"Ero straniero e mi avete accolto"
Vescovo “scomodo”, “controcorrente”, “ribelle”. Per alcuni persino
“inutile”, “sbagliato” e “comunista”. Per tanti altri, semplicemente un
vescovo cattolico, amico di poveri, immigrati, malati e disoccupati;
nemico dell'ingiustizia, specialmente di prepotenti, mafi osi e camorristi.
Sempre pronto a dialogare con tutti, anche con chi sembra essere
apparentemente indifferente ai valori del Vangelo, come i giovani frequentatori
di centri sociali e attivisti no-global.
Sono tanti gli aggettivi
– a volte lusinghieri, altre volte irriverenti – che negli anni passati sono
stati affi ancati al nome di monsignor Raffaele Nogaro, il vescovo di
Caserta che il 31 dicembre 2008 ha presentato le dimissioni avendo
compiuto 75 anni, il limite massimo d'età oltre il quale il Codice di
Diritto Canonico impone ai vescovi di lasciare la guida delle diocesi.
Un presule molto amato e molto discusso, ma che nessuno ha mai trattato
con indifferenza, perché è stato sempre in prima linea, sul fronte
del bisogno, in sintonia con altre fi gure di sacerdoti di “strada”, vescovi
e missionari che hanno dedicato la loro vocazione ai poveri, ai sofferenti,
ai tossicodipendenti, agli immigrati come monsignor Luigi Di
Liegro, primo direttore della Caritas diocesana di Roma, don Pino
Puglisi ammazzato dalla mafia, don Oreste Benzi, don Luigi Ciotti,
don Antonio Mazzi, don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, per anni
amatissimo presidente di Pax Christi. Nogaro ha sempre guardato con
sollecitudine paterna (“Nel nome di Cristo”, ha tenuto sempre a puntualizzare),
ai più bisognosi, tra i quali in Campania – dove per circa
26 anni ha esercitato il suo ministero episcopale –, vivono molti di
quegli immigrati e clandestini amati come fi gli e fratelli.
Ventisei anni
di episcopato, otto a Sessa Aurunca e diciotto a Caserta, che vale la
pena non dimenticare mai e che per questo ora cerchiamo di ripercorrere
insieme a lui in questo nostro incontro.
Monsignor Nogaro, cosa intende dire Gesù quando nel Vangelo
afferma: ”Ero straniero e mi avete accolto”?
Gesù con parole semplici, illustra l'essenza del cristianesimo.
È una frase del Vangelo – ma non la sola –, che traccia il solco
che ognuno di noi è chiamato a seguire nel corso della sua vita
terrena in previsione del Regno dei Cieli. Non a caso, Cristo,
il Figlio dell'Uomo, ne parla preannunciando ai suoi discepoli
che nel Giudizio Finale saremo ammessi o esclusi all'amore di
Dio se avremo amato o ignorato i nostri fratelli, al
di là della nazionalità e del ceto sociale. “Non saremo
più né ebrei, né greci, né romani”. Ecco quindi che accogliere
lo straniero nella propria casa, nella propria
terra, dargli ospitalità, assistenza, aiuto disinteressato,
amore gratuito, diventa uno dei tratti più caratterizzanti
della vita cristiana, che può far breccia anche nei
cuori di credenti di altre religioni e non credenti. Ma, ancora
di più, un comandamento così caratterizzante che se messo in
pratica concretamente non può non incidere sulle scelte sociali
e politiche di ogni tempo e paese.
Per questo lei si sente così vicino al mondo dei sofferenti,
agli ammalati, ai carcerati, agli immigrati?
Non saprei dire. Forse sì. Dico sempre alla mia gente che non
penso di essere un credente vero e proprio secondo il concetto
della Chiesa. Confesso che a me, in fondo, non interessa tanto la liturgia o le grandi celebrazioni. Certamente quando celebro
lo faccio nel migliore dei modi possibili. Anche la catechesi per
me è qualche cosa di asfi ttico. Io credo che la Chiesa sia amore,
sia carità, lo sento proprio, e nel Vangelo, da appassionato
di Sacra Scrittura, ci trovo tanto. Da circa tre anni mi dedico
in modo particolare proprio alla lettura dei 4 Vangeli, mi piace
meno San Paolo perché è l'apostolo che interpreta Cristo.
