SAN FRANCESCO, IL SENSO DELLA PAROLA CONTRO LA VIOLENZA
San Francesco non era estraneo alla violenza del suo tempo, scandito anch’esso dalle armi, dall’oppressione dei ceti abbienti, e dagli abusi dei ricchi che vivevano nel lusso sperperando i propri beni
Passano ogni giorno, innanzi ai nostri occhi, volti di uomini e di donne in fuga da guerre sanguinose che ingenerano profonde ferite nel cuore e solchi incolmabili sulla terra, teatro di martiri e di un dolore oramai senza fine. Tra il rimbombo delle armi e gesti di insensata violenza, c’è chi racconta ancora, con un lieve filo di voce, storie di popoli che hanno combattuto aspramente contro regimi totalitaristici e contrari a qualsiasi forma di libera espressione.
Per mano dell’uomo si compiono dure battaglie, si accendono focolai di odio e di cattiveria, si ricacciano ideali di condivisione delle risorse in modo equo lasciando che l’avidità e l’egoismo entrino a piede libero nella vita di ognuno. Come di consueto le parole di papa Francesco cercano di rimettere insieme i frammenti di questa umanità alla deriva, perché ci s’impegni a ricostruire un mondo migliore, mettendo fine alla piaga della fame nel mondo, creando nel contempo una fitta e proficua rete di rapporti umani da cui poter trarre i principi di solidarietà e fratellanza.
San Francesco non era estraneo alla violenza del suo tempo, scandito anch’esso dalle armi, dall’oppressione dei ceti abbienti, e dagli abusi dei ricchi che vivevano nel lusso sperperando i propri beni e non curandosi di chi versasse invece in uno stato di estrema indigenza economica oltreché morale. Il Santo di Assisi aveva toccato con mano la triste condizione dei poveri, degli ammalati, di quanti erano nati in povere capanne o alloggi di fortuna e destinati a subire passivamente, per effetto di leggi o disposizioni naturali, la negazione di quei diritti fondamentali e imprescindibili. Sarà stata sicuramente la luce irradiata dai versi del Vangelo ad aver illuminato la mente e il pensiero di san Francesco, desideroso di comprendere le ragioni di tali ingiustizie – che trascinavano inevitabilmente i più deboli sulla via della sopraffazione e del ricatto morale. La realtà di Assisi, della quale forniva testimonianza non soltanto Francesco, ma anche i fratres, suoi fratelli, Chiara e le sue consorelle, fu una fucina di idee feconde, di pensieri illuminanti, grazie ai quali ciascuno – per parte sua – andava cercando il senso della vita (specie nei momenti di maggiore criticità) e quegli archetipi alternativi di buona condotta sui quali edificare un sistema capace di scardinare quello consuetudinario e refrattario a qualsivoglia principio umano moralmente condivisibile.
Forse è proprio dal Vangelo che bisognerebbe ripartire. Se è vero che la parola ha un senso, l’intera umanità è chiamata a raccogliere parole d’amore e di speranza, di comunione e di misericordia, affinché si costruiscano ponti e scale per riavvicinare mondi lontani, razze diverse oppure disperse in qualche angolo del mondo. Ci sembra quasi di udire un segnale di richiamo all’uguaglianza sociale, sia pure non in termini caritatevoli, ma nella prospettiva di un nuovo ideale di giustizia. Il modello francescano fu invero quello fondato sulla Parola, l’arma più potente e sovversiva versus qualunque abuso e coercizione. Recuperiamone insieme tutta la forza.
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