di grande aiuto e adesso stiamo cercando di migliorare anche su quel fronte», ragiona Pandolfo.

Schierarsi
Nel suo viaggio sul pianeta B Corp, Patagonia ha scoperto, fra le altre cose, che il mondo dell'outdoor è troppo dominato dai maschi bianchi. «Nell'arrampicata e in altre attività sportive ci sono troppo poche donne, neri o appartenenti alla comunità Lgbt+ e abbiamo capito che non si sentono sicuri nell'affrontare un ambiente così omogeneo, per cui stiamo facendo grandi sforzi per contribuire ad aprire queste attività anche a categorie che ora non le praticano», spiega Pandolfo, che l'anno scorso si è schierato a favore del ddl Zan, con tanto di manifesti nei negozi Patagonia, unica voce proveniente dal mondo del business disposta a metterci la faccia.

«In Italia c'è questo atteggiamento "neutrale" da parte delle aziende, che non vogliono rischiare di perdere clienti schierandosi politicamente, mentre negli Stati Uniti l'impegno politico di chi fa business, degli artisti e degli sportivi è del tutto normale» fa notare Pandolfo. E conclude: «Che c'è di male a usare un marchio noto per indirizzare il pubblico a favore di una buona causa?». (Corriere Buone Notizie)

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