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Anno nuovo. Vita nuova?

Mauro Gambetti Ansa - ALESSANDRO DI MEO
Pubblicato il 03-01-2018

Occupiamoci dello sviluppo della democrazia invece che rassegnarci al suo ripiegamento e alla sua implosione

L’Italia si avvia verso una nuova fase politica, che avrà nelle prossime elezioni un passaggio importante. Allarghiamo lo sguardo e scrolliamoci di dosso quel senso di autocommiserazione che non si addice ad una civiltà benedetta come la nostra! Offriamo ai nostri figli i presupposti per una vita bella, per tutti! Occupiamoci dello sviluppo della democrazia invece che rassegnarci al suo ripiegamento e alla sua implosione. Non è forse giunto il momento di avviare un nuovo processo di crescita sociale integrale? Non è forse questo il tempo di ripensare il nostro statuto di civiltà, il tempo di una revisione della Costituzione per governare i cambiamenti socio-economico-culturali?

Smarriti gli orientamenti valoriali costitutivi della persona e della convivenza umana, una democrazia fondata sul lavoro come la nostra difficilmente riesce ad evitare l’asservimento dei cittadini alle logiche di mercato. Quest’ultimo, improntato all’efficienza produttiva, è oramai il solo artefice ed arbitro nella creazione e sperequazione di ricchezza. Il principio di solidarietà, seppur lodevole, non è più sufficiente a rendere coesa e sostenibile la società. L’attuale modello di Welfare State, con una formula di apparente giustizia sociale, è superato, anche perché sta producendo una moltitudine di emarginati.

Oggi occorre riferirsi ad un più ampio principio fondativo della democrazia, che integri in un nuovo paradigma culturale e politico quanto di buono ereditiamo. Come si sa, insieme alla libertà e alla parità dei cittadini nella dignità e nei diritti fondamentali, la Costituzione prevede che ciascuno concorra responsabilmente secondo il suo proprium al progresso materiale o spirituale della società. Sono queste alcune concretizzazioni dello spirito fraterno. Credo che tale orizzonte vada esplicitato ed allargato. Insomma, sogno una Repubblica che assurga a fraternitas – cioè, a fraternità, non a fratellanza –, dove gli uguali possano essere diversi, i beni relazionali vengano prima di quelli materiali, il bene comune – rimesso al centro della politica – prevalga sull’interesse privato, che pur dovrà essere promosso nella libertà.

Se la politica avrà il coraggio di sviluppare il principio della fraternità, sarà più semplice ordinare i rapporti tra Stato, Regioni e Comuni secondo il binomio autonomia-dipendenza, sarà naturale incoraggiare la famiglia e rispettarne l’originario diritto di dettare i ritmi della vita sociale, sarà ovvio favorire la libertà d’impresa e il merito, sarà immediato orientare la condivisione dei beni allo sviluppo sostenibile piuttosto che all’assistenzialismo e, non ultimo, sarà impegno principale della politica estera promuovere corresponsabilità, condivisione e integrazione tra i popoli.

Ci rivolgiamo a te, Francesco, fratello di tutti: indicaci la via della fraternità, che conduce a godere del bene altrui come del proprio e porta ad una gioia tanto maggiore quanto più grande è la gioia di tutti gli altri.

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