La povertà di Francesco
La povertà di Francesco ha, dunque, un suo specifico e
preciso volto, è una scelta essenzialmente evangelica;
essa non precede ma segue la scelta primaria di totale
adesione al Cristo. Francesco, infatti, non vuole essere
soltanto povero, ma conforme a Cristo: la sequela Christi
– come dimostra la sua biografia dopo la conversione
– è lo spogliarsi dei beni, è il non sentirsi padrone di
alcunché, è la rinuncia a qualsiasi avere, dal momento
che ogni forma di
possesso può essere
strumento o
simbolo di potere.
I suoi fratres Minores
sono tali non
tanto perché non
possiedono nulla,
perché sono completamente
privi di
qualsiasi elemento di supremazia; essi potranno e dovranno
subire il dominio degli altri, ma non potranno,
a loro volta, esercitare il dominio su nessuno.
La vera povertà dinanzi agli uomini consiste nell’incapacità
di difendersi di fronte alla violenza, alla aggressività
del potere, in primo luogo quello della ricchezza.
Ogni emarginazione nasce dalla violenza, ed ogni violenza
produce emarginazione. Francesco propone uno
modello di vita cristiana in cui l’espressione terrena
non sia il potere, ma il suo rifiuto. Tuttavia, la povertà
di Francesco è non solo una condizione storica, è anche
e soprattutto una condizione mistica e come tale totalizzante;
“non è il desiderio della contemplazione, è il segno
ben più alto della sua totale identificazione a Dio mediante il
Figlio incarnato, nella stessa carne del Figlio, nell’umanità di
lui, nella sua non-divinità” (Claudio Leonardi).
La povertà di Francesco è certamente l’abbandono dei
beni terreni e dei beni storici, perché lontani e diversi
da Dio, ma è anche il mezzo per identificarsi con il Dio
che ha rinunciato a mostrare la sua divinità per apparire
nella debolezza della carne. La povertà di Francesco
è il desiderio di un Dio anche uomo, è il segno della divinità
presente in terra, della sua manifestazione nella
storia. È più dell’amore, è il suo compimento, il farsi e
il divenire uguali a Dio.
Francesco vive il totale spoliamento di sé, nell’assoluta
consapevolezza che povero è colui che ha perduto se
stesso nella totale identificazione mistica con il divino.
In lui, grazie alla perfetta imitazione del suo modello,
è infatti una straordinaria forza carismatica, che lo fa
apparire ai contemporanei come la reincarnazione di
Gesù di Nazareth. Francesco diventa altro Cristo perché
imita il Cristo nella sua sofferenza; egli si spoglia di tutto
e riceve le stimmate per essere uguale al Dio fatto
uomo. di Enrico Menestò
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