fede

San Francesco e Maria

Roberto Pacilio
Pubblicato il 30-11--0001

La fede di Francesco era incentrata sulla persona di Cristo. Gesù si era fatto uomo per gli uomini e li aveva amati a tal punto che per essi – Lui che era Dio – aveva dato la propria vita, nascendo povero, vivendo povero, morendo infine sulla croce. Nello riscoprire la persona del Cristo, egli comprese anche la grandezza di Maria, la madre di Lui, che ne aveva condiviso le scelte fondamentali, partecipando pienamente all’opera della salvezza. L’altissimo Padre – scrisse nella Lettera ai fedeli – annunziò la venuta del Verbo “nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” (FF 181-182). Nel celebrare “con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù”, scrive Tommaso da Celano, egli “non poteva ripensare senza piangere in quanta penuria si era trovata in quel giorno la Vergine poverella” (FF 787).

Maria, dunque, appare ai suoi occhi come la creatura tra tutte più intimamente unita al mistero di Cristo, facendo sue le stesse modalità di esistenza del Figlio. Cristo era stato povero e lei lo era stata insieme a Lui. Nella Regola non bollata, nell’invitare i suoi frati ad andare per l’elemosina, disse di loro: “E non si vergognino, ma si ricordino piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo onnipotente, rese la sua faccia come pietra durissima, né si vergognò. E fu povero e ospite, e visse di elemosine lui e la beata Vergine e i suoi discepoli” (FF 31). Da qui la sua bellezza. E la sua grandezza! Perché l’uomo è grande ai suoi occhi, non quanto è grande agli occhi del mondo, ma quanto lo è agli occhi di Dio, perché – dice ancora lui – “poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” (Ammonizione XIX: FF 169).

Francesco, perciò, ne canta le lodi. A suo onore – scrive ancora Tommaso da Celano – cantava laudi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere» (FF 786). Non sappiamo se se tra le “laudi” menzionate dal biografo egli volesse includere anche il Saluto alla beata Vergine Maria. Certo è che tale testo risulta indubbiamente tra i più belli del Santo: “Ave Signora, santa regina, santa genitrice di Dio, Maria, che sei vergine fatta Chiesa ed eletta dal santissimo Padre celeste, che ti ha consacrata insieme col santissimo suo Figlio diletto e con lo Spirito Santo Paraclito; tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia ed ogni bene. Ave, suo palazzo, ave, suo tabernacolo, ave, sua casa. Ave, suo vestimento, ave, sua ancella, ave, sua Madre” (FF 259).

La Madre di Dio appare così ai suoi occhi come l’ideale dimora della Trinità, la creatura in cui l’inabitazione trinitaria, promessa a coloro che ascoltano la voce del Signore, si realizza in pienezza, il modello per ogni credente, l’immagine perfetta della Chiesa. Francesco insegna così ad amarla, chiedendo anche a noi di imitarla nella sua fede…

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