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10 Santuari Francescani da non perdere in Italia Centrale

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Pubblicato il 02-03-2019

Ci sono semplici conventi francescani e ci sono i santuari francescani

Ci sono semplici conventi francescani, dove vivono i frati seguaci del messaggio del Poverello di Assisi (Minori, Conventuali, Cappuccini) e ci sono i santuari francescani, che sono anche conventi ma che possono vantare nella loro storia una presenza reale del santo. Seguendo le Fonti Francescane si possono ricostruire tutti i movimenti di Francesco e i luoghi da lui visitati. Oggi grazie alla Via di Francesco che unisce gran parte di quei luoghi tra Toscana, Umbria e Lazio è anche possible compiere un percorso spirituale, storico e artistico che ha pochi eguali in Italia. Il percorso che vi suggerisco segue in gran parte il tracciato della Via ma prende in considerazione solo i conventi dei Frati Minori tralasciando quelli dei Conventuali (come il Sacro Convento di Assisi) o dei Cappuccini come il bellissimo convento delle Celle di Cortona di cui parleremo in post dedicati. I dieci luoghi qui selezionati sono comunque di valore altissimo e si possono comodamente visitare, anche senza percorrere il faticoso Cammino, con un itinerario automobilistico che parte dalla provincia di Arezzo e termina in quella di Rieti.

 

1  Santuario della Verna (Chiusi della Verna, Arezzo) – Detto il Calvario Francescano, perché qui il Santo ricevette le Stimmate, è un luogo di grande suggestione e spiritualità, forse anche superiore a quella che si vive nei conventi di Assisi, spesso troppo affollati dai turisti. Il turismo arriva anche qui perché, specialmente nei giorni festivi, il Santuario, che si trova sui monti del Casentino, diventa una meta per gite. Alla Verna il Santo predicò agli uccelli, qui dormì su un letto di pietra, qui, infine, ricevette da un angelo i segni indelebili della sua comunione con Cristo. Col passare dei secoli ciascuno di questi avvenimenti è stato ricordato con l’edificazione di una cappella: girando nei boschi che circondano il convento si incontrano infatti numerosi oratori, luoghi di meditazione e di memoria: la cappella degli Uccelli, quella delle Stimmate, la cappella del Letto di San Francesco, la prima cella di San Francesco; il Sasso di fra Lupo, dove il Santo convertì un terribile bandito. Tutti i grandi spiriti francescani passarono di qui, lasciando la propria memoria di devozione e ricordo. Oggi il monte della Verna ospita una serie di edifici di epoche diverse, articolati attorno al grande convento, con i tre chiostri (quello quattrocentesco, quello della foresteria e quello di Santa Chiara) e il panoramico “quadrante”, spiazzo dove si aprono la basilica e la chiesa di Santa Maria degli Angeli. Ogni giorno, alle 15, una processione di frati esce dalla basilica e, percorrendo il Corridoio delle Stimmate decorato di affreschi, raggiunge la Cappella memoriale dell’evento miracoloso. È il momento più alto della giornata, che spegne nella forza del canto liturgico anche il clamore dei numerosissimi turisti-pellegrini che ogni giorno salgono fin qui per godere della bellezza del luogo e ricevere forza e speranza dalle memorie del Santo più amato.

 

