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Francesco, la politica, il populismo - di Franco Cardini

Franco Cardini Vignazia
Pubblicato il 27-11-2017

Si fa sempre politica, si deve far sempre politica: nel senso che ogni nostra azione non può non essere pensata e indirizzata in senso civico: e far politica, nel senso più proprio e migliore dell’espressione, è appunto questo. 

Ciò non ha nulla a che fare con la ricerca del potere, la demagogia, la rissosità, magari anche la menzogna e la violenza: cioè con tutto quel che “politica” significa nella sua accezione più comune e diffusa. In questo senso, su queste pagine non si fa politica. 

Ma se ne può parlare. Beppe Grillo è un buon attore – la sua interpretazione cinematografica di un giovane ufficiale medico durante la seconda guerra mondiale al fianco del grande Coluche non si dimentica – ed ara fino a poco tempo fa noto anche per le due battute politiche e per le sue proposte, molte delle quali intelligenti e sensate sotto il velame provocatorio. Su di lui si dicevano molte cose, talune non commendevoli, specie a proposito del suo atteggiamento – non per nulla trattasi di genovese – di fronte alla vile pecunia. Ma sono fatti suoi. Come leader politico, non nascondo che il suo atteggiamento carismatico e dispotico e il gerarchismo iniziatico alla guida del quale ha ispirato la vita del suo movimento (il “M5S”, i “grillini”) m’insospettisce e m’indispone non poco; come m’indispongono e m’insospettiscono alcuni Giovani in Carriera dalla verità in Tasca che lo attorniano e che magari ci ritroveremo ministri fra qualche mese. Ma anche questi sono affari suoi. Il “M5S” può anche non piacere: ma è uno dei  risultati della profonda crisi  politica ed etica nella quale ci troviamo e si è purtroppo guadagnato il diritto a far parte della cerchia elitaria che forse guiderà  nei prossimi mesi l’Italia postdemocratica  (“democrazia avanzata” significa “quel che avanza della democrazia”). 

Però, di recente, Beppe Grillo ha cercato anche di arruolare san Francesco. Arriva un po’ tardi nella lunga fila di chi ha già tentato un colpo del genere (e, non essendo il primo, senza dubbio non sarà l’ultimo): prima, fino dai suoi tempi, signori ghibellini ed eretici e paraeretici d’ogni genere; poi, protestanti “apocalittici”; infine, dalla fine dell’Ottocento a oggi, pubblicisti cristiano-riformati oppure ortodossi, e ancora cattolici politicizzati “di destra” e “di sinistra”, ebrei, musulmani, buddhisti, socialisti, fascisti, esoteristi, ecologisti, animalisti, adepti di varie new religions, agnostici, atei “devoti” e non. Insomma, Francesco forever, Santo per Tutte le Stagioni. E in fondo è vero che la sua figura e il suo magistero hanno molto da insegnare a chiunque: che poi sia o no frainteso, non dipende da lui. 

Esiste dunque anche un san Francesco “grillino”? E in che senso ha ragione Grillo nel proclamare “nuovi francescani” i suoi seguaci? 

Per la rinunzia al potere? No davvero, dal momento che partecipare ad elezioni ed entrare nella casta, per quanto con la conclamata (ma non sempre comprovata) intenzione di distruggerla, non è scelta che possa invocare Francesco a suo modello. Nei “grillini” si agita una “Volontà di Potenza” che (per quanto, nelle conclamate e ritengo per molti di loro sincere intenzioni, miri a profonde riforme se non addirittura a una rivoluzione) entra in collisione diretta e frontale con la rinunzia a qualunque forma di potere – non solo alla ricchezza – che sta alla base della testimonianza del Povero di Assisi. 

Per la contestazione rispetto al potere mal usato? Ma Francesco non ha mai contestato nulla e nessuno, di nulla e di nessuno si è mai proclamato superiore o migliore, nulla e nessuno ha mai voluto superare o sostituire. 

Per la predicazione della povertà in una prospettiva di uguaglianza o comunque almeno di giustizia? Ma Francesco di Bernardone non è Vladimir Iilich Ulianov, in arte “Lenin”: non ha mai voluto l’uguaglianza coatta di tutti. Ha sempre sostenuto che al mondo ci sono molti modi di vivere e magari di servire il Signore: e ha riservato la perfetta povertà e la perfetta umiltà solo a se stesso e a chi liberamente intendeva seguire la sua strada.

Caro Beppe, valga per te la raccomandazione indirizzata al cavalier Cavaradossi nel primo atto della pucciniana Tosca, “Scherza co’ fanti e lascia stare i santi”. Fa’ la tua politica e tanti auguri. Ma Francesco, lascialo da parte. Come agente elettorale non funziona.

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