Pochi mesi alle elezioni europee. E' cominciata la battaglia tra europeisti e sovranisti
Le elezioni europee del 1979 si tennero tra il 7 e il 10 giugno. Furono le prime elezioni parlamentari dei nove stati membri della Comunità europea per eleggere i 410 membri dell'Europarlamento e le prime elezioni internazionali della storia. I seggi al parlamento furono assegnati agli stati membri in base alla loro popolazione, ma i membri sedettero in base ai gruppi politici. Le elezioni furono vinte dal gruppo Socialista con 113 seggi, davanti al Partito Popolare Europeo che ne ottenne 107.
Nel mese di Maggio del 2019 si tornerà al voto per le elezioni europee, 40 anni ed 8 legislature dopo le prime storiche consultazioni del 1979. Nel frattempo gli stati membri dell’Unione Europea non sono più 9 ma 27 (in realtà 28 ma con la questione aperta della Brexit) ed il Parlamento Europeo ha indubbiamente molti più poteri di quanti ne aveva 40 anni fa. Queste elezioni però potrebbero segnare una sorta di spartiacque nella storia europea, in quanto forse per la prima volta in assoluto ad essere messa in discussione è proprio la sopravvivenza dell’Unione stessa. Ma andiamo con ordine e vediamo di approfondire.
Per usare un titolo, le prossime elezioni europee vedranno uno scontro aperto tra le forze europeiste (per capirci la Merkel, Macron, il Pd ma anche Forza Italia per restare in casa nostra) e quelle sovraniste (Salvini, Orban, Le Pen). Quelle che ho chiamato forze europeiste, seppur con sfumature e ricette diverse, seppur non condividendo totalmente alcune decisioni di Bruxelles, vedono nell’Unione Europea una opportunità, un solido ancoraggio internazionale, un veicolo di pace e democrazia. Le forze sovraniste, in sintesi, percepiscono l’Unione come un peso, un fardello, una struttura da smantellare, un qualcosa che limita il potere dei singoli stati. Sempre sintetizzando, le forze europeiste vedono come obiettivo gli Stati Uniti d’Europa, quelle sovraniste si pongono l’obiettivo di smantellare l’intero processo di unificazione del continente.
Sostanzialmente, da quasi 40 anni, il Parlamento Europeo si regge su una sorta di accordo politico tra le due grandi famiglie politiche del continente, quella socialista e quella popolare (di volta in volta alleate con altre forze minori, come quelle dei verdi o dei liberali). Pur vedendo di volta in volta prevalere l’una o l’altra compagine, parliamo sempre di forze europeiste, che non hanno mai messo in discussione le ragioni fondanti del processo di unificazione, e che hanno portato alla Presidenza della Commissione Europea personalità di diverso orientamento politico (si pensi a Delors, Barroso, al nostro Romano Prodi, a Juncker) ma dal convinto profilo europeista.
Bene, questo equilibrio, nel 2019 potrebbe finire. Secondo alcuni sondaggi (da prendere con le molle, parliamo di 27 stati e di un voto che si terrà tra più di 6 mesi) le forze sovraniste, indubbiamente in crescita rispetto agli anni precedenti, potrebbero addirittura ottenere la maggioranza dei seggi del Parlamento.
Per fare un esempio concreto e facilmente comprensibile prendiamo il caso di Orban: una settimana fa il Parlamento Europeo (col voto congiunto di socialisti e popolari) ha votato a favore delle sanzioni contro il leader ungherese, il quale però tra qualche mese potrebbe essere uno dei capofila della maggioranza sovranista.
“L’Unione europea passerà una brutta nottata…”, ha twittato Marine Le Pen commentando il voto delle elezioni italiane. Note sono le posizioni del VicePremier Matteo Salvini contro i “burocrati di Bruxelles”. Orban si erge a “difensore dell’indentità europea” contro le lobby che vogliono l’islamizzazione del continente. Immaginatevi di svegliarvi il prossimo 30 Maggio con i sovranisti forza di maggioranza, e capite bene da soli che saremmo di fronte ad uno scenario complesso ed imprevedibile.
Prima di fare un accenno alle possibili ricadute delle elezioni europee sullo scenario politico italiano, allarghiamo l’orizzonte. Sia Orban che Salvini sono considerati molto vicini alle posizioni del leader russo Vladimir Putin, il quale, è noto, non è in buoni rapporti con Angela Merkel, da molti percepita come la vera leader europea.
Parlando della Merkel, non posso non citare la “Lampada di San Francesco”, riconoscimento consegnatole nello scorso mese di maggio dai frati di Assisi per “la sua opera di conciliazione in favore della pacifica convivenza dei popoli”. Il lettore avrà capito che chi scrive, tra europeisti e sovranisti, fa il tifo per i primi.
E’ opinione diffusa che sia al leader russo sia a Donald Trump faccia comodo confrontarsi con una Europa debole e divisa al suo interno, più facilmente assoggettabile agli interessi delle due superpotenze. Insomma, di tutto stiamo parlando tranne che di semplici elezioni, a Maggio del 2019 saremo chiamati ad una scelta tra due diverse idee del futuro del continente, con tutte le conseguenze del caso.
Veniamo alle ricadute italiane. Secondo molti osservatori, il Governo gialloverde resterà in sella senza scossoni fino appunto alle elezioni europee. Poi, in base ai risultati, le cose potrebbero cambiare. Se ad esempio venissero confermati dalle urne i sondaggi che danno la Lega al 30%, con magari un 15% preso da Forza Italia e da Fratelli d’Italia, sarebbe molto forte la tentazione leghista di rompere con i 5stelle per ricostruire l’alleanza di centrodestra (recentemente rinsaldata da un vertice ad Arcore e da, sembra, un accordo sulle nomine Rai). Per i 5stelle il voto del 2019 andrà letto in chiave europea ma anche come un giudizio sulla prova di Governo. Al Partito Democratico le elezioni europee ricordano uno dei momenti più felici della sua storia, ovvero il 41% preso nel 2014 da Matteo Renzi. Riuscirà il Pd a recuperare terreno? Stringerà alleanze con la sinistra? Vedrà vita il “Fronte Repubblicano” tanto caro all’ex Ministro Calenda? A Maggio sapremo.
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