Invece a me piace il Vangelo in diretta. E mi piace, in modo
speciale, il Cristo pre-pasquale, cioè il Cristo che si presenta
come il Figlio dell'Uomo, il Cristo che piange di fronte a tutti
i dolori dell'uomo. Cristo è l'unico che si accorge del dolore
umano. Amo il Cristo che ha misericordia, che va sempre al di
là della colpa, che va sempre al di là della cattiva intenzione.
Il Cristo che addirittura perdona. Perdona anche quelli che lo
uccidono.
Cosa signifi ca essere stato vescovo di
Sessa Aurunca e Caserta, due comprensori
considerati tra i più diffi cili della
Campania e di tutto il Meridione?
È una domanda per me tremendamente
provocatoria perché, per
grazia di Dio, non ho mai
avuto prevenzioni per nessuno.
È vero che vengo da
una terra molto diversa
come il Friuli. Si sa che al
Nord sono più chiusi e al
Sud più aperti. Ma qui,
in Campania è subito
esploso in me il desiderio
di conoscere questa
gente, di avvicinarla,
amarla, condividere le
sue gioie e i suoi dolori.
Si può dire che il cancro della camorra in
Campania, come pure della mafia in Sicilia o della ‘ndrangheta
nelle altre regioni meridionali, sia figlio anche di determinate
“disattenzioni” socio-politiche ed ecclesiali?
È sbagliato ed esagerato affermare che qui i politici sono tutti
camorristi. O che altrove siano tutti mafi osi. Ma è innegabile
che nessun politico può prescindere dalla camorra, direttamente
o indirettamente. Come succede altrove con la mafi a e la
‘ndrangheta. Qui, in Campania, il potere vero e proprio è in
mano a loro, ai camorristi, i veri responsabili del mancato sviluppo
locale. Lo si è visto, ad esempio, anche quando si è costituita
la Regione, che avrebbe potuto svolgere un ruolo propulsivo per far sviluppare benissimo settori importanti come
l'agricoltura, il turismo, le scuole, le tante meraviglie legate alla
natura locale, con innegabili vantaggi per l'occupazione. Invece
niente. Le scuole professionali che dovevano preparare i giovani
sono state chiuse dopo poco tempo. E quasi tutte quelle
concepite originariamente per favorire una particolare preparazione
per i giovani sono svanite nel nulla. Era stata costruita
anche una scuola professionale a Marcianise, che doveva preparare
gli operai della Olivetti: anche quella è stata chiusa.
E io
non penso, da quello che mi dicevano i politici, che l'abbiano
chiusa volutamente loro. Certamente anche per questa scuola
c'è stato il condizionamento negativo della camorra che deve
controllare, non deve lasciare spazi, facendo allo stesso tempo
guadagni illeciti. E questo fatto rappresenta un autentico dramma
per migliaia di persone.
Sta descrivendo una regione, praticamente,
allo sbando...
Qui ho l'impressione che nessuno fa più
nulla, a partire dal governo di Roma che ha
tutto l'interesse ad avere un sottogoverno
al Sud e un altro sottogoverno al Nord con
la Lega, ma anche dalla Chiesa, dagli enti
locali, che non si stanno chiedendo più
cosa fare in concreto per favorire lo sviluppo
della Campania e di tutto il Meridione.
Quante volte mi sono battuto, accanto ai
giovani e ai lavoratori, per l'occupazione,
per la difesa dei posti di lavoro, per i problemi
dei disoccupati, specialmente dei
giovani che sono alla ricerca del primo lavoro.
Qui hanno aperto industrie di ogni
tipo, Oro Mare, Polo della Qualità... Ogni
volta che ho visitato queste nuove realtà
imprenditoriali mi hanno sempre promesso
che avrebbero assunto operai di Caserta,
di Sessa Aurunca, di Marcianise. Chiacchiere, solo vane
promesse. Non hanno quasi mai assunto nessuno del posto e i
nostri giovani come al solito sono costretti ad andare al nord in
cerca di fortuna. Non c'è nessun amministratore locale che si
interessa dei nostri giovani, della promozione della gente. Ho
l'impressione che il politico, malgrado le promesse e le belle
parole che dice specialmente in periodi elettorali, non ami la
gente.
Tuttavia, non a caso, ho detto recentemente che con il
Macrico deve iniziare il '68 di Caserta. Fino a quando qui la
gente non fa la ‘rivoluzione', nel senso che non si mette a lottare
proprio contro le istituzioni per farle maturare, costringerle
ad essere più attente ai bisogni delle famiglie, dei giovani, dei
disoccupati, qui le riforme non arriveranno mai.
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