Raniero Cantalamessa: Perche' il mondo segue Francesco d'Assisi
«Il mondo va dietro a Francesco, perché vede realizzati in lui quei valori ai quali ognuno anela: la libertà, la
pace, - con se stessi e con il Creato - la fratellanza e la gioia». Invece vi è una dote del poverello di Assisi
«alla quale il mondo non aspira affatto», ma che nella sua vicenda è alla «radice di tutti gli altri valori:
l'umiltà».
Lo ha sottolineato il cappuccino Raniero Cantalamessa nella seconda predica di Avvento per il
Papa e la Curia romana tenuta stamane, venerdì 13 dicembre, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo
apostolico. Il tema centrale della riflessione è stata proprio l'umiltà del santo frate, il cui messaggio conserva
ancora oggi intatta tutta la sua affascinante attualità. «Finché la persona si commisura con se stessa - ha
spiegato il predicatore della Casa Pontificia - o con gli altri o con la società, non si conosce mai: le manca la
misura esatta». Mentre san Francesco ha compreso che essere umile significa «guardare Dio, prima che se
stessi».
Perché proprio il Signore è il modello più alto di umiltà, in quanto «è amore». Per sua natura, infatti,
l'a m o re crea «dipendenza e la dipendenza è umiltà». Da questo punto di vista, ha proseguito il religioso
cappuccino, «la manifestazione visibile dell'umiltà di Dio si ha contemplando Cristo»: quando «si mette in
ginocchio davanti ai suoi discepoli, per lavare loro i piedi, e possiamo immaginare anche che erano piedi
sporchi»; e ancor di più quando, «ridotto alla radicale impotenza sulla Croce, continua ad amare, senza mai
condannare». Padre Cantalamessa ha insistito sullo stretto legame tra l'umiltà di Dio e l'incarnazione del
Figlio. Quello stesso legame che Francesco d'Assisi ha saputo cogliere nella scoperta che la virtù dell'umiltà
«non consiste principalmente nell'"essere piccoli", perché si può "essere piccoli" senza essere umili», ma
«nel "farsi piccoli" p er amore, per innalzare gli altri». Proprio come ha fatto Gesù, che «si è fatto umile, come
si è fatto carne». E in questo modo, ha detto il predicatore, ha dato un volto nuovo all'umiltà, quello del
«servizio»: per diventare «il primo» bisogna «farsi ultimo». Questo richiamo, secondo padre Cantalamessa,
riguarda in modo particolare la Chiesa. Infatti, se Cristo ha servito anche la Chiesa deve servire per amore. E
invece «per troppo tempo la Chiesa ha mostrato al mondo la verità di Cristo, ma non abbastanza e altrettanto
chiaramente l'umiltà di Cristo», grazie alla quale «si placano le ostilità, si smontano i pregiudizi e si apre la via
all'accoglimento del Vangelo».
Un esempio di questa virtù dell'umiltà si trova in Maria, che la possedeva «in
grado sommo» - ha detto il frate cappuccino - ma non lo sapeva. Del resto, il pregio dell'umiltà è proprio
quello di esser un «profumo che non sente chi lo emana, ma chi lo riceve; ce l'ha chi non crede di averla, non
ce l'ha chi crede di averla». Al punto che «solo Gesù può dichiararsi «umile di cuore» ed esserlo veramente,
in quanto - ha concluso padre Cantalamessa - «questa è la caratteristica unica e irripetibile dell'umiltà
dell'uomo-D io». Osservatore Romano
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