Il pontificato rivoluzionario di Papa Francesco visto da un giornalista, un teologo e uno storico
MISERICORDIA E DISCERNIMENTO
«Le cose più importanti di questi quattro anni di pontificato di Papa Francesco - premette Padre Antonio Spadaro, gesuita e direttore della rivista "La Civiltà Cattolica" - sono la misericordia e il discernimento».
«Se dovessimo fare una sintesi estrema dell'approccio di Francesco alla realtà - prosegue - direi che è un approccio legato alla misericordia di Dio. Cioè Dio è legato all'uomo in maniera radicale, assoluta. L'altro aspetto è il discernimento, cioè l'attenzione alla vita concreta delle persone. Dunque quello di Francesco è sicuramente un pontificato che guarda alla realtà».
Sull'effetto "svolta" che Bergoglio vuole imprimere, Padre Spadaro evidenzia: «Il papa ha avviato un processo. Deve essere valutato non tanto per i frutti raccolti che arriveranno, ma per la semina che sta facendo. Questa semina è efficace e irreversibile, e poi lui è un papa non ideologico, che va oltre lo schema "conservatori e progressisti". Quello che vuole realizzare è la volontà di Dio nella storia di oggi».
E quindi sa bene che la vita è fatta di contrasti e tensioni. «Allora apprezza e sostiene anche la possibilità di aprirsi a una dialettica - sottolinea il gesuita - Perché la vita è fatta esattamente di conversazione, confronto, dialogo, quindi non teme opposizioni, contrasti perché fanno parte di un processo di rinnovamento che è reale».
E' in questo contesto, conclude Spadaro, che il papa si erge anche a riferimento morale a livello mondiale. «Il mondo ha paura. Molte decisioni anche politiche sono prese facendo leva sulla paura della gente. E la paura porta alla chiusura. E allora - chiosa il direttore de "La Civiltà Cattolica" - il messaggio che sta lanciando Francesco come leader mondiale e morale, è quello di aprire le porte, di non farsi guidare da situazioni di questo genere».
SVOLTA SULLA FAMIGLIA
Il teologo Andrea Grillo sostiene l'idea che guida il pontificato è la sfida di un confronto «con la società aperta». Papa Francesco «non pensa più che il Vangelo si identifichi necessariamente con la società chiusa. Dove c'è famiglia c'è esperienza di comunione e questo la Chiesa può riconoscerlo sotto forme molteplici e non sotto un'unica forma generale e astratta».
Questo, secondo Grillo, «conduce ad una grande trasformazione dell'approccio pastorale con cui la Chiesa incontra tutte le forme di famiglia: dove un uomo e una donna vivono insieme e generano figli, li si apre un'esperienza che ha qualcosa di divino. Riconoscere questo significa mettersi in discussione, fare autocritica, e aprirsi alla sorprendete libertà con cui Dio lavora nella storia».
RISCHIO CRISTIANESIMO DA TV
Infine Alberto Melloni, storico della Chiesa, parla di «una nuova "primavera" per la Chiesa mondiale». «Anzi - osserva - anche per il Vangelo». Dunque, lo stile di Francesco «è normale che incontri delle resistenze, ma sopratutto incontra una difficoltà perché non è facile da imitare».
Con Francesco «si incontra una autenticità evangelica, una freschezza della predicazione, che trasborda tutte le cose che fa e dice, e non si presta a nessuna imitazione: non basta dire frasi e parole come periferia o misericordia per essere allineati su questa istanza che lei rappresenta. Chi trova difficoltà in questo contesto sono i vescovi ma anche i cristiani che corrono un rischio molto forte gli uni e gli altri, che è quello - avverte Melloni - di guardare la "primavera" come uno spettacolo in tv, con il cristianesimo impersonato da un anziano gesuita argentino che attraversa le nostre strade e la nostra vita».
Se ne è parlato nel corso della puntata di TG1 Dialogo in onda il sabato mattina alle 8.20 su Rai1 a cura di Piero DamossoPadre Enzo Fortunato.
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