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MARCIA DELLA PACE, REPUBBLICA E LIBERO DUE PUNTI DI VISTA DIFFERENTI

Redazione Ansa - MATTEO CROCCHIONI
Pubblicato il 08-10-2018

REPUBBLICA 

Quei giovani in marcia per un mondo migliore “Nessuno resti indietro”

Quando, alle nove del mattino, lo scuolabus che apre il corteo comincia a muoversi sotto una pioggia battente, davanti allo striscione con su scritto una parola sola — Fraternità — sorretto da un filare di studenti intirizziti, il serpentone di famiglie e ragazzi e anziani provenienti da tutta Italia ha ancora nelle orecchie la dedica ideale che Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, ha appena lanciato dal palco.

«Al sindaco Mimmo Lucano, al modello Riace, noi chiediamo che venga dato il Nobel per la Pace», urla l’organizzatore della marcia Perugia-Assisi, declinando lo spirito di una giornata che è quasi un miracolo, col tempo che fa. «Basta attaccare la dignità e i diritti fondamentali delle persone», urla Lotti ai 100mila che stanno per mettersi in moto, fra zaini, k-way e ombrelli colorati, «basta attaccare chi salva le vite in mare, chi accoglie — ripete per chi non avesse capito — abbiamo bisogno di prenderci per mano: oggi riscopriamo la bellezza di camminare insieme, costruiamo un argine alla violenza diffusa, alle discriminazioni; rimettiamo al centro della nostra comunità le persone, tutte. Non una deve essere lasciata indietro».

Eccolo il popolo di chi non vuole muri, conflitti, parole d’odio: «Il popolo dei ponti» lo chiama padre Enzo Fortunato. Si batte contro le diseguaglianze e la povertà; per il disarmo e la libertà di pensare che un’altra Italia, un altro mondo è possibile. Ma senza attaccare nessuno, né Salvini (il vero convitato di pietra) né Di Maio: la non violenza come metodo praticato, non solo predicato. Una trama infinita di gruppi e associazioni e sigle, sindacati e partiti anche, ma senza insegne, non è questo il momento. I gonfaloni di 300 tra sindaci e governatori (dall’umbra Marini al laziale Zingaretti) mescolati a migliaia di bandiere arcobaleno, don Ciotti e Carlin Petrini, il segretario del Pd Martina, insieme ai parlamentari Richetti, Grasso e Fassina, zero rappresentanti del governo, ma in compenso tante scuole: da Udine a Palermo. Perché «l’apporto creativo dei giovani è indispensabile per dare sostanza alla pace», sottolinea il presidente Mattarella nel suo messaggio ai partecipanti.

Acli, Arci, Anpi, Legambiente, Cgil, Cisl e Uil, Libera, Amnesty, Focolari, Donne contro la guerra, Emmaus, Pax Christi, Rete degli studenti medi. Un esercito di facce e di storie differenti, ma con la stessa voglia di esserci, partecipare, specie adesso, col vento che spira nel Paese, e non certo per colpa del meteo. «Solidarietà: è la parola che meglio racconta la manifestazione di oggi», dice Francesco Vignarca, coordinatore della Rete per il Disarmo: «Molti sono venuti solo per testimoniare il loro dissenso per ciò che sta accadendo in Italia: la chiusura dei porti, il razzismo strisciante. Non è un caso se, rispetto a due anni fa, i pullman sono raddoppiati e gli eventi che hanno preceduto la marcia erano affollati come non mai».

Conferma Daniele Taurino, 26 anni, del Movimento non violento: «Nei momenti di crisi, quando il clima culturale e politico si incupisce, ecco che lì emerge — tra la gente, le persone comuni — l’esigenza di un’alternativa sociale e politica capace di sgretolare i muri. Una forza che non è solo contro, ma porta qualcosa di positivo, di creativo: qualcosa che solo l’unione di persone molto diverse, contadini e studiosi, giovani e anziani, può produrre».

