Ripartire dal perdono del Signore: la novità di papa Francesco
«Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare».
Sono queste le ultime battute dell'omelia che papa Francesco ha tenuto, per la V Domenica di Quaresima, nella piccola Chiesa di S. Anna affollata di gente che veniva da ogni parte della città e del mondo. Sono parole che colpiscono il cuore e mettono in primo piano la misericordia di Dio senza la quale il mondo si raffredda e i nostri cuori sono privi di gioia. La riflessione sulla misericordia di Dio sta a cuore al presule argentino: non solo perché ne ha parlato anche durante l'Angelus in piazza S. Pietro la stessa domenica, ma soprattutto perché è all'inizio del suo mandato di vescovo.
Infatti, il suo motto episcopale dice così: Miserando atque eligendo. Questo motto è tratto dalle Omelie di san Beda il Venerabile, sacerdote (Omelia 21: CCL 122,149-151) che, commentando l'episodio evangelico della vocazione di Matteo, il pubblicano, scrive: «Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me [Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi]». Questa omelia mette in luce la misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di san Matteo evangelista.
Essa riveste un significato particolare nella vita e nell'itinerario spirituale di papa Francesco. Infatti, nella festa di san Matteo dell'anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimentò, all'età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito a una confessione, si sentì toccare il cuore e avvertì la discesa della misericordia di Dio che, con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull'esempio di sant'Ignazio di Loyola. Una volta eletto vescovo, mons. Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento, decise di scegliere, come motto e programma di vita, l'espressione di san Beda (miserando atque eligendo) che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio.
Per papa Francesco, la misericordia è il messaggio più forte del Signore che ha detto esplicitamente di essere venuto per i peccatori (cf. Mc 2,17). Solo la misericordia di Dio può cambiare il mondo e accendere di amore i nostri cuori. Il problema, ha affermato papa Francesco nell'Angelus del 17 marzo scorso, è che noi ci stanchiamo di chiedere il perdono, mentre Dio non si stanca di perdonare. Se è vero che Dio è Padre misericordioso che perdona tutto, noi non dobbiamo stancarci di chiedere il suo perdono. È un atto di autentica maturità e di profonda conversione da parte di noi credenti. Chiedere scusa, riconoscere il proprio peccato e offrire al tempo stesso comprensione verso gli altri non è cosa facile: richiede un profondo cambiamento interiore, una trasformazione totale di sé che non può avvenire senza la grazia di Dio. Quanti dialoghi interrotti nelle nostre famiglie, quante relazioni spezzate e quante comunità religiose poco credibili perché non hanno imparato ad amare e, quindi, neanche a praticare l'arte del perdono o l'esercizio della misericordia.
La profonda sensibilità di papa Francesco al tema del perdono e della misericordia di Dio mi fa pensare, immediatamente, allo stile dialogico e fraterno che san Francesco adottò per la sua stessa vita e che seppe intessere in tutte le sue relazioni, dentro e fuori l'Ordine. Rivedere gli sguardi dolci, il sorriso e il volto sereno di papa Francesco mi riporta velocemente, con la mente e il cuore, a quel gioiello di documento che è la Lettera a un Ministro che san Francesco scrisse affinché ogni frate, anche il più grande peccatore, potesse sperimentare il perdono di Dio se pur non richiesto. Senza l'amore di Dio per noi non c'è futuro e non si possono costruire autentiche relazioni.
Abbiamo bisogno di educarci a chiedere perdono e a donare anche il nostro perdono per costruire spazi di dialogo e di comunione anzitutto in noi stessi, poi con gli altri e infine anche con il Signore. Lo stile di questo papa è autenticamente francescano: una comunità – o anche una famiglia – si riconosce per la capacità di accogliersi e di riconciliarsi che i suoi membri hanno maturato. D'altronde, la Chiesa esiste solo per questo: per riconciliare i cuori, per essere nel mondo il sacramento dell'amore di Dio, di quel Figlio crocifisso e risorto che per noi ha donato la vita. Chi ama e sa chiedere e donare il perdono è autentico discepolo di Gesù Cristo, proprio come il Poverello, così come anche papa Francesco sembra fare nell'oggi della nostra storia, del nostro essere corpo del Signore.
Il motto di papa Francesco (Miserando atque eligendo), considerando la sua storia di conversione insieme a quella di san Francesco, si può tradurre anche così: amare ed essere amati è la risposta al problema dell'uomo e al senso della vita.
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