cronaca

Il tango di Auschwitz e i musicisti internati prima di scomparire nei lager

ORAZIO LA ROCCA
Pubblicato il 25-01-2018

“Il tango di Auschwitz”; “La Messa di Dacau”; “Il coro delle ebree italiane di Birkenau”. E poi, ancora concerti classici, sinfonici, folk, cabarettistici. Come dire, comporre musica ed esibirsi nei campi di concentramento nazisti prima di morire. Trovare l'ispirazione giusta per trascrivere ex novo arie liriche, partiture sinfoniche, canzoni di jazz e di cabaret in attesa delle camere a gas, sotto il peso di atroci violenze fisiche e psicologiche. Impossibile da crederci. Detta così sembra una sorta di una delle tante favole amare sorte intorno alle cieche violenze nazifasciste, frutti perversi figli dagli orrori della seconda guerra mondiale subiti da milioni di innocenti nei campo di sterminio. Eppure è tutto vero, perché c'è “qualcosa” che non è morta nei lager nazisti, malgrado la furia omicida delle SS, le camere a gas, le persecuzioni, i lavori forzati, le atrocità che portarono allo sterminio di circa 6 milioni di ebrei innocenti.

È la musica – in tutte le sue forme classica, sinfonica, lirica, jazz, leggera – composta quasi tutta clandestinamente da un manipolo di irriducibili musicisti internati – finora ne sono stati individuati oltre 1600 - che, prima di scomparire nei lager tra atroci sofferenze, ebbero la forza di dare vita a spartiti, arie, opere, componimenti classici e leggeri, e soprattutto cantare al cospetto dei loro aguzzini. Come, ad esempio, Frida Misul grande cantante ebrea livornese, che grazie alla sua voce (tra i suoi cavalli di battaglia “Mamma”, “Ave Maria” e la romanza della Butterfly) fece piangere la sua kapò aguzzina che la salvò da sicura morte. Musicisti-eroi rastrellati dalle varie comunità ebraiche europee, Italia compresa, tra i quali anche il compositore triestino Bruno Weiss, uno dei pochissimi artisti che riuscì a scappare da un campo di concentramento; ma anche musicisti nativi in aree vicine come la Slovenia e l'Austria.

Il più noto e il più prolifico, l'ebreo tedesco Victor Ullmann, autore di 24 opere, tra cui la monumentale “Il re di Atlantide”  critica verso Hitler, per la quale fu messo a morte nelle camere a gas di Auschwitz.  Artisti dopo circa 70 anni dalla fine della guerra usciti dal tunnel dell'oblio grazie al lavoro di ricerca del professor Francesco Lotoro, pianista, docente del Conservatorio “U.Giordano di Foggia”, esponente della Comunità Ebraica di Trani, una vita dedicata al recupero delle musiche nei lager nazisti, che a ragione definisce “patrimonio dell'umanità” che merita di essere conosciuto dal grande pubblico “sia dal punto di vista morale che artistico”.


  Tra i 1600 autori internati – racconta il professor Lotoro – c'era anche il maestro ebreo Bruno Weiss nato a Trieste l'1.11.1909 e morto a Silba, in Croazia, il 3.9.1992.Cambiò – con la vana speranza di sfuggire alle persecuzioni naziste -il suo cognomedaWeissaBjelinski(derivazione della parolaBijeli, che significabiancoinlingua croata). Laureatoin giurisprudenzapresso l'Universitàdi Zagabria, successivamente studiò musicapresso l'Accademiadi Musicadi ZagabriasottoBlagojeBersaeFranjoDugan. Durante laSeconda Guerra Mondialefu rastrellato e internato inun campo di concentramento delle SS,manel 1943, conl'aiuto di unamico, riuscì a fuggiree si unì aipartigianisull'isola diKorčula. Scrisseopere, balletti, sinfonie, 2 concerti per violoncello, musiche per pianofortee altro, molte delle quali concepite negli anni trascorsi nei lager. Anche la vicina Slovenia ha avuto i suoi compositori-eroi vittime dei nazisti. Tra i nomi più significativi Božida Kantušer, nato a  Pavlovci il 5.12.1921 e morto a Parigi il 9.5.1999, come Weiss uscito indenne dai campi nazisti per pura fortuna. Compositore, studiò violino e viola presso lascuola di musica di Celje. Nel 1941 fuggì dainazistie riparò aLubiana, dove studiò composizione conSrečkoKoporc. Molto impegnato in attività politiche antinaziste, fu arrestato dai fascistinel 1942e deportatopresso un Campo di concentramentoperSlaviin Italia, dove continuò la sua attività di compositore pur in mezzo a tante difficoltà.  Al suo ritornodal confinonel 1943, fu colpito gravamente dal paratifo. Dopo la fine dellaGuerrasi stabilìdi nuovoa Lubiana per continuare i suoistudi di composizioneconKoporc. Nel 1950 si trasferì a Parigi.