2 – Convento di san Damiano – Assisi – Ricostruisci la mia casa – Appartato e tranquillo, appena fuori dalla cinta muraria di Assisi, il piccolo convento di San Damiano è tra i luoghi francescani di più alta suggestione e spiritualità. Molte volte accolse il Santo tra le sue mura, fu in seguito la culla delle Clarisse di Santa Chiara, per tornare poi ai Frati minori che da allora lo custodiscono. In questo luogo esisteva una piccola chiesa “molto antica”, fabbricata sul bordo della strada e dedicata a San Damiano «allora in stato di rovina per vecchiaia» (Tommaso da Celano, Legenda prima, cap. 8). Francesco, a cui il Crocifisso ora custodito in Santa Chiara aveva imposto di “restaurare la sua chiesa”, prese il consiglio alla lettera e, venduti tutti suoi beni, consegnò il denaro al vecchio sacerdote che ne aveva cura. Il prete rifiutò il denaro, temendo una burla e Francesco gettò il denaro nella polvere. Sarebbe tornato più tardi a San Damiano ricostruendola quasi con le sue mani e affidandola poi alle sorelle di Santa Chiara. Poco prima di morire, malato agli occhi, vi sostò un’ultima volta e vi compose il Cantico delle creature. Fino al 1250 fu abitato dalle Clarisse, che si trasferirono poi nel nuovo convento cittadino di Santa Chiara. Il convento passò allora ai Frati minori e si può dire che da allora nulla sia cambiato. Entrando in San Damiano infatti (specialmente se si ha la fortuna di farlo in uno dei rari momenti in cui non sia assediato dai torpedoni e dalle comitive) si ha la forte sensazione di essere tornati indietro nel tempo: il refettorio, il dormitorio, il chiostro sono tutti ambienti di estrema suggestione e ogni pietra qui sembra ricordare un fatto memorabile. Nella chiesa c’è la porta da cui Santa Chiara mise in fuga con la sola forza dell’ostensorio i Saraceni che assediavano Assisi; una finestra, a destra, viene indicata come quella da cui il Santo gettò il denaro ricavato dalla vendita dei suoi beni «allora Francesco vero dispregiatore della ricchezza lo getta sopra una finestrella, incurante di esso (il denaro) quanto della polvere» (Tommaso di Celano, op. cit., cap. 9). Un vano della sagrestia fu utilizzato da Francesco per sfuggire alle ire del padre; nell’oratorio di Santa Chiara sono innumerevoli le memorie a lei legate ma, quel che più colpisce nel complesso di San Damiano è la grande omogeneità delle strutture, l’assenza di ogni intervento successivo che ci fa ritornare per un attimo all’epoca mistica ed eroica della fondazione dell’Ordine in un’esperienza rara e indimenticabile.

 

 

3 –Eremo delle carceri – Assisi – La Grotta del Santo – La selva che circonda l’Eremo delle Carceri, costellata di grotte dove vissero in solitudine numerosi frati poi divenuti beati, può essere considerata un unico grande santuario, il luogo dove la venerazione che Francesco aveva per la natura trova la sua massima sublimazione. Qui, in un angolo remoto, isolato tra i boschi sopra Assisi a 791 metri di altitudine, Francesco e i suoi primi compagni solevano ritirarsi per giornate di meditazione nel silenzio (da qui il nome di Carceri con cui è stato conosciuto nei secoli). Ancora oggi sono visibili i segni di quella permanenza, come i ruvidi massi in cui il Santo soleva sdraiarsi per “riposare” o genuflettersi per pregare. Il complesso delle Carceri, con il piccolo convento delle origini, la selva e un convento più grande edificato da San Bernardino, domina dall’alto Assisi ed è ancora oggi un luogo ideale per raccogliersi in profonda meditazione. Nelle celle, appoggiate alla roccia, costruite da San Bernardino e ancora oggi abitate dai frati, è possibile passare giornate di ritiro cercando di rivivere la mistica serenità che fu cara a Francesco e ai suoi primi seguaci. Ogni angolo alle Carceri racconta episodi narrati nelle cronache francescane: la fonte miracolosa da cui sarebbe zampillata l’acqua grazie alle preghiere di Francesco; il piccolo torrente la cui acqua il Santo avrebbe pregato di fermarsi per non disturbare con il suo scorrere la preghiera dei frati; gli alberi presso i quali parlò agli uccelli o alle tortorelle che poi liberò. Tutto il complesso è un invito alla lettura e alla meditazione. Per capire meglio la spiritualità di questo luogo conviene munirsi di una copia dei Fioretti e leggerne dei capitoli passeggiando nella selva. Si potrebbe scoprire che non è poi tanto diversa da come la descrissero i primi discepoli del Santo. Entrati in un cortile, si incontra dapprima la chiesa quattrocentesca, con affreschi e ricordi francescani; una seconda chiesa, più antica e dedicata a Santa Maria delle Carceri, porta alla grotta di San Francesco, dove il Santo sostava in meditazione (vi si trova un Crocifisso in legno del Trecento). Più in basso, sorge il convento di San Bernardino, la cui chiesa conserva un affresco di scuola senese della Crocifissione e un coro ligneo del Quattrocento, il dormitorio con le severe celle addossate alla roccia e il refettorio con tavoli originali e un affresco dell’Ultima Cena.

