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Cultura/San Francesco, tra Giotto e Dante

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



L'azione ha il suo epicentro nella basilica di Assisi dedicata a San Francesco e si consuma in un periodo storico che vede la Chiesa drammaticamente impegnata su un duplice fronte, interno ed esterno: da un lato il pullulare di forze religiose centrifughe che ne mettono in discussione l'autorità teologico-politica; dall'altro, la forza montante della potenza statuale. Per parte sua Francesco ha tentato l'impossibile: il ritorno pieno all'insegnamento di Cristo e del Vangelo combinato al vincolo indissolubile con un'istituzione ecclesiastica che se ne è allontanata. Rifuggendo da qualunque tentazione eretica, Francesco ha finito così per imprimere alla sua vita il timbro di un ardente martirio, che ora chiede soltanto di essere raccontato. È quanto accadrà nel cantiere poetico della Commedia dantesca e prima ancora nel cantiere pittorico di Assisi, secondo le diverse sensibilità dei due "capomastri": Dante e Giotto (anche se in questo secondo caso gli artisti implicati sono molteplici e le loro opere oggetto di controverse attribuzioni). Questo comunque è l'affascinante confronto proposto da Doppio ritratto, un breve, densissimo saggio di Massimo Cacciari (pubblicato da Adelphi) che, partendo da lontano, finisce per interrogare con estrema efficacia il nostro presente. Giotto è pittore amato dai potenti in generale e dalla corte pontificia in particolare; Dante è in perenne battaglia contro tutti "i falsi dèi" del suo tempo. Entrambi riconoscono l'eccezionalità della santità incarnata di Francesco.


Ma Dante insiste sulla necessità di combinare la dottrina militante dei domenicani e la caritas francescana, la dura predicazione dei primi e la misericordiosa povertà dei secondi: «Francesco deve andare a nozze anche con l'altro "principe" per salvare la Chiesa che crolla»; una Chiesa che entrerà ripetutamente in conflitto con la proposta di Francesco, mentre nel ciclo di Assisi è la stessa corte pontificia ad accompagnare armoniosamente tale processo, finendo così per normalizzare una vicenda altrimenti scandalosa. Dunque niente chiodi né corpo nudo e piagato, né lotta « contro e con la Chiesa, e il suo stesso Ordine, e il mondo». Molto spazio invece, nella basilica umbra, viene dedicato al Francesco poeta (che il poeta Dante, in qualche modo, trascura). Spazio al nuovo discorso sulla natura e su una creaturalità intrinsecamente divina, come indica la predica agli uccelli, che, annota Cacciari, in realtà sale verso Dio grazie a un canto comune di uomo e animale. L'idea e l'esperienza di vita francescana - a ben vedere - si intrecciano e si elidono di continuo in questo "doppio ritratto".


A ulteriore dimostrazione dell'inafferrabile radicalità di Francesco, così evidente in quell'immagine estrema di "Madonna Povertà" che ne caratterizzerà il destino. Povero è chi si libera non soltanto degli averi, ma di sé, della propria persona. E grazie a questo sarà tanto più potente (perché avrà raggiunto l'essenziale) e tanto più lieto (perché vivrà solo dell'amore e nell'amore per l'altro). È l'ultimo passaggio, il più azzardato di tutti. Né Dante (attratto dall'idea "regale" di Francesco), né Giotto (che insiste soprattutto sull'obbedienza e l'umiltà) riusciranno a rappresentare fino in fondo il paradosso di una «"vittoria" che emerge dal colmo stesso della miseria, che si annuncia lietamente nella sconfitta». Ma questa "incomprensione", questo "tradimento", si chiede Cacciari, non sono forse gli stessi che ha patito Cristo, a cui Francesco guarda insistentemente come unico, inarrivabile modello? Irripetibile, esemplare, la vita di Francesco - su cui si sono incentrati i ripetuti, mirabili studi di Chiara Frugoni - continua ad affascinare per la sua radicalità.


Per quel suo modo insieme semplice e paradossale di stare al mondo, che questo vibrante saggio di Cacciari indaga piega per piega in tutta la sua santa follia; nello slancio assoluto per il prossimo, che arriva a disfare e ricreare l'idea stessa di persona; nella scelta della povertà come sinonimo di suprema leggerezza e letizia. Di una vera, compiuta libertà.(Repubblica)

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