approfondimenti_francescani

Il profumo della Parola del Signore

Felice Accrocca
Pubblicato il 30-11--0001



“Poiché sono servo di tutti – scrisse una volta Francesco –, sono tenuto a servire tutti e ad amministrare le ‘fragranti' parole del mio Signore”. Molti secoli prima di lui, anche l'apostolo Paolo si era sentito chiamare da Dio a “manifestare in ogni luogo il ‘profumo' della sua conoscenza”. Francesco, come l'Apostolo, avvertiva l'immensa forza della Parola di Dio, la leggeva e la meditava, ruminandola lentamente nel cuore, fi no a penetrarne il senso più intimo ed a svelarne il signifi cato profondo. Una volta, dimorando egli a Siena, s'incontrò con un frate dell'Ordine dei Predicatori; non sappiamo se l'incontro fu casuale, oppure se voluto da uno dei due. Quel frate, tuttavia, “uomo spirituale e dottore in sacra teologia”, volle trattenersi a lungo con Francesco: insieme stettero “in dolcissima conversazione sulle parole del Signore”.
Ad un certo momento, quell'uomo che per noi resta avvolto nel mistero (senza nome e senza patria) interrogò Francesco su un detto di Ezechiele: “Se non manifesterai all'empio la sua empietà, domanderò conto a te della sua anima”. Aveva già ascoltato il parere di molti sapienti su quel passo, ma desiderava conoscere anche quello di Francesco. C'era qualcosa, nelle parole del profeta, che gli sfuggiva. “Io stesso, buon padre – ammise con onestà –, conosco molti ai quali non sempre manifesto la loro empietà, pur sapendo che sono in peccato mortale. Forse che sarà chiesto conto a me delle loro anime?”.
Francesco all'inizio si mostrò renitente: era lui, diceva, che avrebbe dovuto essere istruito dal maestro, e non il contrario, come il maestro stesso invece desiderava. Ma il maestro insistette, e la sua umiltà alla fi ne fu premiata. Ebbe ragione, infatti, ad insistere, perché l'interpretazione di Francesco si rivelò tanto stupefacente da apparire come una vera novità. “Se la frase va presa in senso generico – disse –, io la intendo così: Il servo di Dio deve avere in se stesso tale ardore di santità di vita, da rimproverare tutti gli empi con la luce dell'esempio e l'eloquenza della sua condotta. Così, ripeto, lo splendore della sua vita ed il buon odore della sua fama, renderanno manifesta a tutti la loro iniquità”.
Il maestro ne fu meravigliato ed edifi cato al tempo stesso: i grandi commentatori della Bibbia, che egli ben conosceva, e sui libri dei quali aveva studiato, non avevano saputo penetrare quel brano come l'aveva fatto invece quell'uomo illetterato. E fu onesto nel riconoscerlo. Partendosene da quel luogo disse ai compagni di Francesco: “Fratelli miei, la teologia di questo uomo, sorretta dalla purezza e dalla contemplazione, vola come aquila. La nostra scienza invece striscia terra terra”. Sì, Francesco fu un uomo plasmato dalla Parola. Per questo sapeva dominare pure le parole, evitando di pronunciarle a vanvera. Se imparassimo anche noi a metterci alla stessa scuola...

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