 

 

4 –Convento della Porziuncola – Assisi-   Le origini – Francesco, dopo aver abbandonato la vita secolare, si «trasferì nella località chiamata La Porziuncola, dove c’era un’antica chiesa in onore della Beata Vergine Madre di Dio, ormai abbandonata e negletta. Il Santo… vi stabilì la sua dimora e terminò di ripararla nel terzo anno della sua conversione...» (Tommaso da Celano, Legenda prima, cap. 21). Questa chiesetta semplice e austera, vera matrice dell’Ordine francescano, esiste ancora, seppur inglobata in un sontuoso santuario eretto a partire dal 1569 su progetto di Galeazzo Alessi e poi ricostruito nell’Ottocento a causa delle pesanti distruzioni dovute a un terremoto. Nel suo maestoso interno (115 metri), la chiesetta appare ancor più umile e il contrasto con il suo fastoso involucro è stridente. Molti dei principali eventi della primitiva storia francescana avvennero proprio qui. Attorno a essa, dove oggi sorge uno tra i più grandi conventi dell’Ordine (il termine protoconvento ne evidenzia in realtà il primato su tutti gli altri, anche sul convento di san Francesco, costruito solo dopo la sua morte e che appartiene oggi alla famiglia dei Conventuali), vennero erette, a partire dal 1209, semplici capanne di creta per ospitare i frati. Francesco infatti non voleva erigervi un convento di impianto tradizionale, dal momento che nella prima fase della sua esperienza religiosa fu sempre attento a evitare di ricadere negli schemi del Monachesimo. Si narra infatti che quando i frati vi eressero una sala capitolare per le loro riunioni, egli la fece distruggere. Fu nella semplice cornice della Porziuncola che Francesco accolse Chiara ed era questo il luogo in cui tornava sempre dopo i suoi viaggi. Vi istituì l’usanza del Perdono di Assisi e vi volle morire, sulla nuda terra, “liberandosi dal carcere della carne”, il 4 ottobre 1226. Se il grande convento a lui dedicato che domina la valle è il luogo memoriale più famoso, la Porziuncola fu per Francesco vivo il vero centro del movimento da lui fondato. Nel 1221 ben 5.000 frati provenienti da tutto il mondo convennero qui per celebrare il grande Capitolo, detto “delle stuoie”, che di fatto consacrò il movimento spontaneo francescano come Ordine, ma che segnò anche la fine della splendida stagione dei “poverelli”, semplici compagni, amici, uniti da uno spirito di fraternità davvero apostolico. Il complesso, che oggi sorge al centro del nuovo borgo di Santa Maria degli Angeli che gli si è sviluppato intorno, non è suggestivo e toccante come altri luoghi francescani (San Damiano, Le Carceri, La Verna, Greccio), ma è indubbio che il suo valore storico e spirituale sia altissimo.

 

5  San Francesco Monteluco – Spoleto – Luogo francescano ricco di storia e di fascino, il convento di San Francesco di Monteluco domina la città di Spoleto dall’alto di un monte di più di 800 metri di altezza. Il Monteluco, un tempo selvaggio e boscoso ma oggi popolato di case di vacanze e piccoli alberghi, è un luogo sacro di antichissima origine, sul quale si sono susseguiti insediamenti pagani e protocristiani. Qui si installarono infatti nei primi secoli del Cristianesimo alcuni eremiti provenienti dall’Asia Minore al seguito di Sant’ Isacco di Antiochia, che diedero origine a una Congregazione autonoma che sopravvisse fino al secolo scorso. Presso i resti di  un insediamento benedettino, posto più a monte rispetto a quello di Sant’Isacco, sorse invece nel 1218 il primo convento francescano. Fu Francesco stesso a fondarlo e vi soggiornò più volte nel silenzio del bosco e in una delle numerose grotte chi si trovano nei dintorni, esperienza che fu condivisa anche dall’altro grande dell’Ordine, Sant’Antonio da Padova. Oggi il luogo è sicuramente meno mistico di un tempo, poiché la bella posizione ha favorito l’insediamento di numerose abitazioni che hanno circondato il convento; nei giorni festivi sono moltissimi i turisti che vi salgono per pic-nic ed escursioni, ma, malgrado questo “disturbo”, il piccolo complesso francescano riesce a mantenere una sua austera dignità. Ristrutturato più volte, una delle quali a opera di san Bernardino da Siena, conserva della struttura primitiva solo il pozzo miracoloso, sette celle trecentesche di sublime austerità e, nell’Oratorio, una pietra utilizzata dal Poverello di Assisi come giaciglio. Queste celle, che hanno un singolare struttura in traliccio di rami legati tra loro con assicelle di castagno poi intonacate, costituiscono un insieme raro per uniformità e atmosfera, che neppure le numerose ristrutturazioni avvenute nel corso dei secoli hanno potuto intaccare. Nel Seicento, infatti, il piccolo nucleo originario venne affiancato da nuovi edifici destinati al noviziato e alla formazione.

