Francesco vede il Cristo nella sofferenza
Si prova sempre un notevole imbarazzo a parlare del
dolore: da un lato se ne ha quasi paura; dall'altro,
forse, si teme di cadere nella superfi cialità o, peggio
ancora, nella retorica.
Eppure la sofferenza è parte ineliminabile della vita e
Francesco riuscì a mostrarne la luce, lui che lodò Dio
per quelli che sostengono “infi rmitate e tribulazione” e
“per sora nostra morte corporale”.
Egli comprese il senso del dolore suo e degli altri,
poiché comprese – anzitutto – il dolore di Dio. Un
passo della Regola non bollata manifesta molto bene la
fraternità vissuta da lui e dai suoi frati e l'attenzione
da essi riservata a quelli, tra loro, che cadevano
malati: “[...] gli altri frati – scriveva – non lo lascino
senza avere prima incaricato un frate, o più di uno se sarà
necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti
essi stessi”.
Nei poveri e nei malati Francesco rivedeva il Cristo
sofferente.
La memoria del dolore del Signore lo
spinse verso i lebbrosi e lo rese attento a quelli che
soffrivano per ogni tipo di infermità o di penuria,
come quella volta che, in un eremo presso Rocca
di Brizio, gli si presentò davanti un povero che alla
penuria di mezzi aggiungeva una cattiva salute.
Il compagno del Santo si lasciò andare a un giudizio
poco benevolo nei confronti di quel poveretto e
Francesco lo rimproverò duramente e gli impose una
dura penitenza. “Quando vedi un povero – disse poi al
frate –, devi considerare colui in nome del quale viene,
e cioè Cristo, che venne ad assumere la nostra povertà e
infermità”.
E fu ancora il ricordo e la meditazione del dolore
di Cristo che rese Francesco capace di accogliere
pienamente la sofferenza, forte e prolungata, che gli
toccò di vivere.
Prossimo ormai al trapasso, chiamò la morte sorella!
In effetti, gli ultimi tempi della sua vita furono non
un'agonia, ma un parto.
Quell'uomo che si era consumato per Dio e per i
fratelli, desideroso soltanto di dissetarsi all'acqua viva
del Vangelo, tornava a immergersi nella sorgente. E
vennero le allodole, che aveva tanto amato, a far
festa.
Quale letizia se anche noi fossimo capaci di fare
altrettanto!
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