Uroboro, il serpente che si morde la coda
Lasciamo il percorso degli stadi della crescita sia femminile
che maschile dal seno della Grande Madre per chiarire
un termine importante. In questo articolo rifl etterò sul
signifi cato della parola uroboro. Esso è un simbolo molto
antico che rappresenta un serpente che si morde la coda,
ricreandosi continuamente e formando così un cerchio
dell'eterno ritorno.
È l'esistenza di un nuovo inizio che
avviene tempestivamente dopo ogni fine.
Il cerchio simboleggia l'immagine del serpente che da
sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce.
L'uroboro rappresenta il circolo, la metafora
espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e
la rinascita, la fi ne del mondo e la creazione, e di conseguenza
anche l'eternità iconograficamente rappresentata
dal cerchio stesso.
Nel cammino della scoperta della realtà femminile e
maschile che stiamo delineando, l'uroboro è il simbolo
della situazione psichica originaria, in cui la coscienza e
l'Io della persona sono ancora infantili e non sviluppati.
In quanto simbolo iniziale esso contiene gli opposti in
cui sono inseriti elementi femminili ed elementi maschili
appartenenti alla coscienza e in confl itto con essa o inconsci.
In questo senso è anche simbolo dell'inestricabile
caos, dell'inconscio e della completezza della psiche, che
viene vissuta dall'io come esperienza del limite.
L'uroboro può essere definito come Grande Cerchio dove
sono contenute le fi gure dei Genitori Primordiali uniti
assieme in un completo archetipo primordiale indistinto.
Questo perfetto contenitore degli opposti è anche in sé
autarchico, uccide se stesso, sposa se stesso e feconda se
stesso.
È uomo e donna, genera e concepisce, divora e
partorisce, è attivo e passivo, è sotto e sopra contemporaneamente.
La sua autosufficienza, la sua soddisfazione
di se stesso e la sua indipendenza da ogni “altro” sono
segni della sua eternità contenuta in se stessa. È un'autorappresentazione
simbolica di uno stato primitivo che
manifesta la condizione infantile sia dell'umanità che del
bambino.
Alla nascita il neonato non ha ancora formato il suo Io;
utilizza l'Io della madre in condizione simbiotica durante
la quale tutti i suoi bisogni sono percepiti e soddisfati
da lei. Nei primi giorni di vita non riconosce il proprio
corpo da quello della madre. Il mondo del neonato è
complicato, confuso tra le impressioni prodotte dalle
“parti” della madre, percepite e sentite in stato di piacere
o di dolore.
In questo marasma comincia a venire alla luce una prima
parte tangibile della madre, concretizzata nel seno.
Seno
che è buono quando gli offre tutti i piaceri del benessere
corporeo; ma è anche un seno cattivo quando dà la sofferenza
accresciuta dalla rabbia per le cattive esperienze
percepite. Sono le parti dell'uroboro contenute indistintamente
nell'insieme e che nello sviluppo la persona separerà
con l'individuazione del proprio Io.
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