 

6. Convento del Sacro Speco – Sant’Ubaldo di Narni – La nobile città di Narni compare molte volte nelle biografie e nei racconti delle origine francescane: passandovi nel corso delle sue continue peregrinazioni, il Santo vi compì infatti numerosi miracoli, vi liberò indemoniati, predicò e convertì molte persone. Durante queste sue frequenti visite Francesco fondò, in una località ancor oggi appartata e silenziosa sulle pendici del monte san Pancrazio, il piccolo convento del Sacro Speco, in cui in seguito sostò più volte. Senza avere la fama dei vicini santuari reatini, o la solennità di quelli della sacra Assisi, il convento di Sant’Urbano resta comunque uno dei più silenziosi e mistici ritiri che l’Ordine francescano possegga oggi in Italia. Attorno a un piccolo e silenzioso chiostro si articolano infatti rustici edifici e la semplice chiesetta che ispirano un senso di vera povertà francescana, quel senso che gli diede soprattutto san Bernardino da Siena, il restauratore dell’Osservanza, che ristrutturò profondamente il convento originario. Il desiderio di un continuo “ritorno alle origini” è del resto fortemente sentito dalla piccola comunità che vi risiede e che cerca di ripristinarvi, per quanto possibile, uno stile di vita quanto più vicino a quello delle prime comunità. Si può allora salire nel bosco fino al luogo in cui si trova un’impressionante spaccatura nella roccia, seguendo un percorso disseminato di inviti alla riflessione. Qui, secondo la tradizione, il Santo si ritirava in meditazione e penitenza (Tommaso da Celano racconta che, una volta che vi restò malato, mutò anche l’acqua in vino). Rispetto al santuario della Verna (vedi), che in un certo senso ricorda, per la presenza della “roccia spaccata”, lo Speco di Sant’Urbano possiede quella tranquillità e quel mistico silenzio che gli derivano dal fatto di sorgere in posizione appartata e di essere completamente al di fuori delle grandi direttrici turistiche. La semplicità del convento lascia inoltre ben poco spazio alla presenza di opere d’arte: la chiesa, praticamente essenziale, l’oratorio di San Bernardino e il chiostro conservano tracce di affreschi trecenteschi e sono esempi quasi intatti di come dovessero essere gli eremi francescani all’epoca dell’Osservanza. Lo Speco può quindi essere considerato come un prototipo, un modello di serafica serenità che, pur nella sua scarna storia, trasmette le sensazioni primarie della spiritualità di Francesco: silenzio, semplicità, povertà, legame con la natura.

 

 

 

7 – Convento di Greccio – (Greccio, Rieti)  Si legge nella Legenda perugina, uno dei testi francescani delle origini, che Francesco amava particolarmente l’eremo di Greccio, posto a pochi chilometri da Rieti. Aveva predilezione anche per gli abitanti di quella terra che, prima della sua venuta, erano assai poco cristiani. Molti di loro, dopo averlo incontrato, entrarono addirittura nell’Ordine e il semplice e severo eremo fondato sulla roccia divenne ben presto un fiorente convento al centro di quella che si sarebbe poi chiamata valle Santa. I numerosissimi riferimenti a Greccio nei testi francescani delle origini evidenziano una particolare frequentazione di questo luogo da parte di Francesco, che nel 1217 vi si ritirò per un certo periodo in assoluta solitudine. La sua prima residenza fu una semplice capanna ricavata da due carpini, sulla sommità del monte Lacerone. Secondo la tradizione, una volta sceso a valle, Francesco venne invitato dagli abitanti a rimanere stabilmente tra loro fondandovi un convento. Preso allora un tizzone ardente, invitò un fanciullo a lanciarlo, promettendogli che avrebbe edificato il suo convento nel luogo dove esso sarebbe caduto. Il tizzone sorvolò prodigiosamente la valle, fermandosi sull’impervia roccia dove ancor oggi si eleva. La costruzione venne intrapresa ma fu solo durante il generalato di san Bonaventura, alla fine del XIII secolo, che il semplice eremo delle origini si trasformò in un vero e proprio convento. Il cosiddetto “dormitorio di San Bonaventura”, con le sue nude celle in legno, originario di quell’epoca e miracolosamente pervenutoci intatto attraverso i secoli, è uno dei più suggestivi e toccanti ambienti ancora presenti nei conventi italiani. Ma il convento di Greccio è universalmente famoso soprattutto perché qui, nel Natale del 1223, il Santo inventò, se è lecito usare questo termine, il presepio, facendo rievocare da personaggi vivi la Natività di Gesù. All’ingresso del convento attuale, la cappella di San Luca, ornata da curiosi affreschi di scuola umbra, è stata ricavata proprio nella grotta dove avvenne la prima sacra rappresentazione. Entrando in questo silenzioso eremo, abitato oggi da una comunità ridotta di frati, si ha subito la forte percezione di una grande tradizione spirituale, di una serie continua di vite sante che vi si sono intrecciate e concluse. Nel convento si ritirò alla fine della propria vita anche il Beato Giovanni da Parma e vi venne scritta la controversa Lettera da Greccio, contributo quanto mai originale alla biografia francescana. Ridente tra i querceti della valle reatina, il convento di Greccio si staglia tra il verde, come vera e propria oasi di pace e silenzio, che neppure i lupi al tempo di Francesco (e le auto, al giorno d’oggi) sono riusciti a turbare.

