Cultura/San Francesco, tra Giotto e Dante
L'azione ha il suo epicentro nella basilica di Assisi dedicata a San Francesco e si consuma in un periodo
storico che vede la Chiesa drammaticamente impegnata su un duplice fronte, interno ed esterno: da un lato il
pullulare di forze religiose centrifughe che ne mettono in discussione l'autorità teologico-politica; dall'altro, la
forza montante della potenza statuale. Per parte sua Francesco ha tentato l'impossibile: il ritorno pieno
all'insegnamento di Cristo e del Vangelo combinato al vincolo indissolubile con un'istituzione ecclesiastica
che se ne è allontanata. Rifuggendo da qualunque tentazione eretica, Francesco ha finito così per imprimere
alla sua vita il timbro di un ardente martirio, che ora chiede soltanto di essere raccontato. È quanto accadrà
nel cantiere poetico della Commedia dantesca e prima ancora nel cantiere pittorico di Assisi, secondo le
diverse sensibilità dei due "capomastri": Dante e Giotto (anche se in questo secondo caso gli artisti implicati
sono molteplici e le loro opere oggetto di controverse attribuzioni). Questo comunque è l'affascinante
confronto proposto da Doppio ritratto, un breve, densissimo saggio di Massimo Cacciari (pubblicato da
Adelphi) che, partendo da lontano, finisce per interrogare con estrema efficacia il nostro presente.
Giotto è pittore amato dai potenti in generale e dalla corte pontificia in particolare; Dante è in perenne
battaglia contro tutti "i falsi dèi" del suo tempo. Entrambi riconoscono l'eccezionalità della santità incarnata di
Francesco.
Ma Dante insiste sulla necessità di combinare la dottrina militante dei domenicani e la caritas
francescana, la dura predicazione dei primi e la misericordiosa povertà dei secondi: «Francesco deve andare
a nozze anche con l'altro "principe" per salvare la Chiesa che crolla»; una Chiesa che entrerà ripetutamente
in conflitto con la proposta di Francesco, mentre nel ciclo di Assisi è la stessa corte pontificia ad
accompagnare armoniosamente tale processo, finendo così per normalizzare una vicenda altrimenti
scandalosa. Dunque niente chiodi né corpo nudo e piagato, né lotta « contro e con la Chiesa, e il suo stesso
Ordine, e il mondo». Molto spazio invece, nella basilica umbra, viene dedicato al Francesco poeta (che il
poeta Dante, in qualche modo, trascura). Spazio al nuovo discorso sulla natura e su una creaturalità
intrinsecamente divina, come indica la predica agli uccelli, che, annota Cacciari, in realtà sale verso Dio
grazie a un canto comune di uomo e animale. L'idea e l'esperienza di vita francescana - a ben vedere - si
intrecciano e si elidono di continuo in questo "doppio ritratto".
A ulteriore dimostrazione dell'inafferrabile
radicalità di Francesco, così evidente in quell'immagine estrema di "Madonna Povertà" che ne caratterizzerà
il destino. Povero è chi si libera non soltanto degli averi, ma di sé, della propria persona. E grazie a questo
sarà tanto più potente (perché avrà raggiunto l'essenziale) e tanto più lieto (perché vivrà solo dell'amore e
nell'amore per l'altro). È l'ultimo passaggio, il più azzardato di tutti. Né Dante (attratto dall'idea "regale" di
Francesco), né Giotto (che insiste soprattutto sull'obbedienza e l'umiltà) riusciranno a rappresentare fino in
fondo il paradosso di una «"vittoria" che emerge dal colmo stesso della miseria, che si annuncia lietamente
nella sconfitta». Ma questa "incomprensione", questo "tradimento", si chiede Cacciari, non sono forse gli
stessi che ha patito Cristo, a cui Francesco guarda insistentemente come unico, inarrivabile modello?
Irripetibile, esemplare, la vita di Francesco - su cui si sono incentrati i ripetuti, mirabili studi di Chiara Frugoni -
continua ad affascinare per la sua radicalità.
Per quel suo modo insieme semplice e paradossale di stare al mondo, che questo vibrante saggio di
Cacciari indaga piega per piega in tutta la sua santa follia; nello slancio assoluto per il prossimo, che arriva a
disfare e ricreare l'idea stessa di persona; nella scelta della povertà come sinonimo di suprema leggerezza e
letizia. Di una vera, compiuta libertà.(Repubblica)
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