Contro la paura non serve coraggio ma saggezza
Sull'ultimo saggio di Vito Mancuso
«E' sbagliato pensare che il coraggio sia sempre solo positivo, così come è sbagliato pensare che la paura sia sempre solo negativa. Non c’è niente al mondo che sia sempre positivo o sempre negativo.L’acqua è la fonte della vita ma può diventare alluvione, il fuoco ci scalda ma si trasforma in incendio, l’aria ci tiene in vita ma come uragano semina morte, la terra ci nutre e la chiamiamo madre però a volte trema e si fa terremoto. Quanto detto dei quattro elementi della fisica antica vale per ogni altra realtà». L’ultimo saggio del teologo e filosofo italiano Vito Mancuso, Il coraggio e la paura, è consacrato alla conoscenza di sé — tema ricorrente negli studi e scritti di Mancuso — attraverso il prisma delle nostre paure. L’idea del pamphlet, come spiega l’autore, nasce d’altronde in un momento in cui l’Italia, ancora in Fase 1, era paralizzata dalla paura, e Vito Mancuso era intervenuto sulla stampa scrivendo commenti e rilasciando interviste. Come affrontare la paura? Cos’è il coraggio?
A partire da Aristotele, coraggio e paura sono sempre stati pensati ed elaborati assieme. Per l’autore dell’Etica Nicomachea, la virtù del coraggio si comprende infatti solo a partire da un’analisi di quest’emozione. Non è coraggioso chi afferma di non aver mai paura — è soloun temerario, ossia un irresponsabile: non rendendosi conto delle minacce, rischia infatti di mettere in pericolo se stesso e gli altri — ma chi, consapevole delle difficoltà e delle minacce, sceglie di affrontare il pericolo attraversando la paura che prova, utilizzandola come stimolo, facendone il perno su cui appoggiarsi. Non è affatto ad Aristotele, però, che si rifà Vito Mancuso nel proprio libro. Al teologo interessa intrecciare la spiritualità orientale, la filosofia classica e gli insegnamentidella tradizione cattolica, e spostare così l’asse dal coraggio alla saggezza. Spaziando da Epicuro a Thich Nhat Hanh, e passando attraverso Omero, Pascal, Leopardi, Wittgenstein, san Francesco, e Buddha, la tesi di Mancuso è che solo la saggezza può permetterci di superare panico e ansia. Una saggezza chesi ancora all’istinto di sopravvivenza e al senso del dovere, ma anche al riconoscimento sociale e all’esempio ricevuto. Una saggezza, soprattutto, che inizia con l’elaborazione delle informazioni che si ricevono dal mondo, va avanti quando si fa lo sforzo di toccare la propria interiorità nella solitudine e nel raccoglimento, e diventa coscienza morale quando si giunge a «distinguere se stessi dal proprio comportamento, due in uno, un po’ come quella bilancia per la pesatura dell’anima della psicostasiadicuiparlavano gli antichiegizi ». A differenza del coraggio che, per Mancuso, è caratterizzato dalla forza di volontà, la saggezza è invece il frutto del «lavoro dell’intelligenza luminosa, calma e benevola». Sono numerosi i passaggi in cui il teologo insiste sulla quantità di energia libera che si muove in ciascuno di noi e che ci rende vivi: è su quest’energia che ci si deve basare per attraversare la paura, non solo quella che si è scatenata durante la pandemia, ma anche tutte quelle paure che c’erano già prima. Per Mancuso, spetta a ognuno di noi il compito di interrogarsi su quali siano le proprie paure — «Una cosa è certa: la conoscenza di sé passa attraverso la conoscenza delle proprie paure»—al fine di distinguerle e superarle. Fermo restando che la meta è la stabilità interiore, e che per raggiungere questa meta dobbiamo affrontare con coraggio — questa volta sì, il coraggio è necessario — il compito di conoscere, ripulire e trasformare noi stessi.
Il messaggio che Vito Mancuso vuole in fondo trasmettere attraverso Il coraggio e la paura è quello del cambiamento: se vogliamo riprenderci in mano la nostra vita, dobbiamo cambiare, o almeno far di tutto affinché il cambiamento sia possibile; è solo quando la sapienza e la scienza torneranno a essere strettamente connesse nella società e nella vita di ognuno di noi, infatti, che sarà possibile scacciare le emozioni negative che ci impediscono di inoltrarci nel mare aperto dell’esistenza: «Ogni giorno così: rottura di simmetria e ricomposizione di simmetria, martello e cazzuola, forbici e colla. È la ricerca diarmonia, è la vita come danza sulle pendici di un vulcano».
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