 

8 -Convento di Fonte Colombo    Rieti – Il Sinai Francescano –  I luoghi santi dell’Ordine francescano hanno forti similitudini con quelli biblici, similitudini certamente forzate dagli esegeti dell’Ordine, ma comunque suggestive. Se la Verna (vedi) viene quindi definita “Golgota Serafico”, poiché il Santo vi ebbe le stimmate, il piccolo convento di Fonte Colombo, che sorge isolato tra i lecci a pochi chilometri da Rieti, è il “Sinai Francescano”. Qui infatti, nel 1223, Francesco detto a frate Leone quella Regola francescana, detta Bullata, poiché approvata dal papa, che tante divisioni e revisioni avrebbe generato nei secoli futuri, ma che può essere considerata la vera e propria “legge” dell’Ordine. Nella Legenda perugina si legge che, lamentandosi molti frati per la durezza delle norme contenute, Francesco implorasse il Signore che gli rispose: «Francesco, nulla è tuo nella Regola, ma ogni prescrizione è mia. E voglio che sia osservata alla lettera, alla lettera… e senza commenti.» (Leg. per., cap. 113). Francesco prima di dettare il testo si era sottoposto a un digiuno di quaranta giorni. Dopo due anni da quei fatti, il Santo tornò ancora a Fonte Colombo, ma era un Francesco stanco e malato quello che si ritirò nell’aspra solitudine della “Valle Santa” reatina che tanto aveva amato. Il male agli occhi lo perseguitava e venne curato con amore dai suoi frati. Nel bosco che circonda il convento si trova ancora, in posizione suggestiva, la cella dove avvenne la cauterizzazione delle sue ferite. Come molti altri conventi francescani della prima generazione, il complesso di Fonte Colombo non offre in realtà molto al visitatore in cerca di bellezze artistiche. La chiesa, che si affaccia sul piazzale d’ingresso, fu edificata nel 1450 e conserva all’interno qualche interessante scultura in legno. Affascinante, soprattutto dal punto di vista spirituale, è il percorso che si snoda nel “bosco sacro” dove si trovano l’Eremitaggio in cui avvenne l’operazione agli occhi, la cappella di Santa Maria, con affreschi di scuola umbra, la chiesetta di San Michele e infine il Sacro Speco, luogo del ritiro, prima della stesura della Regola. Un sasso reca un’impronta che si dice essere stata provocata dalla testa di frate Leone quando si destò dal suo duro giaciglio svegliato dalla voce di Cristo che dettava a Francesco le norme.

 

9 – Convento di San Giacomo, Poggio Bustone (Rieti) – Il Perdono – Silenzioso e appartato nella Valle Santa che circonda Rieti, il convento di san Giacomo di Poggio Bustone può apparire un luogo minore, rispetto a quelli fino a ora presentati, e, se guardiamo semplicemente al lato paesaggistico o artistico sicuramente, non può certo competere con loro. Si tratta però del primo luogo segnato dalla presenza di san Francesco, che arrivò qui la prima volta intorno al 1209. A mezz’ora di cammino, sulla montagna, si trova ancora un eremo nel quale il santo si ritirava in preghiera. In questo luogo Francesco ebbe la certezza del perdono di Dio per i peccati della sua vita passata.

 

 

10. Convento de La Foresta  Rieti – Anche il convento della Foresta, che esternamente è poco distinguibile da una rustica casa colonica, rientra nella categoria della semplicità francescana. Lo si considera un santuario perché Francesco vi viene portato nell’estate del 1225 quando, pressato da Frate Elia, si convince a lasciarsi operare agli occhi nel vicino Santuario di Fonte Colombo. Qui ebbe luogo il famoso miracolo dell’uva. Tappa del Cammino francescano, è un’oasi tranquilla e molto “francescana” nell’assenza di fronzoli, tesori o bellezze che possano distogliere dal senso più profondo della meditazione. (citypilgrimblog.wordpress.com).


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