approfondimenti

Uroboro, il serpente che si morde la coda

Emanuele D'Aniello
Pubblicato il 30-11--0001



Lasciamo il percorso degli stadi della crescita sia femminile che maschile dal seno della Grande Madre per chiarire un termine importante. In questo articolo rifl etterò sul signifi cato della parola uroboro. Esso è un simbolo molto antico che rappresenta un serpente che si morde la coda, ricreandosi continuamente e formando così un cerchio dell'eterno ritorno.
È l'esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine. Il cerchio simboleggia l'immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. L'uroboro rappresenta il circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la rinascita, la fi ne del mondo e la creazione, e di conseguenza anche l'eternità iconograficamente rappresentata dal cerchio stesso.
Nel cammino della scoperta della realtà femminile e maschile che stiamo delineando, l'uroboro è il simbolo della situazione psichica originaria, in cui la coscienza e l'Io della persona sono ancora infantili e non sviluppati.
In quanto simbolo iniziale esso contiene gli opposti in cui sono inseriti elementi femminili ed elementi maschili appartenenti alla coscienza e in confl itto con essa o inconsci. In questo senso è anche simbolo dell'inestricabile caos, dell'inconscio e della completezza della psiche, che viene vissuta dall'io come esperienza del limite.
L'uroboro può essere definito come Grande Cerchio dove sono contenute le fi gure dei Genitori Primordiali uniti assieme in un completo archetipo primordiale indistinto. Questo perfetto contenitore degli opposti è anche in sé autarchico, uccide se stesso, sposa se stesso e feconda se stesso.
È uomo e donna, genera e concepisce, divora e partorisce, è attivo e passivo, è sotto e sopra contemporaneamente. La sua autosufficienza, la sua soddisfazione di se stesso e la sua indipendenza da ogni “altro” sono segni della sua eternità contenuta in se stessa. È un'autorappresentazione simbolica di uno stato primitivo che manifesta la condizione infantile sia dell'umanità che del bambino.
Alla nascita il neonato non ha ancora formato il suo Io; utilizza l'Io della madre in condizione simbiotica durante la quale tutti i suoi bisogni sono percepiti e soddisfati da lei. Nei primi giorni di vita non riconosce il proprio corpo da quello della madre. Il mondo del neonato è complicato, confuso tra le impressioni prodotte dalle “parti” della madre, percepite e sentite in stato di piacere o di dolore. In questo marasma comincia a venire alla luce una prima parte tangibile della madre, concretizzata nel seno.
Seno che è buono quando gli offre tutti i piaceri del benessere corporeo; ma è anche un seno cattivo quando dà la sofferenza accresciuta dalla rabbia per le cattive esperienze percepite. Sono le parti dell'uroboro contenute indistintamente nell'insieme e che nello sviluppo la persona separerà con l'individuazione del proprio Io.

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