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La comunicazione di Papa Francesco, ovvero come comunica e cosa chiede ai comunicatori

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Roma (documentazione.info) - E' ormai un fatto conclamato che Papa Francesco possieda delle ottime qualità comunicative, sia per la capacità di trasmettere in maniera chiara, concisa e penetrante la Parola di Dio e il Magistero della Chiesa, sia per i gesti genuini che compie quando si rapporta con le folle di fedeli in Piazza San Pietro o con ogni singola persona che riceve in occasione di udienze programmate. Uno stile sobrio, totalmente personale, evidentemente nuovo rispetto a qualunque altro - e per questo da non mettere a comparazione. Tuttavia non si può prescindere, questo sì, da una sua valutazione seppur sommaria, come hanno cercato di fare nelle scorse settimane diversi commentatori.

A pochi giorni dall'inizio del pontificato, Michele Brambilla intervista su Vatican Insider alcuni specialisti, tra i quali Lorella Zanardo, studiosa di linguaggio e comunicazione, che ritiene il "successo" di Papa Francesco frutto della sua sincerità, autenticità e "prossimità" con i fedeli. Ecco perché "buca lo schermo". Nei giorni successivi, lo stesso sito collegato al quotidiano "La Stampa", commentando l'exploit di Papa Francesco su Twitter - il cui profilo (@Pontifex) in nove lingue ha superato i 5 milioni di followers -, ha ospitato un commento del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, secondo il quale "nella catechesi del Pontefice ricorrono parole dense e frasi molto efficaci che vengono ripetute più volte per fissarle bene nella memoria dei fedeli. Il suo modo di esprimersi è adatto ad essere ripreso su Twitter, a tradursi in spunti di riflessione, ad essere sintetizzato in motivi d'ispirazione".

Per un altro gesuita, Padre Antonio Spadaro, direttore de"La Civiltà Cattolica", "l'attitudine di Francesco alla comunicazione rientra nella sua definizione di umiltà". Infatti, per il Papa essere umili significa "avvicinarsi bene agli altri", e siccome lui "vuole che la Chiesa sia vicina alle persone lì dove si trovano", "per far questo esce per strada. Tra le vie che percorre ci sono anche quelle digitali". Su Avvenire, la giornalista Stefania Falasca, già redattrice della rivista 30Giorni e conoscente di lunga data di Papa Bergoglio dai tempi del suo ministero episcopale a Buenos Aires, commentando lo stile che lo caratterizza, ha parlato di "primato della parola nel suo statuto comunicativo e relazionale", "primato della colloquialità, dell'accessibilità, della chiarezza e della bellezza, attraverso la parola che subito apre, illumina". Tutte condizioni "che consentono di andare incontro agli uomini", tracciando quel "sermo humilis, che vuol dire parlare a tutti, cioè universalità e allo stesso tempo contemporaneità, immersione nel divenire del mondo, e rappresenta il modulo espressivo più consono a una Chiesa che vuole essere amica degli uomini del suo tempo". Qui anche una sua intervista a Radio Vaticana RealAudioMP3

Sul quotidiano online "L'Indro", il professor Giampiero Gamaleri, Ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, ha offerto una sua analisi dettagliata del primo discorso di Papa Francesco pronunciato la sera dell'elezione dalla Loggia della Basilica Vaticana, definendo l'insieme come un "eccezionale evento di comunicazione": "Il Papa sembrava emanare luce, anche attraverso la scelta della talare bianca senza la macchia di colore della stola rossa. E ha saputo sostenere quest'impatto con una tranquillità che solo un uomo dotato di un eccezionale carisma di comunicazione può sostenere. Un avvio più significativo e promettente non ci si poteva aspettare". Se queste valutazioni generali sulla comunicatività di Papa Francesco sono 'scientificamente' provate o meno, sarà il tempo a stabilirlo, e con esso altri analisti e studiosi con elaborazioni più in profondità. Quel che invece si può affermare con certezza è ciò che realmente pensa Papa Francesco sulla comunicazione in generale e sui comunicatori in particolare. Una prima occasione "universale" per rendere pubblico questo suo pensiero l'abbiamo vissuta il 16 marzo 2013, a soli tre giorni dalla sua elezione, quando ha ricevuto in udienza nell'Aula Paolo VI gli operatori dei mezzi di comunicazione e le centinaia di corrispondenti di emittenti internazionali che avevano "assediato" Roma per coprire gli eventi legati alla Sede Vacante. Già questa tempistica è di per sé emblematica.

