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RefettoRIO, mensa per i poveri delle favelas

Redazione online Radio Vaticana
Pubblicato il 30-11--0001

Tutto nasce dal primo Angelus di Papa Francesco, quando sento: “Buona domenica! Buon pranzo a tutti!”

Si chiama RefettoRìo il progetto solidale promosso dall’associazione Food for Soul, in collaborazione con l’organizzazione no-profit Gastromotiva di David Hertz e sostenuto dal Ministero delle politiche agricole e dal sindaco di Rio de Janeiro. L’iniziativa mira a recuperare e trasformare in pasti il cibo in surplus del villaggio olimpico, da distribuire a beneficio delle persone in difficoltà delle favelas brasiliane. Salvatore Tropea ha intervistato lo chef Massimo Bottura, fondatore di Food for Soul e promotore dell’iniziativa:

R. – Tutto nasce dal primo Angelus di Papa Francesco, quando sento: “Buona domenica! Buon pranzo a tutti!”. Tre parole così semplici, ma così piene di significato, per un cuoco come me, che ha avuto tutto dalla vita. È un momento nel quale attraverso la cultura, la coscienza e il senso di responsabilità, abbiamo deciso di rispondere all’Expo, alla domanda “Nutrire il Pianeta. Combattere lo spreco”. 800 milioni di persone sono malnutrite e 1,4 bilioni sono in sovrappeso. Quindi noi dobbiamo dare l’esempio: che siamo italiani e siamo sotto i riflettori. Andiamo a combattere lo spreco; 1,3 bilioni di tonnellate di cibo sono sprecate ogni anno: tra un terzo e un quarto della produzione mondiale. E questa non è una cosa accettabile nel 2016! E allora, sono i grandi cuochi coloro che devono rispondere per primi, le persone che possono dare l’esempio, che devono entrare nella mentalità dei nostri nonni e nonne e andare a non sprecare più niente, andare a recuperare anche le briciole di pane per creare dei piatti straordinari. È quello che stiamo facendo con i Frati all’Antoniano, che abbiamo fatto all’Expo, e che faremo in giro per il mondo. Daremo l’esempio a Rio, perché le Olimpiadi sono un amplificatore per questo progetto. Questo non è un progetto di “charity”, ma un progetto culturale: è completamente diverso. A Milano, infatti, abbiamo capito che attraverso il nostro refettorio, abbiamo ricostruito la dignità delle persone, perché non di solo pane si nutre l’uomo, no? È proprio la bellezza, il fare sistema con la gente che ha la visione: l’arte, il design, l’architettura… Ci mettiamo tutti insieme ad altissimo livello. Qui, nella sala principale, c’è una “Ultima Cena” di Vik Muniz dipinta con il cioccolato: l’idea è quella di fare propria la storia di Leonardo per poi ridipingere con il cioccolato e rendere quindi l’opera locale attraverso un cervello contemporaneo. Questo è l’esempio di un artista, un cuoco, un architetto, e un designer contemporaneo.

D. – Quali le peculiarità e i dettagli del progetto di Rio?

R. – Qui abbiamo trovato Gastromotiva, un’associazione culturale che aiuta le donne ad uscire dalla povertà attraverso la cultura, insegnando loro un mestiere. E quindi ci sono i volontari che arrivano dalle favelas e che sperano di imparare il mestiere di cuoco per avere così un futuro migliore. Credo che sia molto importante farsi un esame di coscienza. Soprattutto in un momento come questo, tutti i funzionari devono capire che devono mettere da parte il proprio ego per poter mettere in primo piano il progetto e la sua funzionalità. A Torino stiamo ancora aspettando una risposta: Ugo Alciati sarebbe pronto ad aprire un refettorio a Torino, ma nessuno ci dà una risposta. Così come a Palermo.

D. – Quante persone si pensa di poter aiutare in questo periodo dei Giochi?

R. – Tantissime. Qui ieri sera, al terzo giorno di servizio, erano tutti fuori in fila, e c’erano le famiglie. È stato toccante! E poi c’erano tanti viados, che dopo ritornano per strada. E allora ci siamo fermati per strada a parlare con loro; abbiamo chiesto a questi ragazzi di venire a darci una mano, così magari – abbiamo pensato – potevano riuscire a trovare un modo per fare qualcosa di diverso rispetto al vendere il proprio corpo. Certo – lo capisco – è molto difficile, anche per via della mentalità… Però, se nessuno ci prova… E invece così magari si trova una soluzione. Bisogna provare nella vita! Bisogna andare a vedere, cercare di cambiare le cose, avere un sogno. Se nessuno sogna più, non andiamo da nessuna parte, non ci evolviamo!

D. – Quali aiuti avete ricevuto dalle autorità locali?

R. – Il sindaco di Rio de Janeiro ci ha donato questo spazio, perché è un appassionato di cucina. E allora, insieme a un grandissimo architetto di San Paolo, e insieme a tutta la gente e alla cultura locale – Caetano Veloso, Vik Muniz, Paz – tutta la cultura locale ha partecipato e continua a partecipare a questo progetto. Sono qua e ci stanno dando un sostegno incredibile. Pensate che abbiamo messo insieme tutto questo in 55 giorni.

D. – L’obiettivo è anche quello di estendere un’iniziativa simile in altre città e Paesi?

R. – Sì, assolutamente. Già il sindaco di Montréal ci ha dato uno spazio sul mercato di “Little Italy” – meraviglioso tra l’altro! – e quindi nel 2017 apriremo qui. Così come a Los Angeles. E il sogno sarebbe andare nel Bronx. Perché sono soprattutto il Canada, gli Stati Uniti – il Nord del mondo – che danno l’esempio. In tal modo, facciamo vedere e inculchiamo questo tipo di mentalità là dove si consuma e si spreca tanto. Potrebbe essere un punto decisivo. Ma l’importante è trovare dei partner locali per far vivere queste realtà nella quotidianità; come abbiamo trovato Gastromotiva qui a Rio. (Radio Vaticana)

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