Padre Fortunato: Assisi è la risposta, è possibile ricominciare e rinascere
Ricordo il dolore per la perdita di Padre Angelo Api, del postulante Zdzislaw Borowiec, un giovane che si avviava a diventare frate, e di due tecnici della Soprintendenza, Bruno Brunacci e Claudio Bugiantella. Ero con loro in Basilica, insieme al compianto Padre Giulio Berrettoni, Custode del Sacro Convento durante la ricostruzione post-terremoto. Sembrava che non ci fosse più speranza. Solo dolore per chi aveva perso la vita, e tristezza per il patrimonio artistico perduto. E invece non fu il ticchettio dell’orologio, ma il battito del cuore a segnare la volontà e la ferma determinazione a ricostruire. Passo dopo passo, tassello dopo tassello.
Quando Paolucci annunciò che in due anni la Basilica sarebbe stata riaperta per il Giubileo, sembrarono affermazioni azzardate: da allora Assisi fu chiamato “il Cantiere dell’utopia”. Così fu: il 28 novembre 1999 alla presenza del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, con la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinal Angelo Sodano, Segretario di Stato della Santa Sede, la Basilica inaugurava simbolicamente “il suo Giubileo della Rinascita”.
Oggi Assisi è per tutti tetto del mondo, è per tutti faro spirituale, è per tutti segno delle possibilità che l’Italia sana, bella e vera dà ai suoi talenti, alle sue capacita e al suo genio. Certo non vorremmo che la lezione ventennale di Assisi fosse inutile. Altri ricordi sovvengono. Ci fu allora qualche polemica inutile e infruttuosa - perché non dirlo? – sui tempi della ricostruzione delle case e quella delle chiese. In realtà non fu così, la ricostruzione portò buoni risultati per le case e per le chiese.
La Basilica di San Francesco, ad Assisi, tornò così ad essere punto di riferimento mondiale per centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno. Il cuore del francescanesimo era tornato a battere, dopo il dolore e la devastazione. Assisi, Francesco, rappresentano oggi l’anima aperte e inclusiva del popolo italiano.
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