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COME PACIFICARE SE STESSI, SULLE ORME DI FRANCESCO

Edoardo Scognamiglio
Pubblicato il 20-10-2017

Dobbiamo superare pregiudizi, stereotipi e fobie

I fatti incresciosi legati al terrorismo internazionale ci dicono che abbiamo bisogno di educare le nuove generazioni al dialogo, all’incontro, al rispetto delle diversità, alla libertà religiosa, rispettando i diritti di tutti, soprattutto delle minoranze etniche e religiose. Dobbiamo superare pregiudizi e stereotipi, fobie e ingenui irenismi: l’umanità vive dei profondi conflitti che appaiono irrisolvibili senza l’impegno di ogni persona alla pace, alla giustizia, al rispetto delle differenze.

Anche innanzi al desiderio di Gesù – che porta dentro di sé il sogno del Padre, ossia vedere gli uomini e le donne di ogni tempo e luogo fratelli e sorelle tra di loro –, san Francesco diventa un modello di unità, uno strumento di pace, un testimone e un profeta del dialogo e della comunione. Egli, infatti, aveva compreso che solo pacificando i cuori, le menti e le anime, ossia se stessi, sarebbe stato possibile vivere in questo mondo con gioia e restando in comunione con gli altri e in armonia con tutte le creature del Cielo e della Terra. Francesco, il Poverello, è testimone verace di chi, trovando pace in se stesso – riconciliandosi con il proprio “io” – riesce a scoprire la presenza degli altri (fratelli e sorelle) come dono ricevuto per sé direttamente dall’Onnipotente e Bon Signore.

L’unità è il segno di un cammino lunghissimo che l’umanità – e non solo le Chiese e le comunità cristiane – deve ancora compiere nel vissuto quotidiano, attraverso gesti semplici ma preziosi di accoglienza, di perdono, di confronto, di carità, di solidarietà, di comunicazione fraterna e serena. L’unità tra i cristiani, poi, deve diventare uno stile di vita, ossia una tensione profonda – più di un sentimento – che plasma e anima il lavoro quotidiano di noi tutti per il Vangelo, per la missione, per la pace.

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