Per un ideale di libertà: Giovanna d’'Arco e Francesco
C’è un filo invisibile che lega la vita di San Francesco d’Assisi alle tragiche sorti di Giovanna d’Arco. Sono forse le origini francesi di Francesco, nato dal grembo di donna Pica, la quale consacrò la sua esistenza alla cura del nido famigliare, oppure la ricerca fervida e appassionata che entrambi condussero in nome di Dio per la realizzazione del comune sogno di pace e di libertà a farceli apparire così simili. Lei, Giovanna, nata a Domrémy nel 1412. Lui, Francesco, nato ad Assisi nel 1182 dapprima col nome di Giovanni (equivalente maschile di Giovanna), quasi a convenire al mistero ch’egli consacrò a Cristo, e postosi al comando di un esercito di fratelli con i quali condurrà la sua pur breve rivoluzione gentile atta a rimettere in moto la predicazione del Vangelo e della povertà. La fugace vita di Giovanna e di Francesco, scandita dalle parole di Dio – che spingerà entrambi alla preghiera, alla devozione e al sacrificio di sé –, e sostenuta dalla fedeltà del popolo – di cui furono rispettivamente capo e guida (seppure in tempi e luoghi differenti) si fa simbolo di rinascita contro la decadenza, di rinnovamento morale e spirituale, di lotta contro le ingiustizie, contro la perversione e la corruzione che ieri come oggi rovinano quanto di buono e di bello il Signore ha creato per gli uomini affinché vivessero liberi dal male e sicuri da ogni turbamento. Probabilmente fu il desiderio di cambiamento a far valere alla poco più che sedicenne Giovanna la condanna al rogo per eresia (si narra infatti che il suo corpo fu dato alle fiamme e i suoi resti gettati nelle acque della Senna). Una fine ingiusta, che seppur ostacolata da una buona parte di seguaci della pulzella fu tuttavia decretata senza appello dalla Chiesa (che ne proclamò nei secoli successivi la santità) contro cui anche Francesco intraprese molto tempo prima una battaglia ideologica per poter riaffermare i pensieri del suo cuore e le ragioni della sua fede – espressa in opere poetiche e religiose di grande pregio. Giovanna e Francesco, entrambi puri di spirito, entrambi desiderosi di rimettere a Dio ogni giudizio, le scelte personali, la propria missione: sì, perché entrambi ancor prima di essere concepiti in corpo erano già destinati secondo la volontà divina a riaccendere l’amore per la patria, il desiderio di verità. Giovanna e Francesco lottarono sempre per raggiungere il vero, rifuggendo qualsiasi tentazione di potere, di ambizione o arricchimento, poiché intenzionati a mettersi unicamente al servizio della propria gente, dei propri fratelli. Questa è la speranza delle anime elette: far rinascere la concordia tra i popoli, ristabilendo col ferro e col fuoco (traducibili in senso francescano nella forza della fede e nel fuoco di carità) i principi di libertà e rettitudine. San Francesco, precursore di un Rinascimento cristiano, reagì incessantemente ai gioghi delle classi abbienti coltivando l’amore per la povertà e per la carità, perseguendo gli ideali di giustizia e manifestando fino all’ultimo respiro la sua fede in Cristo. La stessa fede che Giovanna dimostrò alla sua morte, nell’attimo ultimo in cui, dopo aver stretta a sé la croce con devozione tra la carne e le vesti, pronunciò per sei volte il nome di Gesù. Giovanna e Francesco nacquero nella grazia Dio e per amore di Dio morirono entrambi senza temere nulla, se non la malvagità e l’incoscienza delle azioni umane che conducono inevitabilmente sulla via dell’odio e della distruzione.