Corridoi Umanitari
Non abbiamo paura di voi, siete nostri fratelli. Siete accolti non da un’istituzione fredda, ma dal cuore degli italiani
“Non abbiamo paura di voi, siete nostri fratelli. Siete accolti non da un’istituzione fredda, ma dal cuore degli italiani”. Con queste parole Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha accolto ieri mattina all’aeroporto di Fiumicino un gruppo di 25 rifugiati provenienti dal Corno d’Africa, arrivati in Italia grazie ai Corridoi Umanitari.
Il progetto dei Corridoi Umanitari è nato nel 2016 grazie ad una collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese ed il Ministero degli Interni Italiano, ed ha consentito nel corso dell’ultimo anno l’arrivo di oltre 1.000 profughi siriani in sicurezza (viaggio aereo al posto dei barconi) e legalità (documenti in regola, permessi umanitari per persone in condizione di vulnerabilità). Le associazioni proponenti si sono poi occupate – con successo – di curare l’integrazione “quotidiana” dei nuclei familiari, in collaborazione con Diocesi, associazioni di volontariato e Parrocchie sparse in tutto il territorio nazionale.
L’arrivo dei primi 25 rifugiati africani segna però l’inizio di una nuova avventura, ovvero l’apertura di un Corridoio Umanitario aperto da Sant’Egidio insieme alla Cei, alla Caritas ed alla Fondazione Migrantes. In pratica, la Chiesa Italiana non è più solo spettatrice del progetto, ma ne è promotrice ed organizzatrice. Potremmo dire che, in maniera molto concreta, la CEI ha risposto in maniera positiva ai numerosi appelli lanciati da Papa Francesco (che a sua volta portò con sé a Roma di ritorno dall’isola di Lesbo 12 profughi siriani) in favore della accoglienza e della integrazione dei migranti, non “numeri” ma persone in carne ed ossa. Attraverso il “Corridoio CEI” saranno accolti – ed aiutati ad integrarsi – in Italia oltre 500 profughi provenienti dal Corno d’Africa, che si sommeranno ai 2.000 rifugiati siriani e libanesi già arrivati o in procinto di farlo col primo Corridoio. Finora abbiamo parlato di numeri.
“Valori” importanti, ma dietro ognuno di questi c’è una persona ed una storia, come quella di Efrem, 25 anni, eritreo, che ha rivisto ieri sua sorella Shewa, 38 anni, che lo aveva lasciato quindicenne. Un lungo abbraccio e lacrime di gioia. Shewa aprirà le porte della sua piccola casa ad Orvieto dove vive col marito e tre figli. Dopo la fuga del marito dall'Eritrea, era partita incinta anche Shewa, attraversando il Sahara e il Mediterraneo, lasciando suo malgrado una figlia piccola. Arrivata in Svezia, Shewa è stata respinta in Italia per la clausola di Dublino. Poi anche la bambina ha avuto il ricongiungimento.
Ora, divenuta cittadina italiana, la donna riabbraccia il fratello: «È un miracolo, devo tutto a queste persone meravigliose». Ci sono poi i sette somali accolti dalla diocesi di Ragusa: Ali Mohamed Abdi, 54 anni, la moglie Kadija Hussen, 31 anni e i loro cinque bambini tra i 15 e 2 anni. Musulmani, sono stati perseguitati da un gruppo islamico fondamentalista. E una delle bambine è affetta da lupus, una grave malattia autoimmune che si è già portata via un fratellino. La Caritas di Ventimiglia invece accoglie un papà sud-sudanese, solo coi suoi due bambini, una dei quali ha un grave problema a un occhio.
Ho trovato molto lucide e pungenti le osservazioni di Monsignor Galantino, Segretario Generale della Cei: “Con grande piacere noto una accresciuta e lodevole sensibilità nei confronti degli animali. Mi piacerebbe che la stessa sensibilità venisse estesa a tutte le persone che vivono situazioni di fragilità. Ho visto in tv dei blitz per liberare gli animali dai canili, mi piacerebbe ci fossero blitz per liberare anche le persone, non chiuderle”. “Bisognerebbe sviluppare una sensibilità meno ad intermittenza e fare entrambe le cose: stare attenti alle persone e agli animali. Vorrei diventasse uno stile di tutti gli italiani”.
I Corridoi Umanitari sono una vera “lotta di liberazione”, dal male, dalla guerra, dalle ingiustizie e da una certa “burocrazia della solidarietà e della accoglienza”. Il Belpaese è noto nel mondo per il Made in Italy: Armani, la Ferrari, per non parlare delle eccellenze eno-gastronomiche. Grazie all’esperienza dei Corridoi Umanitari, replicata ad oggi dalla Francia e dal Belgio ma che ha suscitato l’interesse di molti paesei europei, l’Italia esporta nel mondo un modello di accoglienza e di integrazione possibile.
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