I CORRIDOI UMANITARI E SAN FRANCESCO
I Corridoi Umanitari cominciano ad essere uno dei tratti distintivi della “Chiesa in Uscita” tanto cara a Papa Francesco
"Quando il beato Francesco si incontrò con un cavaliere, nobile ma povero e malvestito, dalla cui indigenza mosso a compassione per affettuosa pietà, quello subito spogliatosi, rivestì." Così viene descritto, nella “Legenda Maior” nonché in uno degli splendidi affreschi di Giotto, l’episodio del Santo di Assisi che dona il suo mantello ad un povero.
Vestire gli ignudi è una delle sette opere di misericordia corporali, allo stesso tempo prendere una persona sotto il proprio mantello potrebbe voler dire restituire rispetto e dignità, in qualche modo garantire accoglienza e protezione.
A mio parere è possibile tracciare un parallelo tra il gesto del Santo di Assisi e l’esperienza dei Corridoi Umanitari, il progetto pilota promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Tavola Valdese e dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia che mette a disposizione di persone vulnerabili, in paesi devastati da guerre e conflitti, un aereo e un visto umanitario per agevolare il passaggio in paesi sicuri e accoglienti, evitando così il possibile rischio di morte in mare o di subire patimenti e torture da parte di scafisti senza scrupoli.
Sono ormai più di 500 i profughi atterrati comodamente all’aeroporto di Fiumicino e successivamente dislocati ed accolti – in maniera legale e sicura – da associazioni e parrocchie sparse in tutta Italia. Profughi “anonimi” scappati dalla guerra in Siria i quali, accolti dai volontari coinvolti nel progetto, diventano “persone” a tutti gli effetti, con un nome, un volto, una storia. Ricorderanno i miei lettori che lo stesso Papa Francesco, al ritorno dal suo viaggio nell’isola di Lesbos, portò con sé 12 profughi proprio grazie al lavoro diplomatico svolto dagli organizzatori dei Corridoi Umanitari.
Una di loro, la piccola Kudus, 11enne siriana che – dopo le bombe in Siria e la vita nel campo profughi di Lesbos - oggi vive a Roma ed è circondata da tanti amici, nel corso del recente meeting “Sete di Pace” tenutosi ad Assisi, ha consegnato nelle mani di Papa Francesco l’appello di Pace firmato dai principali Leader Religiosi.
“Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell’oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c’è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita”. Con queste parole, pronunciate davanti al Sacro Convento, il Santo Padre ha voluto manifestare tutto il suo sostegno ad ogni iniziativa volta a diminuire le sofferenze di chi fugge dalla guerra.
Recentemente, anche la Cei ha confermato, attraverso le parole di Don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana, la propria adesione al progetto dei Corridoi Umanitari, proprio in questi giorni è in definizione il protocollo d’intesa tra il Ministero degli Esteri e la Comunità di Sant’Egidio per poter garantire l’accoglienza a 500 tra somali, eritrei ed etiopi. I Corridoi Umanitari cominciano ad essere uno dei tratti distintivi della “Chiesa in Uscita” tanto cara a Papa Francesco, e ci piace pensare che, dall’alto,sono benedetti dal Poverello di Assisi.
Mario Scelzo - www.storiedibuonenotizie.blogspot.it
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