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Se leggessimo la Divina commedia come un diario di viaggio?

Caterina Maniaci Pubblico dominio
Pubblicato il 16-11-2020

Marco Bonatti rilegge l'opera di Dante con lo sguardo dell'esploratore

Esistono infiniti modi di leggere la Divina Commedia. Si può leggere come immenso patrimonio letterario per ogni luogo, tempo, cultura. Si può leggere come somma esperienza umana lungo i sentieri del dolore, della misericordia, della redenzione.

Si può leggere come se si fosse diventati, per un caso, dei novelli Edmond Dantes, alias il Conte di Montecristo. Sì, proprio lui, quando, fuggito dalla orrida prigione nel castello d’If, al largo di Marsiglia, giunge nella caverna dell’isola di Montecristo e si trova davanti un gigantesco baule: quando lo apre, non crede ai suoi occhi, dinanzi a quel luccichio di pietre preziose, di ori e argenti. Dantes immerge le sue mani in quel tesoro e ad ogni manciata che estrae dal baule non può che sgranare gli occhi dalla meraviglia. Un tesoro composto di tanti altri piccoli,  incredibili tesori. Ecco, questa potrebbe essere la sensazione che un lettore attento potrebbe provare immergendosi in quel “baule straordinario” che è la Divina Commedia.

Questo, almeno, è il proposito di Marco Bonatti, scrittore e giornalista, messo in atto in un libro interessante, che offre un punto di vista e una lettura più originale, a 700 anni  dalla morte del Poeta, in apertura dell’anno dantesco 2021: rivisitare tutta la Commedia come straordinario racconto di viaggio. Il saggio si intitola: Dante a piedi e volando, pubblicato da Terrasanta edizioni. Un titolo accattivante, che già suggerisce al lettore quale sarà il percorso che lo attende proprio al limitare delle pagine che sta cominciando a leggere, ossia l’inizio di un viaggio fantastico.

Quando Edmond Dantès arriva finalmente alla grotta sull’isola di Montecristo ad aprire il baule che contiene il tesoro dell’abate Faria, ecco quel che accade: Si rialzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo. Con la Commedia può succedere qualcosa di simile”, scrive dunque Bonatti, nella convinzione, appunto, di poter entrare nello splendore dantesco accantonando, per una volta, il timor sacro che ci prende al cospetto di questo poema  altissimo, erudito, complicato e pieno di enigmi. Certo, è anche questo, ma è soprattutto un testo “popolare”, scritto per tutti e capace di parlare a tutti, pieno di vita, affollato di personaggi, ricco di storie e di colpi di scena, di trovata da teatro.

Il Poema non solo è inesauribile, ma apre sempre, a ogni nuova lettura, qualche scrigno ancora chiuso, tanta è la molteplicità dei temi e dei pensieri contenuti”, sottolinea nella sua prefazione al volume Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri.  Che giustamente definisce quello di Bonatti  “uno studio appassionato e una capacità di resa che lo rende fruibile e accessibile a tutti”, capace di  condurre  una sua esplorazione (che chiama “viaggio”) all’interno della complessa costruzione dantesca, dividendola in due momenti: a piedi e volando. “Il riferimento alla cosmologia della Commedia è chiaro: Inferno e Purgatorio, Dante li percorre camminando (nel primo regno, scendendo all’interno dell’imbuto delle sofferenze e nel secondo salendo il monte della purgazione e della speranza). Il Paradiso è un volo fra luci sempre più forti e canti sempre più belli”, spiega ancora Riccardi. E  si chiede, come ci chiediamo tutti, in fondo, chi era davvero Dante. E in realtà è piuttosto facile identificarlo nell’immagine di un pellegrino, un pellegrino malinconico e disprezzato, condannato a vagare per le vie dell’esilio. In questo vagare, attraversa a piedi i regni dell’Inferno e del Purgatorio, mentre il paesaggio trasfigurato del Paradiso lo sorvolerà a fianco di Beatrice.

Pellegrino malinconico e disprezzato: la figura dell’esule. Dante era un esule ed è proprio questa condizione che lo costringe, in un certo senso, ad affrontare il mondo e le sue mille incognite, che gli rende lo sguardo più aperto e acuto. La Divina Commedia come itinerario dello spirito, della mente, una geografia dell’anima che è speculare a quella reale,   come vero e proprio viaggio in cui il mondo oltre la morte è popolato e animato da paesaggi reali, quelli che lo stesso poeta ha conosciuto: oltre l’amata Firenze, che però fu fonte continua di amarezze e dolori, i boschi e le valli dell’Appennino, le città ricche di opere d’arte e in grande ascesa come Padova, Bologna Verona,  la millenaria foresta che circondava Ravenna. Proprio nella Ravenna così ricca dei bagliori bizantini dei suoi mosaici e del mare non lontano, il pellegrino Dante trova il riposo della morte e può  intraprendere il viaggio nella vita oltre la vita che tanto aveva contemplato al di là delle sponde immortali. Potrebbe essere un buon inizio di nuova vita, quando la pandemia avrà allentato la sua morsa, intraprendere un viaggio sulle orme di Dante, riscoprendo la bellezza del nostro Paese, ricreato dalla grandezza del Sommo Poeta. (AciStampa)

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