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Adenauer, Schuman e De Gasperi: ecco chi sono stati i tre padri fondatori dell'Europa

Antonio Tarallo Pixabay - Geralt
Pubblicato il 02-05-2018

“Abbracciatevi, moltitudini! / Questo bacio vada al mondo intero! / Fratelli, sopra il cielo stellato/ deve abitare un padre affettuoso”. Versi di Shiller, poeta tedesco, cantore dell’Inno alla Gioia. Musica di Ludwig van Beethoven. Anche se i personaggi dell’Europa a cui è dedicata questa seconda puntata fanno riferimento agli anni ’50, e la musica immortale della Nona Sinfonia fu adottata solo nel 1972 come inno europeo, sembrava opportuno iniziare questo approfondimento con un ideale di fratellanza e amore, e quindi di pace, così ben espresso in questi pochi versi immersi nell’assoluto della musica, dove l’unica lingua importante è quella dell’anima.



Di ideali si è trattato fin da subito per la costituzione della Unione Europea. Al suo sorgere si chiamava Ceca. Era il 1950. La prima “nota”, o come si suol dire “il là” lo diede un francese, Robert Schuman: la sua “Dichiarazione”, presentata come Ministro degli Affari esteri del Governo Francese (9 maggio 1950), viene considerata il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa. La dichiarazione nasceva dal desiderio di superare la rivalità storica tra Francia e Germania, paesi legati alla produzione di carbone e acciaio.  Da qui il nome di Ceca, Comunità del carbone e dell’acciaio che troverà poi la sua piena realizzazione un anno dopo, nel 1951, con il cosiddetto “Trattato di Parigi”. Tendere la mano ai nemici sconfitti, far sì che la Germania non venga frazionata in tanti piccoli staterelli e umiliata oltre misura, ma - soprattutto - mettere in comune le basi dell'economia industriale. Questo il programma. Vasto, importante, e di ampie vedute, sia storiche che di ideali.



Ma è necessario comprendere lo scenario che troviamo dietro a questo “nuovo personaggio” che si affaccia nella Storia. I sei paesi fondatori della Ceca (Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi), pur nella comune devastazione, partivano da situazioni differenti.   La seconda guerra mondiale aveva creato lacerazioni profonde in tutti i paesi facenti parti del nuovo soggetto politico. L’Italia soprattutto era un paese fortemente arretrato. Più del 30% della popolazione attiva era infatti impiegata in agricoltura. La nostra produzione industriale era ridotta a un quarto rispetto al 1938, e quella agricola a poco più della metà. Deficit statale pauroso, e le importazioni industriali ammontavano al 57% del nostro fabbisogno. Tutto questo scenario si sviluppava in una Paese con enormi conflitti sociali. I padri fondatori capirono che non si potevano permettere di avventurarsi in una costruzione politica senza prima aver avviato un'integrazione economica.



Ma chi erano questi padri fondatori? Uno lo abbiamo nominato prima, Robert Schuman. Ma altri due personaggi hanno contribuito a costruire l’Europa: Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi.   Un francese, un tedesco, un italiano. Tre uomini che hanno vissuto sulla propria pelle gli orrori della guerra, tre perseguitati dal nazifascismo, tre statisti. Tre cristiani. Riassumere in poche righe le loro biografie sarebbe una impresa ardua e poco esaustiva.  La grandezza delle loro storie nella Storia è davvero ampia e si correrebbe il rischio di ommettere importanti passaggi. Viviamo, allora, per un attimo i loro pensieri sull’Europa attraverso le loro parole, colpi di scappello che hanno scritto le prime pagine del “libro europeo”.

 



“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”
. E’ il primo della triade a parlare, Schuman. E’ l’inizio della Dichiarazione del 1950. Si parla di creatività, si parla di civiltà e pace: questo è l’intento della nuova formazione fra gli Stati. Forse, con lo sguardo di oggi, potrebbe anche risultare banale tutto ciò. Ma, catapultato in quel momento storico così particolare, una visione del genere ha certamente del “visionario”, del “coraggioso”. E, ancor più avanti, troviamo un termine fondamentale, la “solidarietà”: “Essa (l’Europa) sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.



In un discorso del 20 luglio 1952 Adenauer, Cancelliere della Germania Occidentale dal 1949 al 1963, affermò: “Uno dei principi fondamentali del Cristianesimo è l’amore del prossimo e il rispetto del prossimo. Ora, questo principio non vale soltanto per l’individuo, ma anche per l’atteggiamento dei popoli gli uni nei confronti degli altri”. L’impatto degli “ideali cristiani” sulla politica e sulla futura forma politica dell’Europa sembra più che chiaro. Ma c’è un altro discorso che ben delinea la visione europea del leader tedesco. Era il 1950, quando pronunciava: “Stiamo vivendo in un tale periodo: in questo periodo si deciderà, se si salveranno per l’umanità la libertà, la dignità umana, il pensiero cristiano-occidentale, o se lo spirito delle tenebre e della schiavitù, questo spirito anti-cristiano sventolerà la frusta sopra l’umanità che sta indifesa a terra. Credetemi, amici, non esagero: parole sono troppo deboli per riportare ciò che minaccia i popoli liberi”. Parole che possono essere state scritte ieri. La grandezza, in fondo, di uno statista è racchiusa nel suo messaggio “profetico”.



Passiamo ora al terzo “papà” dell’Europa, Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio nell’Italia post-bellica. “Io affermo che all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo colto del diritto ereditato degli antichi, col suo culto della bellezza affinatesi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria”.



Sono parole di fraternità, dove l’Uomo nella sua unicità riesce ad essere in comunione con il “fratello” vicino. Non più barriere, ma solo un’iride di Pace. La luce della pace, quella della lampada.


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