Porti chiusi, porti aperti...ecco cosa dice la normativa La onlus “catto-sovranista” in cui si incontrano Salvini, monarchici, ultradestra e nemici del Papa
L’ingresso e l’approdo di navi nei porti è competenza riservata al Ministro dei Trasporti
"Fino a quando sono ministro dell'Interno io, i porti italiani per i trafficanti di esseri umani sono chiusi: non sbarca nessuno, in Italia si arriva chiedendo permesso e per favore e dicendo grazie". Questa è una delle tante dichiarazioni del Ministro dell’Interno nonché Vicepremier nonché leader della Lega Nord Matteo Salvini dedicate al tema della immigrazione e degli sbarchi. Come saprete, la vicenda è di estrema attualità, si pensi solo al recente sbarco prima negato (proprio da Salvini) e poi concesso (dalla magistratura, ma lo chiariremo meglio) ai migranti della nave Sea Watch.
Proviamo ad approfondire la questione non dal punto di vista politico e neppure dal lato umanitario (chi scrive, tanto per essere chiari, ritiene che per un credente il passo del Vangelo di Matteo al Capitolo 25, “Ero forestiero e mi avete accolto”, non lasci spazio a dubbi di interpretazione), ma analizzando la questione porti aperti/porti chiusi dal punto squisitamente tecnico/procedurale. Detto in maniera più chiara, fermo restando la legittimità di un Governo di compiere scelte anche forti in tema di contrasto alla immigrazione (i cosiddetti “porti chiusi”), quali sono però le procedure da seguire? Quali le leggi del mare? Quali le direttive del diritto internazionale? Quale il ruolo della Unione Europea?
Il fondamento di diritto internazionale della navigazione marittima è che essa sia e rimanga libera, per consentire così la circolazione e lo scambio di merci e persone.
L’Italia, spiega ad esempioFrancesco Munari (intervistato dal giornale Upday), professore ordinario di diritto dell’Unione europea all’Università di Genova ed esperto di diritto dei porti e della navigazione marittima, “fa parte di una convenzione internazionale, quella di Ginevra del 1927, che da cent’anni garantisce che i porti siano aperti. I porti, quindi, non possono essere chiusi. Altra cosa è non consentire l’attracco a determinate navi che possono generare un pericolo per l’incolumità della collettività, ma non è materia del ministero dell’Interno. Una nave carica di sostanze radioattive e che sta per esplodere forse non la faccio entrare in una città, ma si tratta di casi diversi da quelli di Sea Watch”.
L’ingresso e l’approdo di navi nei porti è competenza riservata in Italia dall’art. 83 del Codice della navigazione, esclusivamente al Ministro dei Trasporti (oggi delle Infrastrutture e Trasporti, in breve: MIT) che può “limitare o vietare il transito o la sosta di navi mercantili nel mare territoriale per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il ministro dell’Ambiente, per motivi di protezione dell’ambiente marino”.
Il Ministro dell’Interno se non può chiudere i porti però, in quanto autorità competente sul controllo dell’immigrazione e la sicurezza pubblica, vi può vietare lo sbarco di persone, sempre comunque per comprovate e limitate ragioni, di ordine pubblico e/o sicurezza pubblica.
Tale potere del Viminale è riconosciuto nella direttiva SOP 009/15, in cui il Ministro dell’Interno è l’autorità per l’individuazione senza ritardo del POS – Place of Safety (luogo sicuro) di sbarco dei naufraghi - nell’ambito di operazioni SAR (ricerca e soccorso) connesse ai flussi migratori via mare, coordinate da IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Center – Centrale Operativa del Comando Generale della Guardia Costiera, a Roma, dipendente dal MIT) ed effettuate con il concorso di unità navali (private o dello Stato, italiane o straniere).
CHI PUO’ CHIUDERE I PORTI? - L’unica autorità titolata a chiudere i porti è il Ministro dei Trasporti (il Ministro Toninelli), ma ad assegnare il “Porto Sicuro” di sbarco è il Ministro dell’Interno, quindi Matteo Salvini, seguendo le indicazioni della Marina e della Guardia Costiera, entità facenti capo al Ministro della Difesa Elisabetta Trenta.
Siamo di fronte ad un paradosso. Salvini non ha il potere di chiudere alcun porto, allo stesso tempo ha il potere di non concedere un porto di attracco. Esempio, la Sea Watch chiede lo sbarco ad Augusta o Siracusa, il Viminale può negare lo sbarco in quel porto, non ha però il potere di vietare in generale lo sbarco sulle coste italiane.
LA LEGGE DEL MARE - Va tenuto conto però anche degli aspetti umanitari connessi alla cosiddetta “legge del mare”, che di fatto impone di soccorrere le imbarcazioni alla deriva. Negare l'approdo a una nave in difficoltà è comunque una decisione da ponderare. Si può infatti andare incontro a una violazione dei diritti umani: la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, infatti, stabilisce che gli Stati non possano negare il proprio soccorso se gli occupanti di una imbarcazione versino in stato di bisogno (per esempio, l’assenza di cibo) o siano necessarie cure mediche urgenti. Non a caso, nei vari casi controversi degli ultimi mesi (Sea Watch, Diciotti, Mediterranean Hope), lo stesso Viminale si è premurato di garantire viveri e medicinali alle navi ferme in mezzo al mare, e quasi sempre si è consentito lo sbarco alle donne incinte, ai bambini ed agli ammalati.
Come abbiamo visto, ed è questa la conclusione del mio articolo, non esiste una legge che “supera” le altre, non esiste un potere “maggiore”, ed è proprio questo mix di diverse competenze a generare le situazioni ambigue di questi ultimi giorni. Sarebbe auspicabile l’attivazione di una sorta di “legge europea della navigazione e del soccorso”, una sorta di protocollo riconosciuto ed applicato dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
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