Una nuova ermeneutica
In tale occasione il Papa ha offerto una prima lezione su come comunicare adeguatamente proprio gli eventi ecclesiali. Questi, infatti, "hanno una caratteristica di fondo particolare: rispondono a una logica che non è principalmente quella delle categorie, per così dire, mondane, e proprio per questo non è facile interpretarli e comunicarli ad un pubblico vasto e variegato". Ciò vale ugualmente per la Chiesa, che pur essendo una istituzione umana e storica "non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il Popolo di Dio, il Santo Popolo di Dio, che cammina verso l'incontro con Gesù Cristo. Soltanto ponendosi in questa prospettiva si può rendere pienamente ragione di quanto la Chiesa Cattolica opera". Una "ermeneutica" impostata in questo modo, permette quindi anche di comprendere e spiegare adeguatamente gli eventi che si sono susseguiti a partire dalla rinuncia di Benedetto XVI. Il lavoro di un buon comunicatore, secondo il Papa, "necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza", "triadi esistenziale" che tutti siamo chiamati a comunicare. Come Arcivescovo di Buenos Aires, l'allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio, nell'ottobre del 2002 aveva preparato una relazione più ampia sul ruolo del comunicatore e sul contributo 'sociale' di questa professione, nella quale già anticipava l'importanza di trasmettere ciò che è "vero, buono e bello". (Comunicador ¿Quién es tu prójimo?, relazione del 10 ottobre 2002).
In essa riconosceva anzitutto "l'affascinante e potente azione e influenza dei mezzi di comunicazione nella società e nella cultura", che possono aiutare "a crescere o a disorientare" in quanto raggiungono così da vicino il cuore umano, "laddove si prendono le decisioni importanti" della vita. E ciò avviene in particolar modo grazie alla "forte potenzialità dell'immagine di penetrare, commuovere, muove, motivare e influenzare la nostra condotta".

La buona prossimità
In quella circostanza il Cardinale Bergoglio ha sviluppato tutta una riflessione sull'importanza della "prossimità" dei media, proprio per questa loro "capacità di avvicinarsi e influire nella vita delle persone con uno stesso linguaggio globalizzato e simultaneo".
Una "buona prossimità" è pertanto quella che "aiuta", che trasmette una informazione "vera", che comunica "l'integrità di una realtà, in maniera armonica e con chiarezza". Diversamente, "quando le immagini e le informazioni hanno come unico scopo quello di indurre al consumo o manipolare le persone per approfittarsi di esse, siamo di fronte ad un assalto, ad un golpe". Questa prassi il Papa la definisce "l'estetica disintegrante", che tra le altre cose "fa perdere la speranza nella possibilità di scoprire la verità e operare il bene comune.
La "buona prossimità" è poi quella che "comunica la bellezza della carità con verità". Ad esempio, "quando la verità è dolorosa e il bene difficile da realizzare, la bellezza si incontra in questo amore con condivide il dolore, con rispetto e in maniera degna. Contro qualunque sensazionalismo, c'è una maniera degna di mostrare il dolore che riscatta i valori e le riserve spirituali di un popolo e aiuta a superare il male con la forza del bene, a lavorare fraternamente per superarlo, con solidarietà, con questa prossimità che ci arricchisce e ci apre al vero e al bene". Approssimarsi bene implica quindi "dare testimonianza": "contro l'apparente neutralità dei media, solo colui che comunica mettendo in gioco la propria etica e dando testimonianza della verità è affidabile per approssimarsi bene alla realtà. La testimonianza personale del comunicatore sta alla base della sua affidabilità".

La doppia sfida
Nella sua relazione il Cardinale Bergoglio parlava inoltre del "senso di trascendenza" della comunicazione, della necessità di trasmettere "la bellezza dell'amore che condivide gioia e dolore", dell'avere "senso del tempo e della storia come premessa di speranza" e concludeva con una "doppia sfida" per i comunicatori cristiani.
Da una parte, "conoscere, sentire e gustare la bellezza dell'amore di Dio", attraverso l'incontro personale con Gesù Cristo, che illumina "il discernimento della bellezza dei valori, di fronte all'immagine vuota di una certa cosmesi tecnologica". L'altra sfida è quella di condividere questa bellezza con una "vocazione così specifica" che richiede "molta formazione e vera professionalità per un uso competente della tecnologia e dei mezzi di comunicazione". Giovanni Tridente - Pccs

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