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Il coronavirus e i festival mutanti

Alessandro Zaccuri Pixabay
Pubblicato il 15-11-2020

Alcune trasformazioni, non tutte negative, destinate a durare

Alla fine anche per BookCity Milano non ci sono state alternative: edizione 2020 tutta in digitale, con un cartellone comunque fitto, ma che necessariamente sconta l'effetto zona rossa. Non per questo, però, si rinuncia a ragionare e a programmare, magari interrogandosi su che cosa se ne sarà, d'ora in poi, di un altro "effetto" che negli scorsi anni si era imposto all'attenzione degli esperti e, prima ancora, del pubblico. Si tratta dell'"effetto festival", nozione ormai consolidata nell'ambito della sociologia della cultura e approfondita attraverso una serie di studi che, da oltre un decennio, analizzano le metodologie e le ricadute - anche economiche, e non solo a livello locale - delle manifestazioni diffuse in tutto il Paese. 

Proprio nell'ambito di BookCity, nel pomeriggio di ieri, è stata presentata la prima parte di Effettofestival, una ricerca dedicata appunto alla rimodulazione degli eventi dal vivo nei mesi della pandemia. A questa indagine, curata da Giulia Cogoli e Guido Guerzoni, si affianca una ricognizione sui consumi culturali durante il lockdown, realizzata da Ipsos e sostenuta, come la precedente, da Intesa San Paolo. Partiamo da Effettofestival, che riordina i dati messi a disposizioni da 87 rassegne diverse tra loro per dimensioni e per anzianità (tra le più rilevanti c'è anche la più antica, il Festivaletteratura che si svolge a Mantova dal 1997). 

Fatta salva qualche rara eccezione, tutti i festival hanno dovuto fare i conti con l'emergenza coronavirus, che ha comportato variazioni nel calendario (solo nel 32% dei casi sono state rispettate le date già previste) e nella strutturazione degli incontri. Ad affermarsi, con una percentuale del 48%, è stata una formula ibrida, caratterizzata cioè da una forte interazione tra incontri dal vivo e risorse digitali: la trasmissione degli eventi in streaming, già sperimentata in passato da alcune realtà, è andata di pari passo con la convocazione da remoto di relatori, specialmente stranieri, impossibilitati a raggiungere fisicamente la sede dei festival (il fenomeno riguarda complessivamente il 28% degli ospiti). 

Se a questa quota ibrida si aggiunge quella delle manifestazioni svoltesi esclusivamente in presenza (35%), ci si rende conto che la stragrande maggioranza degli eventi ha coinvolto direttamente il pubblico, sia pure con le limitazioni imposte dalle norme di sicurezza (solo il 17% degli appuntamenti è andata direttamente online). Resta tendenzialmente invariata la durata dei festival (55%), ma c'è anche una minoranza qualificata del 17% che ha addirittura esteso nel tempo il cartellone. Non diversamente, nel 2020 il 28% ha trovato il modo di ampliare l'area territoriale di riferimento. 

A calare è, tendenzialmente, la disponibilità economica (il budget è diminuito nel 67% dei casi), così come ridimensionato è il numero complessivo degli eventi (il 68% dei festival ha dovuto sfoltire il cartellone). Infine, è stato forte l'assottigliarsi del pubblico (nel 35% dei casi la contrazione ha superato il 60%), solo in parte compensato dai buoni risultati dello streaming (oltre un migliaio per evento nel 32% delle manifestazioni). 

Per meglio apprezzare questa parte del quadro tracciato da Effettofestival occorre rivolgersi alla ricerca Ipsos sulle "vecchie e nuove abitudini" seguite dagli italiani sotto l'urto della Covid-19. A un 15% di fruitori abituali dei consumi culturali, rimasti inizialmente spaesati dalle condizioni imposte dalla serrata, si è andato sommando un 16% di neofiti, per i quali il digitale ha rappresentato un'occasione imprevista di esplorazione di nuovi contenuti, spesso in una dimensione condivisa dall'intera famiglia. Il ricorso al digitale è destinato ad aumentare anche a emergenza finita per il 31% degli interpellati e - dato ancora più interessante - addirittura per il 40% degli habitués. 

È un'aspettativa che va incontro alle previsioni degli stessi festival, il 63% dei quali - secondo il resoconto di Cogoli e Guerzoni - intende rafforzare la propria offerta online a partire dal 2021. Fondamentale, in questo senso, potrebbe essere l'apporto proveniente dagli archivi digitali, la cui costituzione era già stata avviata nell'80% dei casi. (Avvenire)

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