  Un altro musicista sloveno internato dai nazisti fu Blaž Arnič. Docente, attivista politicoe scrittore, nel 1932si iscrisse al PartitoComunistadi Jugoslavia. Arrestato eimprigionatonel 1934aSremskaMitrovica, dove rimase prigionieroper 4 anni. In seguito tornò aCelje, dove nel 1940 fu nuovamente arrestato, eimprigionatoaBileca.  Qui scrisse lafamosa canzoneBilečanka componendo testo e musica. Nel 1941si unìai partigianijugoslaviin Slovenia. Durante l'occupazionetedesca dellaSlovenia2 suoifiglimorironodi stenti.


  Tra i musicisti internati ed uccisi ad Auschwitz, l'ebreo austriaco Marcel Tyberg, nato a Vienna il 27.1.1893 e morto il 31.12.1944. Pianista e compositore tra i più geniali della sua epoca, dopo il 1920lafamiglia si trasferì ad Abbazzia (Opatija);nel 1944Tybergfu arrestato e internato prima alla Risiera di San Saba e successivamente ad Auschwitz–Birkenau, dove trovò la mortenel dicembre 1944. Scrisse Sinfonie, Sonate e altri grandi capolavori, molti dei quali anche durante i mesi di reclusione.


  Lunga è la lista dei nomi e delle musiche composte nei lager – a partire da Auschwitz, ma anche da tanti altri analoghi luoghi di internamento sparsi in Europa e nei vari teatri di guerra nel corso della seconda guerra mondiale -. Una piccola, ma significativa, rassegna di quegli spartiti è stata eseguita alll'Auditorium Parco della musica di Roma in occasione della recente giornata della Memoria e del settantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz nel concerto  “Tutto ciò che mi resta – Il miracolo della musica composta nei lager”, con la partecipazione straordinaria di Ute Lemper. L'evento – curato dal professor Lotoro - si è svolto sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana ed è stato organizzato da Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese e dalla Fondazione Musica per Roma in coproduzione con l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. I testi e le musiche – alcuni tra i brani più significativi delle opere catalogate e salvate dai lager e inserite nella monumentale enciclopedia Tesaurus Musicae Concentrationariae curata dal professor Lotoro – sono stati interpretati da un cast di artisti internazionali.

Ute Lemper ha contato in maniera suggestiva ed ispirata  “Il Tango di Auschwitz”, musica scritta da un anonimo compositore ebreo prima di entrare nella camera a gas. L'attore Marco Baliani ha letto la genesi degli spartiti composti nei campi da autori ebrei che, “tra le atrocità del posto, erano costretti dai loro aguzzini ad esibirsi, tra l'altro, per intrattenere i gerarchi nazisti, a comporre musiche originali, molte delle quali furono tenute nascoste, un patrimonio artistico-musicale che solo dopo lunghe ricerche svolte nel dopoguerra, ora possono vedere la luce”, spiega Lotoro nel corso dei suoi incontri culturali in giro per l'Italia. Dalle ricerche del professore (“Ma c'è ancora tanto da lavorare e da scoprire”, è solito ripetere) risulta che gli oltre 1600 musicisti internati composero circa 5 mila le partiture “solo il 10 per cento delle quali finora totalmente recuperate, circa 500 composizioni”.

Vale a dire note struggenti concepite da una comunità internazionale di musicisti, in gran parte ebrei, ma anche di altre nazionalità, che nei momenti più bui della seconda guerra mondiale furono in grado comporre musica per “combattere” con le sole note le atrocità naziste e di dare vita anche a decine di formazioni musicali, sia maschili che femminili, come a Birchenau, come ad Auschwitz dove si esibivano contemporaneamente ben sei gruppi, tra cui anche complessi jazz e cabaret. In un altro lager, Buchenwald, suonava un'orchestra di 84 musicisti; decine di compositori e musicisti operavano a Terezìn, il campo in cui i nazisti concentravano la gran parte degli artisti. Maestri francesi erano costretti ad esibirsi per gli ufficiali nazisti e i più bravi cabarettisti olandesi, tra i quali il famoso duo Johnny&Jones, suonavano a Westerbork e diversi cori femminili (tra cui quello delle ebree italiane di Auschitz) si trovavano a Ravensbrurk.


  Il gruppo più noto è forse quello che appare nella storica gigantografia esposta ancora oggi all'ingresso di Auschwitz, “dove i musicisti su ordine degli aguzzini nazisti erano costretti a suonare tutti i giorni per dar vita ad un finto clima di serena accoglienza per l'arrivo degli internati”, quegli stessi musicisti che, insieme a tanti altri sfortunati colleghi – conclude Lotoro - “composero musiche struggenti che l'atrocità nazista non riuscì a distruggere e che oggi contribuiscono a ricordarci, con la forza della musica, uno dei momenti più drammatici della nostra storia. Per non dimenticare”.

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