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Francescani/I martiri del nostro tempo

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Hanno incontrato sorella morte mentre stavano diffondendo il Vangelo, impegnati in nobili missioni. Sono fra Michal Tomaszek e fra Zbigniew Strzalkowski, tra i fondatori del primo convento dei frati minori conventuali in Perù. Ma anche la storia di monsignor Luigi Padovese, il vescovo italiano ucciso lo scorso anno in Turchia, può essere annoverata tra quelle dei nuovi martiri; l'agenzia del Pontificio istituto missioni estere, Asianews, non escluse all'epoca la pista dell'omicio rituale di matrice islamica nei confronti dei cristiani.

I due missionari uccisi in Perù
Erano impegnati in una missione a Pariacoto, in Perù. furono tra i fondatori del primo convento del loro Ordine, nel 1989. E poco tempo dopo, il 19 agosto 1991, furono prima sequestrati e poi uccisi da un commando di teroristi, una ventina di rivoluzionari appartenenti al movimento Sendero Luminoso.
Vent'anni dopo la fondazione di quel primo convento, fu Luciano Marini, dalle pagine della nostra Rivista San Francesco patrono d'Italia, a ricordare la loro storia: "Anni difficili gli anni '80 in Perù. Il gruppo maoista Sendero luminoso aveva con il terrore imposto il suo dominio in molte zone andine, si finanziava con il traffico di droga nella lotta contro le forze dell'ordine ed erano già decine di migliaia i morti. Ma tre giovani frati di Cracovia non si lasciano spaventare da questa pericolosa situazione sociale, anzi sentono ancora più urgente una presenza che annunci pace e fratellanza.
Arrivano a Pariacoto, nella Cordillera nigra; la zona affidata alle loro cura pastorali è molto vasta: parte dai 400 metri ed arriva ai 4.000, con 4 municipi e oltre cinquanta pueblos, villaggi abbarbicati sulle montagne. Quella gente erano davvero pecore senza pastore; un sacerdote saliva dalla città di Casma, sulla costa, solo per le feste principali, la fede era tenuta viva da una comunità di suore generose. La povertà era grande, le strade impraticabili, scarsa l'energia elettrica, un solo telefono pubblico, nessun centro medico. Con slancio ed entusiasmo giovanile i tre missionari si affiancano alla gente nella fatica di ogni giorno; mangiano come loro, lavorano con loro, sempre disponibili ad accogliere chiunque abbia più bisogno. A cavallo o a piedi raggiungono i villaggi più lontani ed incominciano a formare catechisti per ogni zona. La gente, all'inizio diffidente e paurosa, incomincia ad avvicinarsi e a collaborare, sente che i missionari sono fratelli tra fratelli, non hanno ricchezze da portare, ma il messaggio evangelico e francescano genera solidarietà e speranza.
I terroristi di Sendero luminoso si sentono minacciati nel loro potere su quelle popolazioni. “La Bibbia e la croce sono ostacoli alla rivoluzione”, scrivono in un loro manifesto. Fanno sapere ai frati che devono andarsene, se non vogliono avere guai e le minacce si fanno ogni giorno più pesanti. Ma i missionari non si spaventano e trovano forza nella preghiera. Spesso passano la notte davanti al Signore invocando misericordia per i violenti ed il coraggio di restare tra quella povera gente per donare speranza. P. Jaroslaw era tornato in Europa per impegni, alla missione erano rimasti p. Zbigniew e p. Miguel. Una sera, dopo la Messa, sentono colpi violenti alla porta, aprono e si trovano davanti i terroristi che, con armi spianate, ingiungono loro di seguirli su una camionetta. Suor Berta, una suora peruviana, con grande coraggio sale con loro, con la scusa di fare da interprete perché i padri non conoscono bene la lingua locale ed assiste così alla farsa del processo a cui i due missionari sono sottoposti. “Voi siete servi dell'imperialismo; con la vostra religione spegnete la forza della rivoluzione”, accusano i terroristi. “Siamo solo servi del Signore e di questo popolo a cui, con il Vangelo, portiamo speranza”, rispondono con calma i due missionari. La suora viene buttata giù dalla camionetta che si allontana veloce. Poco dopo Suor Berta sente il crepitare delle armi. I corpi dei missionari verranno trovati il giorno dopo sfigurati e su di loro un cartone su cui era scritto con il loro sangue: W la rivoluzione!
I frati sono ancora là, tra la gente di Pariacoto, Sendero luminoso è stato sconfitto, p. Zbigniew e p. Miguel stanno per essere proclamati martiri dalla Chiesa. Il sangue dei due francescani, assieme a quello di tanti altri martiri dell'America Latina, sia per il continente sorgente di una rinnovata Pentecoste di vita cristiana".

L'ultimo martire francescano
Fu davvero un omicidio rituale islamico, come scrisse AsiaNews, agenzia del Pontificio istituto missioni estere, oppure il gesto di un malato di mente ad uccidere monsignor Luigi Padovese? A quasi un anno dalla scomparsa di mosignor Padovese, avvenuta del giugno 2010 per mano del suo autista, Murat Altun, che lo accoltellò, ancora non è stata fatta piena luce sulle vere motivazioni alla base dell'omicidio avvenuto a Iskenderun, in Turchia.
Monsignor Padovese nacque a Milano e a 18 anni nel 1965 entrò nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Svolse per anni il ruolo di visitatore del Collegio Orientale la Congregazione per le Chiese Orientali e consulente per la Congregazione per le Cause dei Santi, quando, nel 2004, fu nominato vescovo.
«Non è stato il gesto di un malato di mente ma si è trattato di un omicidio rituale, con modalità e motivazioni da ricercare nel fanatismo religioso», scrisse in giugno AsiaNews subito dopo la notizia. L'autista, confessando l'omicidio, disse alle autorità di averlo commesso "dopo aver avuto una rivelazione". Il Santo Padre intervenne per non alimentare la corrente dell'odio religioso ed etnico: «questo assassinio non può essere attribuito alla Turchia e ai turchi e non deve oscurare il dialogo», disse infatti Benedetto XVI.

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