Le visite dei pontefici

REPUBBLICA
Quei giovani in marcia per un mondo migliore “Nessuno resti indietro”
Quando, alle nove del mattino, lo scuolabus che apre il corteo comincia a muoversi sotto una pioggia battente, davanti allo striscione con su scritto una parola sola — Fraternità — sorretto da un filare di studenti intirizziti, il serpentone di famiglie e ragazzi e anziani provenienti da tutta Italia ha ancora nelle orecchie la dedica ideale che Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, ha appena lanciato dal palco.
«Al sindaco Mimmo Lucano, al modello Riace, noi chiediamo che venga dato il Nobel per la Pace», urla l’organizzatore della marcia Perugia-Assisi, declinando lo spirito di una giornata che è quasi un miracolo, col tempo che fa. «Basta attaccare la dignità e i diritti fondamentali delle persone», urla Lotti ai 100mila che stanno per mettersi in moto, fra zaini, k-way e ombrelli colorati, «basta attaccare chi salva le vite in mare, chi accoglie — ripete per chi non avesse capito — abbiamo bisogno di prenderci per mano: oggi riscopriamo la bellezza di camminare insieme, costruiamo un argine alla violenza diffusa, alle discriminazioni; rimettiamo al centro della nostra comunità le persone, tutte. Non una deve essere lasciata indietro».
Eccolo il popolo di chi non vuole muri, conflitti, parole d’odio: «Il popolo dei ponti» lo chiama padre Enzo Fortunato. Si batte contro le diseguaglianze e la povertà; per il disarmo e la libertà di pensare che un’altra Italia, un altro mondo è possibile. Ma senza attaccare nessuno, né Salvini (il vero convitato di pietra) né Di Maio: la non violenza come metodo praticato, non solo predicato. Una trama infinita di gruppi e associazioni e sigle, sindacati e partiti anche, ma senza insegne, non è questo il momento. I gonfaloni di 300 tra sindaci e governatori (dall’umbra Marini al laziale Zingaretti) mescolati a migliaia di bandiere arcobaleno, don Ciotti e Carlin Petrini, il segretario del Pd Martina, insieme ai parlamentari Richetti, Grasso e Fassina, zero rappresentanti del governo, ma in compenso tante scuole: da Udine a Palermo. Perché «l’apporto creativo dei giovani è indispensabile per dare sostanza alla pace», sottolinea il presidente Mattarella nel suo messaggio ai partecipanti.
Acli, Arci, Anpi, Legambiente, Cgil, Cisl e Uil, Libera, Amnesty, Focolari, Donne contro la guerra, Emmaus, Pax Christi, Rete degli studenti medi. Un esercito di facce e di storie differenti, ma con la stessa voglia di esserci, partecipare, specie adesso, col vento che spira nel Paese, e non certo per colpa del meteo. «Solidarietà: è la parola che meglio racconta la manifestazione di oggi», dice Francesco Vignarca, coordinatore della Rete per il Disarmo: «Molti sono venuti solo per testimoniare il loro dissenso per ciò che sta accadendo in Italia: la chiusura dei porti, il razzismo strisciante. Non è un caso se, rispetto a due anni fa, i pullman sono raddoppiati e gli eventi che hanno preceduto la marcia erano affollati come non mai».
Conferma Daniele Taurino, 26 anni, del Movimento non violento: «Nei momenti di crisi, quando il clima culturale e politico si incupisce, ecco che lì emerge — tra la gente, le persone comuni — l’esigenza di un’alternativa sociale e politica capace di sgretolare i muri. Una forza che non è solo contro, ma porta qualcosa di positivo, di creativo: qualcosa che solo l’unione di persone molto diverse, contadini e studiosi, giovani e anziani, può produrre».
LIBERO
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