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Save the Children: Invisibili ferite di guerra. Essere nato in Siria sei anni fa significa non sapere cosa sia la pace

Andrea Cova Ansa - EPA-YOUSSEF BADAWI5
Pubblicato il 02-05-2017

In Siria 2 bambini su 3 ci raccontano di aver perso qualche loro caro, la loro casa è stata bombardata o sono rimasti feriti

Essere nato in Siria sei anni fa significa non sapere cosa sia la pace. Nell’ultimo rapporto Save the Children denuncia la terribile condizione psicologica dei minori in Siria dove tre milioni di bambini sono nati e cresciuti in guerra e 5,8 milioni hanno bisogno urgente di aiuto. Il rapporto, dal titolo “Ferite Invisibili” indaga per la prima volta, riportando la testimonianza diretta di adulti e minori all’interno del Paese, l’impatto psicologico sui bambini coinvolti nel conflitto siriano, facendone emergere un quadro angosciante.

Le parole di chi da sei anni si trova coinvolto in un conflitto di cui è solo vittima, lacerano il cuore. Una delle paure più diffuse tra i bambini è quella della bombe: è sufficiente il rumore di un aereo per seminare il terrore. Segno di un sistema nervoso che è al collasso. I numeri di questa guerra fanno paura, anche perché a farli crescere sono i bambini rimasti senza famiglia, senza casa, senza istruzione. Senza futuro. Rischiano di finire spose bambine o piccoli soldati. Il futuro per queste giovani generazioni è un’incognita e, soprattutto, c’è il rischio di “formare” adulti insensibili alla violenza: 3 milioni di bambini non conoscono la pace. A parlarne con noi è Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

Direttore, siamo ormai saturi di immagini di guerra. Per questo, spesso, ci fermiamo a ragionare solo sul momento, senza proiettare il pensiero al domani. Del fatto che ci siano e ci saranno gravi disagi psicologici per i bambini se ne parla molto poco. Perché?
Quando un paese è in conflitto, purtroppo, le prime immagini che ci arrivano sono di città distrutte, di bombe che devastano palazzi o interi quartieri, di persone sfollate che cercano di fuggire dall’orrore. In Siria 2 bambini su 3 ci raccontano di aver perso qualche loro caro, la loro casa è stata bombardata o sono rimasti feriti a causa del conflitto. Non sono esperienze superabili facilmente, anche perché la loro esposizione a questi orrori continua ogni giorno, e in questo la Comunità internazionale ha una responsabilità specifica. Stiamo rilevando un preoccupante deterioramento delle condizioni di salute e benessere mentale tra i bambini in Siria, ma spesso anche tra quelli che vivono nei campi per i rifugiati nei paesi confinanti o sulle isole Greche dove l’Europa trattiene più di 5.000 bambini rifugiati in uno stato di detenzione di fatto. Temiamo che bambini e adolescenti possano sviluppare problemi a lungo termine come depressione, ansia da separazione, angoscia: sono gli effetti di quello che tecnicamente si definisce uno stress tossico, e che può determinare anche conseguenze a livello fisico, come problemi cardiaci o diabete. È un prezzo inaccettabile per il presente e per il futuro delle vite di milioni di bambini anche piccolissimi.

Secondo l’ultimo rapporto di Save the Children, 3 milioni di bambini sono nati e cresciuti in guerra. Quanto sarà difficile spiegargli che la realtà non è la violenza?
Secondo le stime di Save the Children, sono circa 5,8 milioni i minori che vivono ancora sotto i bombardamenti e che quindi hanno bisogno di aiuti, e di questi almeno 3 milioni hanno oggi sei anni e non hanno mai conosciuto altro che la guerra. Le vittime sarebbero oltre 470mila dall’inizio del conflitto, mentre 4,9 milioni – tra cui 2,3 milioni di bambini – sono i rifugiati che hanno dovuto lasciare il Paese. Se le condizioni non miglioreranno, ci potremmo ritrovare con una generazione di bambini insensibili ad una violenza che considerano normale, ma se si agisce subito, come sottolineano gli esperti, siamo ancora in tempo perché possano riprendersi da questi orrori. Per questo Save the Children è impegnata in prima linea all’interno della Siria, nei paesi confinanti, in Grecia, in Egitto, in Italia, e nel Mediterraneo centrale per le operazioni di ricerca e salvataggio di chi cerca di raggiungere l’unico futuro possibile in Europa.

