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Beati 9 seminaristi spagnoli, martiri nelle Asturie

Roberta Barbi Vatican News
Pubblicato il 09-03-2019

Non c’è prova più grande di dare la vita per quello che si ama: è questo l’insegnamento dei martiri tra i quali annoveriamo i nove nuovi Beati di oggi, tutti giovanissimi, che preferirono morire piuttosto che nascondersi essendo perseguitati a causa della loro fede. Seminaristi, tutti, innamorati del Signore e che avevano già fatto una scelta ben precisa: offrire la propria vita a Lui. Lo hanno fatto, fino all’ultimo sacrificio. Una scelta di fedeltà a Cristo “che deve essere d’insegnamento a tutti i sacerdoti a prendere sul serio la propria chiamata”, sottolinea il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. 

La Spagna sull’orlo della guerra civile

Il 1934 nelle Asturie è un anno molto difficile: si moltiplicano le rivendicazioni sindacali dei minatori, le forze della sinistra anarchica si uniscono con l’obiettivo di abolire la Costituzione repubblicana e instaurare uno Stato socialista. Sono i prodromi di quella che sarà ricordata nella storia come la Guerra civile spagnola, che infurierà tra il 1936 e il 1939 e a sua volta farà da preludio alla Seconda Guerra Mondiale. La rivolta delle Asturie, accuratamente preparata nei mesi precedenti, scoppia il 5 ottobre 1934 con l’attacco alla Guardia civil. Ci sono scontri ovunque, ma i più sanguinosi sono a Oviedo, dove molte persone, soprattutto sacerdoti e religiosi, vengono giustiziati senza un perché. “Saranno 6832, alla fine, le vittime della guerra civile spagnola solo tra preti, religiose e religiosi. A questi si devono aggiungere tutte le vittime laiche, uccise solo perché professavano la religione cattolica”, ricorda il cardinale Becciu.

I seminaristi di Oviedo, testimoni scomodi di fede

Alla fine dell’estate del 1934 Angel Cuartas Cristóbal è uno dei tanti seminaristi che finite le vacanze in famiglia dovrebbe tornare nel seminario maggiore di Oviedo, dove studia e dove qualche mese prima era stato ordinato suddiacono. Ottavo di 9 figli, è l’orgoglio della sua famiglia, quella stessa famiglia che gli consiglia di non tornare a Oviedo. Stanno accadendo cose brutte. Lui, però, non obbedisce: sa che il Signore lo vuole lì, a fare il suo dovere, fosse anche quello di essere ucciso “in odium fidei”, come i 5 compagni che come lui avevano deciso di rientrare. Ecco chi erano questi giovanissimi martiri: Mariano Suárez Fernández, deciso a continuare gli studi perché quell’anno deve prendere i voti; Jesús Prieto López, di famiglia talmente povera che i suoi studi erano stati pagati dal parroco; César Gonzalo Zurro Fanjul, che muore urlando “Viva Cristo Re! Viva la Spagna cattolica!”; José María Fernández Martínez, orfano di madre e figlio di un minatore; Juan José Castaňon Fernández, il più piccolo del gruppo: ha appena 18 anni. Il più grande tra loro solo 24.

L’intensificarsi del conflitto: i martiri del 1936-37

La situazione peggiora e la violenza, come un virus, dilaga in tutto il Paese: “L’ateismo doveva essere il nuovo volto dell’uomo moderno”, evidenzia il cardinale Becciu. E questa ideologia continua a mietere vittime, laiche e religiose, come gli altri tre giovani beatificati oggi. Manuel Olay Colunga, già scampato alla morte nelle Asturie due anni prima, riuscirà a nascondersi per un anno prima di essere trovato e ucciso; Sixto Alonso Hevia, arrestato assieme al padre, fervente cattolico, e con lui detenuto a lungo nella parrocchia del paese, adibita a carcere, prima di essere martirizzato nel 1937; infine Luigi Prado García, che aveva fatto anche il servizio militare, assassinato sulla spiaggia di Gijon. “Mi sento piccolo davanti a queste figure – conclude il suo racconto il cardinale Becciu – il loro è un invito rivolto a me e a tutti i sacerdoti a vivere con pienezza e serietà la nostra vocazione”. (Vatican News).


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