La pasqua di FrancescoAmare sino alla fine
La Pasqua è, per il Poverello d'Assisi,
l'occasione per cantare la vittoria
del Signore sulla morte mediante
il dono della vita. Nell'Ufficio della
passione (cf. FF 292-293), Francesco
dedica un salmo intero a
questa celebrazione della vittoria
del Signore e alla sua accettazione
nella storia della nostra salvezza:
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha fatto cose meravigliose […]
Questo è il giorno fatto dal Signore:
esultiamo in esso e rallegriamoci […]
Cantate inni al Signore.
Francesco ci invita a cantare il
canto nuovo, quello dell'Agnello
immolato e risorto, il canto di
colui che è la nostra salvezza. Il
sacrificio di Isacco ha trovato il
suo compimento nella morte del
Figlio di Dio, il Crocifisso-Risorto.
Cristo, il Vivente, è colui che compie
le attese di salvezza del Primo
Testamento e di ogni uomo.
La Pasqua è l'inizio di un mondo
nuovo che attende la manifestazione
gloriosa del Risorto.
È un
giorno splendente, pieno di luce,che rivela il mistero di Dio nascosto
nel cuore dell'uomo
e dentro tutte le cose
che esistono sulla
terra e nel cielo.
Certamente,
la Pasqua di Francesco – come d'altronde la
Pasqua di ogni cristiano – non è
comprensibile senza il riferimento
alla passione e alla morte di croce
del Figlio di Dio. Cristo si è offerto
come servo per i suoi fratelli e per
ciascuno di noi.
Francesco tiene a cuore due testi
dei Vangeli nel ripensare alla Pasqua:
“Prima della festa di Pasqua,
sapendo che era giunta l'ora per lui
di passare da questo mondo al Padre
suo, Gesù che aveva amato i suoi che
erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena…” (Gv 13,1); “Chi è il più grande tra voi diventi come il
più piccolo e chi governa come colui
che serve” (Lc 22,26-27).
Francesco trova nell'Abbandonato
dal Padre e dagli uomini – il
Crocifisso, l'uomo maledetto che
pende dal legno (cf. Dt 21,23) –
il modello e l'esempio concreto
dell'amore: donare la vita. L'amore,
secondo la testimonianza del
Figlio di Dio, non trattiene niente
per sé, e dona tutto quello che ha
e che è, senza riserve, “sino alla
fine”. La Pasqua, allora, è l'inizio
di un modo nuovo d'intendere i rapporti con gli altri e di programmare
il futuro: è il sì di Dio – per
sempre – verso l'uomo; è l'offerta
concreta della nostra riconciliazione,
un'esperienza vera di perdono
e di comunione. L'inizio di
un nuovo dialogo – nel Verbo fatto
carne, crocifi sso e risorto – tra il
Padre e l'umanità.
Dall'esperienza dell'amore crocifi
sso e risorto, il Poverello si è sentito
sollecitato alla sequela, alla
conversione, all'obbedienza,
cercando di compiere la
volontà del Signore
in tutte le cose.
La risposta alla
crisi d'amore
che oggi viviamo nelle nostre comunità e
famiglie ha un nome ben preciso,
una forma concreta, chiara: “essere servo”. Nel Getsemani, la volontà
di Cristo si esprime proprio nel
volere ciò che vuole il Padre.
E il
Padre vuole la salvezza del mondo,
cioè che l'umanità si scopra amata
da Dio, che veda che è Dio a fare il
primo passo e a consegnarsi nelle
mani dell'umanità, ritenendo gli
uomini degni del suo affi damento.
Parafrasando la grande scrittrice
Simon Weil, potremmo dire che,
per Francesco, dalla Pasqua di Cristo
s'impara ad amare con amore
di compassione, “sino alla fine”,
provando le miserie dell'altro.
“Si
può amare il prossimo solo con amore
di compassione. La compassione rende
l'amore uguale per tutti”.
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