Save the Children parla di “piccoli soldati e spose bambine” È quindi questo il futuro che attende le nuove generazioni in Siria?
In Siria si violano molte leggi internazionali sui diritti umani. Molti bambini, soprattutto maschi, vengono reclutati da gruppi armati per cucinare e pulire per i soldati nei checkpoint e alcuni vengono poi avviati alla carriera militare. Come ci ha raccontato un ragazzino, per loro “la guerra è un business e spesso i gruppi armati sono gli unici che hanno il denaro per pagare”. Sono tantissimi gli adulti che ci hanno raccontato di conoscere bambini che utilizzano pistole, alcuni anche di sette anni, reclutati per combattere. Sono proprio loro i più vulnerabili, dal punto di vista delle conseguenze psicologiche. Anche le bambine sono sottoposte a stress e traumi significativi. Basti pensare a tutte quelle che vengono costrette a matrimoni precoci, un fenomeno in crescita in molte aree del paese. I genitori di queste bambine, che non sono più in grado di prendersi cura di loro, le obbligano a sposarsi con uomini provenienti da famiglie più ricche, in modo che possano proteggerle anche dal rischio di abusi e violenze sessuali.

Come guarda al domani un bambino siriano?
Dall’inizio del conflitto sono più di 4.000 le scuole che sono state attaccate, circa due al giorno. Una scuola su tre è danneggiata da bombe o è stata trasformata in rifugio per sfollati e circa 150.000, tra insegnanti e personale educativo, hanno lasciato il Paese. Le scuole risparmiate dai bombardamenti continuano ad essere obiettivi di attacchi indiscriminati. I bambini raccontano di aver dimenticato tutto quello che avevano imparato a scuola e addirittura che alcuni non sanno neanche più fare due più due. L’impossibilità di andare a scuola crea ai bambini grandi problemi sia nell’apprendimento che nella socializzazione e anche quelli che avrebbero la possibilità di andarci, hanno paura a farlo perché non si sentono al sicuro. Senza la possibilità di studiare e di costruirsi un domani, in un paese che prima dell’inizio del conflitto aveva uno dei tassi di alfabetizzazione più alti del mondo, questi bambini hanno perso il “senso del futuro”. È per questo che è fondamentale intervenire subito, per non lasciar andare un’intera generazione, quella che sarà chiamata a ricostruire il Paese alla fine della guerra.

Ci fa il ritratto di un bambino italiano e uno siriano?
Domenica 12 marzo 2017 abbiamo voluto ricordare il 6° anniversario dall’inizio del conflitto in Siria in Galleria, nel cuore di Milano, con “Ferite di guerra”, un evento in mezzo alla gente per aiutare tutti a capire che i bambini siriani hanno diritto allo stessa vita in pace dei nostri bambini. I brani al pianoforte del Maestro Giovanni Allevi, Ambasciatore di Save the Children, e le voci degli attori Cesare Bocci e Isabella Ferrari, nostri testimonial, hanno proprio alternato il racconto di due bambini, uno italiano e uno siriano, sottolineando tutti i momenti di una vita “normale” e di quella di bambini che hanno perso tutto e sono terrorizzati da violenze senza fine. Eppure dovrebbe esistere un’unica infanzia, fatta di giochi, di amici, di scuola, di gioia. Oggi non è così, oggi i bambini siriani vivono la guerra, le bombe, la fame, la violenza. Per questo motivo abbiamo chiesto e chiediamo che venga immediatamente messa la parola fine al conflitto in Siria e che gli aiuti umanitari possano accedere in ogni parte del territorio siriano, con particolare attenzione al supporto anche psicologico dei bambini.

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