'Elena Ferrante sono io' su twitter la confessione, ma la casa editrice smentisce
Poteva essere l’ultima puntata del giallo su Elena Ferrante. Un profilo Twitter aperto a nome di Anita Raja, traduttrice e moglie dello scrittore Domenico Starnone, è comparso nella notte insieme al coming out: «Lo confermo. Sono Elena Ferrante. Apro questo profilo e presto lo chiuderò. Sarò qui solo per il tempo necessario a spiegare», si legge nei cinguettii. Ma la casa editrice e/o ha negato a Il Post che si tratti di un profilo autentico.
«Non parlerò mai di Elena Ferrante, né risponderò a suo nome, né dirò nulla riguardo ai suoi libri. Vi ringrazio. Vorrei solo chiedere, ora che la curiosità che durava da anni è stata esaudita, di lasciarmi vivere (e scrivere) in pace», è il contenuto di altri tweet a firma Anita Raja. E ancora: «Ritengo volgare e pericoloso il modo in cui si è voluti arrivare a pretendere di svelare un’identità violando privacy e regole. Ma pazienza».
L’INCHIESTA
Un’inchiesta uscita domenica scorsa sul Sole 24 Ore da parte del giornalista Claudio Gatti - in collaborazione con la New York Review of Books, la Frankfurter Allgemeine tedesca e Mediapost francese - ha analizzato nel dettaglio il boom di introiti registrato dalla casa editrice e/o che ha pubblicato la tetralogia e quelli della Raja, formalmente solo una traduttrice dal tedesco che lavora come freelance. Ma i guadagni che le ha versato la casa editrice sono aumentati del 150 per cento in pochissimi anni: la prova decisiva, secondo Gatti, che ha portato a svelare il nome prima della confessione della Raja su Twitter.
LA POLEMICA
Dopo l’inchiesta si è sollevata una polemica da parte di scrittori e critici. Sul New York Times il poeta Adam Kirsch ha definito il suo approccio «più adatto a una inchiesta criminale che alla critica letteraria». Proclamando che «lei avrebbe preferito non sapere», Alexandra Schwartz del New Yorker ha messo Gatti sul banco degli imputati per l’affermazione «bizzarra e offensiva» che il coming out di Anita Raja «apre la possibilità di una collaborazione non ufficiale con Starnone». «Come se - ha obiettato la Schwartz - la perduta anonimità della Ferrante l’avesse resa ora vulnerabile all’accusa di non essere in grado di scrivere i suoi libri senza appoggiassi creativamente a un uomo». La Stampa
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