LIBERO

La marcia della pace di Assisi diventa una guerra alla Lega
Democratici, cattocomunisti e sindacati strumentalizzano San Francesco e chiedono di dare il Nobel al sindaco di Riace. Oltre a prendersela con Salvini 


Vi prego, tirate giù le mani da San Francesco, non strattonatelo per il saio, non avvolgete il suo mantello con una bandiera rossa o arcobaleno, non fatene un vostro “santino”, lui che predicava la Pace prima che diventasse preda dei pacifisti, lui che assisteva gli ultimi in chiave cristiana, prima che pretendesse di farlo il comunismo. Fa tristezza vedere un codazzo di sigle di sinistra, segretari di partito, sindacalisti, Ong, capipopolo e militanti appropriarsi della memoria del santo, trasformarlo da frate in un compagno, non con le mani giunte, ma con il pugno chiuso. È quanto hanno fatto ieri vari Maurizio Martina,Pietro Grasso e Laura Boldrini, e poi Civati e Fratoianni, per non parlare della Cgil, di Libera, Amnesty International e una congerie di associazioni pacifiste, buoniste, terzomondiste, che hanno partecipato alla XXIII Marcia perla Pace Perugia-Assisi, sfilando tra striscioni arcobaleno, stendardi del Pd e foulard da partigiani.

MESSAGGIO TRAVIATO
Quella che era una marcia pensata nel 1961 da Aldo Capitini per dire no alla Guerra Fredda e alla minaccia nucleare, si è via via politicizzata e concentrata su faccende interne, diventando espressione non di un generico movimento non violento, ma manifestazione del più ostinato catto comunismo, momento di ritrovo delle miriadi di particelle della sinistra, che qua ad Assisi si ritrovano, per qualche ora, senza litigare. Chiedendo strumentalmente la benedizione del fraticello.
Niente di più lontano dal messaggio evangelico di San Francesco, che di certo non votava sinistra, essendo vissuto 800 anni fa, e osiamo ipotizzare che non l’avrebbe votata, attento com’era alla rivoluzione spirituale e non certo materiale, all’uguaglianza degli uomini in quanto figli di Dio e non in quanto proletari, lontanissimo dai salotti buoni e neppure così pacifista come lo fanno passare, visto che - leggersi Libero di quattro giorni fa - predicava la difesa con tutte le armi del cristianesimo nelle terre conquistate dall’islam.

Ma tant’è, fa comodo, in tempi in cui la sinistra fatica a costruirsi un Pantheon, mettere in mano al santo di Assisi ilManifesto al posto del Vangelo. E associare quel Francesco al Francesco Papa, arruolandoli entrambi nella truppa rossa. Ma ciò che più indigna è il messaggio associato a questa marcia, e di conseguenza l’obiettivo politico da colpire. Il corteo intitolato “Osiamo la fraternità”, con 100mila partecipanti secondo gli organizzatori (25mila secondo la Questura?), si è posto come continuazione ideale della marcia di due giorni fa a Riace, una propaggine distante 800 chilometri, adottando le stesse parole d’ordine: accogliere di più, farsi carico dei migranti, idolatrare chi spalanca le porte ai clandestini e incolpare chi fa rispettare le leggi e chiude le frontiere.

CONTRO LA LEGGE
E allora sentila Boldrini dire che «la pace va difesa ogni giorno dagli spacciatori di paura», Zingaretti presentare la marcia come «un bel segnale dell’Italia che rifiuta l’odio»; la Cgil essere più esplicita dicendo che questo corteo ha un «valore particolare» contro «il nostro governo che alimenta il clima di xenofobia nei confronti dei migranti»; numerosi manifestanti indossare magliette con le scritte “La solidarietà non si arresta. Io sto con Riace” e “Noi siamo con Mimmo Lucano”, oppure “arrestateci tutti”; e addirittura organizzatori, come Flavio Lotti, coordinatore della marcia, chiedere di «candidare al Nobel per la Pace il modello Riace».

In buona sostanza, la marcia per la Pace si è trasformata in una marcia per la Guerra contro Salvini. Viste le derive giacobine prese da chi invita a violare la legge per ragioni ideologiche, ci aspettiamo che l’anno prossimo alla manifestazione si adotti il motto dellaMarsigliese “Marchons, Marchons” e si inviti come ospite Macron che da tempo si è messo En Marche contro il nostro ministro dell’Interno…

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