Le visite dei pontefici
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C'è uno scrittore italiano che è stato un formidabile propagandista per il turismo in Umbria: Gabriele D'Annunzio. Qualcosa è stato fatto in regione per ricordarlo, in occasione della ricorrenza dei 150 anni dalla sua nascita, ma forse troppo poco. Pochi scrittori hanno lasciato una impronta abbastanza forte nella lingua e nella storia della letteratura italiana, tanto da creare un aggettivo che è entrato nel vocabolario. D'Annunzio, nato a Pescara nel 1863, morì nel 1938 a Gardone, nella sua villa Vittoriale, sul Lago di Garda. La popolarità di D'Annunzio fu legata, soprattutto in Italia e in Francia, al successo dei suoi libri e delle sue opere teatrali, ai suoi folli e innumerevoli amori, al coraggio dimostrato durante la prima guerra mondiale come aviatore, all'impresa di Fiume, al suo spirito critico e indipendente. Fu un creatore di termini moderni e parole nuove, entrate nel vocabolario e nell'immaginario collettivo. Ma è stato anche un moderno pubblicitario e un autore di sceneggiature di film. Fu lui ad inventare perfino il filone epico-mitologico cinematografico e la figura di Maciste, rispolverando dalle storie dell'antica Grecia il forzuto Mecisteo. Fu D'Annunzio a fornire all'imprenditore milanese Senatore Borletti, che aveva finanziato clandestinamente l'impresa di Fiume, il nome "La Rinascente" per i grandi magazzini di Milano e Roma. Lo scrittore amava la vita lussuosa e per pagare i creditori che lo inseguivano in continuazione non disdegnava di fare anche il "testimonial" nella pubblicità dei primi del Novecento: per l'Amaro Montenegro, per l'Amaretto di Saronno, per i profumi "Acqua Nunzia", per i biscotti "Saiwa", per l'industria di aerei Caproni, coniando lo stemma di un caprone e lo slogan «Senza cozzar dirocco». Inventò anche la parola fraglia, per la "Fraglia della Vela di Riva del Garda", un acronimo da fratellanza e famiglia, che ancora oggi è usato da molti club nautici. Ed è sempre di D'Annunzio il termine "milite ignoto", inventato per i caduti senza nome della prima guerra mondiale, e derivato dal latino "miles ignotus". Il rapporto di D'Annunzio con la vita politica italiana iniziò alla fine del 1800 e proseguì per una via tortuosa fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, alla sua morte nel 1938. Nel 1897 venne eletto deputato per la lista della destra, ma poi alla Camera passò alla sinistra, per protesta contro le "leggi liberticide" del governo Pelloux e la repressione degli scioperi a Milano, con i dimostranti uccisi dal generale Bava Beccaris. Al tempo della prima guerra mondiale fu interventista e nel 1934, dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania, aveva bollato Adolf Hitler come «pagliaccio feroce». Mussolini, che temeva la popolarità di Italo Balbo e di Gabriele D'Annunzio, suoi possibili avversari dopo dieci anni alla guida del regime fascista, spedì il primo in Africa a fare il governatore della Libia e mise il secondo ad occuparsi della guida dell'Accademia d'Italia e della pubblicazione dell'Opera Omnia dannunziana. Tornando all'Umbria, le pagine scritte da D'Annunzio la celebrano come una regione speciale. Basta ricordare un capitolo del suo libro del 1894, Il trionfo della morte, terzo nella trilogia dei cosiddetti Romanzi della rosa, dopo Il piacere e L'innocente. Qui i due amanti protagonisti del romanzo, Giorgio e Ippolita, lasciano Roma e vanno in viaggio per l'Umbria, per ritrovare i sentimenti della propria passione. Formidabile è la descrizione di Orvieto e del suo Duomo. Quando D'Annunzio scrisse il libro aveva 31 anni ed era già diventato famoso in Italia. Era il momento della sua infatuazione per Nietszche e per il tema del superuomo, che era tanto congeniale al suo egocentrismo. Nella premessa a questo libro, D'annunzio volle mettere proprio una citazione da "Al di là del bene e del male" di Friedrich Nietzsche. Con questo libro di D'Annunzio l'Umbria diventa una meta per il turismo romantico e decadente del tempo. Ma non è solo Orvieto che interessa lo scrittore. Fra i suoi luoghi prediletti, più volte citati, ci sono anche Perugia, Spoleto, Gubbio, Todi, Spello, Montefalco, Narni, ma soprattutto Assisi. Tutte cittadine celebrate in rime nella sua raccolta poetica delle Città del silenzio, in Elettra del 1903. Primeggia fra tutte la relazione che D'Annunzio ebbe con la città di Assisi, la sua ammirazione per la figura e l'opera di San Francesco, il legame con il podestà assisano Fortini. D'Annunzio spese molte delle sue energie e della sua influenza per Assisi.
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