Donne abbiano più spazio per la pace nel Medio Oriente
Si allarghino “gli spazi della presenza delle donne e si intensifichi la loro opera nel ricercare occasioni di incontro, di conoscenza e di dialogo e il comune impegno per la edificazione di un futuro di prosperità e di pace”. E’ quanto auspica Papa Francesco in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, indirizzato ai partecipanti alla Seconda Conferenza con le donne del Medio Oriente e del Mediterraneo sul tema “Donne operatrici di pace per una cultura dell’incontro e del dialogo”, in corso a Bari, promossa dall’ Umofc, Unione Mondiale Organizzazioni Femminili Cattoliche, insieme al Forum Internazionale di Azione Cattolica e all’Azione Cattolica Italiana, nel contesto del Giubileo Straordinario della Misericordia. Il Papa, si legge ancora nel telegramma, invita tutti “al generoso esercizio delle opere di misericordia corporali e spirituali” e “saluta cordialmente tutte le donne presenti, particolarmente quelle provenienti dal Medio Oriente e dai Paesi segnati da conflitti sociali, dalla povertà e dalle discriminazioni”.
Obiettivo della Conferenza, che si chiuderà domenica, è dunque l’ascolto di donne che, in contesti particolarmente difficili, sono impegnate nella costruzione di una convivenza sociale pacifica. Previsto anche un momento di preghiera ecumenica nella Cripta della Basilica di San Nicola, per elevare una supplica per la pace in Siria e in tutto il Medioriente. Adriana Masotti di Radio Vaticana ha intervistato Maria Giovanna Ruggieri presidente dell’Umofc:
R. – Questa Conferenza segue quella che è stata fatta qualche anno fa ad Amman, in Giordania. Quell’occasione fu un primo approccio con le donne cristiane del Medio Oriente perché avevamo allungato il nostro sguardo verso questa parte del mondo dove i cristiani fanno un lavoro di riconciliazione tra le parti, in un certo senso. Quindi ci sembrava interessante ascoltare le donne che, magari in maniera molto silenziosa, portano avanti questo impegno quotidiano di dialogo, di confronto, di reciproca attenzione, di rispetto e di riconciliazione, anche tenendo conto che noi, come europei, siamo un po’ disorientati di fronte a questi arrivi: a volte alziamo dei muri, delle paure. E quindi è importante ascoltare da loro come lavorare con persone che vengono magari da religioni o culture diverse per una convivialità delle diversità e non un’opposizione.
D. - Alla conferenza verranno presentate alcune testimonianze concrete di dialogo, di costruzione di ponti
R. - Sì, ad esempio una delle partecipanti viene dalla Giordania. È una giornalista che racconta che il suo lavoro è anche improntato su questo atteggiamento di rispetto per la diversità delle culture, delle religioni soprattutto, per contribuire a costruire una società dove ci sia un’accettazione reciproca. C’è poi un’altra signora che viene dall’Iraq. Lei ha un’organizzazione non governativa che lavora per i diritti umani. Di questa organizzazione, di cui lei è la presidente, fanno parte anche dei musulmani che lavorano insieme per il rispetto e per la dignità della persona a prescindere dalle proprie appartenenze religiose. Questo mi sembra un lavoro di aiuto a questo percorso molto lungo - ma che dobbiamo fare - di riconciliazione e, possibilmente, di costruzione della pace.
D. – Purtroppo, però, sono ancora poche le donne nei luoghi di comando e di decisione. Perché allora puntare sulle donne per la pace?
R. - Perché intanto hanno gran parte della responsabilità educativa dei figli; perché nelle nostre comunità ecclesiali le donne hanno una grande responsabilità anche in termini educativi dei più piccoli, dei più giovani, quindi possono influire sulla cultura ed educare a questa possibile convivenza seppur nella diversità. Le occasioni straordinarie certamente servono, ma poi il lavoro va fatto nella quotidianità. È nel quotidiano che incontriamo le persone, sul posto di lavoro o con le amicizie ed è in questi ambiti che bisogna trasmettere la parola buona intesa come una possibilità di attuare questa pace.
D. - L’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche raggruppa circa 100 organizzazioni femminili cattoliche di tutto il mondo. Questa realtà di aggregazione di donne impegnate è in crescita?
R. - È in crescita soprattutto nei continenti dove la nostra fede è in espansione, quindi in Africa, in Asia, in America Latina. C’è questa crescita perché noi cerchiamo di spingere le donne ad avere una responsabilità, ad essere protagoniste. Quindi è un modo - magari per noi già più scontato - per alcune situazioni e in molte realtà, di sentirsi unite e quindi insieme essere sempre più consapevoli del dono che siamo e che ciascuna di noi porta dentro di se e che può mettere insieme agli altri, per arricchire gli altri e per arricchire la comunità ecclesiale. E questa è una cosa che appassiona molto. Quindi non bisogna nascondere sotto terra questo talento che abbiamo ricevuto - che sia uno, cinque o dieci, quello che sia - ma bisogna metterlo a frutto per il bene di tutti.
(Da Radio Vaticana)
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