societa

Sacre scritture e musica laica: è la messa beat

ORAZIO LA ROCCA
Pubblicato il 25-01-2023

In chiesa chitarre, batterie e pianole

Musica sacrilega o massima espressione canora giovanile per le sacre celebrazioni? È l'interrogativo sulla cosiddetta Messa beat che, dopo quasi sessant'anni dalla sua breve vita, è ancora in attesa di una risposta esauriente, pur avendo suscitato a suo tempo l'interesse di importanti componenti ecclesiali – cardinali, gesuiti (padre Arrupe sulla rivista Rocca ne scrive con entusiasmo), parroci, catechisti – e l'impegno produttivo di case discografiche di ispirazione cattolica – la PCC, legata alla Pro Civitate Christiana di Assisi, le Edizioni Paoline e le Edizioni Ldc.

Quesito tornato di nuovo alla ribalta in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del cardinale vicario Angelo Dell'Acqua – porporato chiamato da Paolo VI a rinnovare la Chiesa di Roma sulle istanze del Concilio Vaticano II – convinto sostenitore, tra l'altro, della possibile esistenza di un proficuo legame tra la Chiesa cattolica e la Beat Generation. Pensiero, in verità, piuttosto ardito, forse troppo avanti nei tempi – siamo verso la metà degli anni '60 – pur nel bel mezzo del rinnovamento conciliare.

Binomio, Chiesa e Beat Generation, all'apparenza strano, anche se non tutti i cattolici del post Concilio furono indifferenti al movimento nato dalle istanze di libertà, pace universale e uguaglianza promosse da poeti pop Usa – come Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti – al punto che negli anni '60 le chiese italiane furono quasi travolte da un fenomeno che non tutti capirono: la celebrazione di messe beat con musiche liturgiche eseguite con chitarre, batterie, pianole e canti da parte di complessi giovanili composti da ragazzi dai lunghi capelli, suscitando entusiastiche approvazioni, ma anche feroci critiche da parte delle componenti più conservatrici e tradizionaliste del cattolicesimo, per niente disposte a rinunciare alle celebrazioni eucaristiche accompagnate da musiche legate alla classica liturgia.

Ma, a sorpresa, quel nuovo modo di eseguire canti e melodie nelle chiese fece breccia anche in Vaticano e, tra i porporati più influenti e stretto collaboratore di Paolo VI, il cardinale Angelo Dell'Acqua, che prima di essere nominato Vicario della Diocesi di Roma (1968), era stato diplomatico impegnato in diverse nunziature e capo di alcuni importanti dicasteri pontifici.

Ne parla, a 50 anni dalla morte – avvenuta improvvisamente il 27 Agosto 1972, a 68 anni, davanti alla Grotta di Lourdes – monsignor Leonardo Sapienza, Reggente della Prefettura della Casa Pontificia e biografo tra i più attenti ed informati di Paolo VI, nel libro fresco di stampa “Angelo Dell'Acqua, cardinale Vicario” (Edizioni Viverein). Un testo che del porporato beat racconta gli anni vissuti “accanto a Giovanni XXIII e papa Montini”, il ruolo di “rinnovamento avviato per la Chiesa di Roma, con particolare attenzione alle periferie”, fino alla sua prematura morte, che portò via anche il sogno di dare stabilità alle Messe Beat nelle liturgie, osteggiato da dentro e fuori il Vaticano dalle componenti più conservatrici della Chiesa.

Dell'Acqua, si legge nel libro, per “capire” il mondo giovanile figlio del '68, per la prima volta “partecipò a una messa beat al Marianum (Pontificia università di Roma), incurante delle tante critiche che stavano montando intorno a quelle che erano state “battezzate” le Messe dei giovani. Ne restò commosso per il fervore partecipativo che vi notò. Ma Dell'Acqua non si fermò al Marianum.

Una domenica mattina del 1970, in incognito e senza preavviso, si recò nella chiesa dei Martiri Canadesi dove sarebbe stata celebrata una Messa accompagnata da musiche sacre beat, per rendersi conto di persona della “validità” e della “serietà” dell'iniziativa, restandone piacevolmente fulminato. Lo racconta – riporta monsignor Sapienza nel suo testo – il professor Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, nel libro Angelo Dell'Acqua prete, diplomatico e cardinale al cuore della politica vaticana (1903-1972) (Il Mulino), a cura di Alberto Melloni. Impagliazzo rievoca il racconto del segretario del cardinale, padre Marco Malagola, che quella mattina accompagnava Dell'Acqua, confondendosi entrambi tra i fedeli. “Si entra e si sta a guardare in fondo alla chiesa.

Avviene che – ricorda Malagola – il cardinale rimane talmente commosso e, direi, estasiato nell'osservare la chiesa gremita di giovani che cantano, suonano e pregano con tale fervore ed entusiasmo che non si può fare a meno di dirigersi verso l'altare e, al momento opportuno, rivolgere loro un vibrante caloroso saluto di incoraggiamento ad essere testimoni autentici di un Vangelo visto e vissuto”. Dell'Acqua, dopo quella positiva esperienza, pensò di organizzare una analoga manifestazione beat nella Basilica Lateranense, la Cattedrale del Papa. L'idea, spiega Sapienza, “era di riconciliare la Beat Generation, che non era contro la Chiesa, con la Diocesi, facendola entrare nella cattedrale di Roma”.

Ma “non aveva tenuto conto dei condizionamenti” che lo avrebbero osteggiato, specialmente per le musiche liturgiche beat, anche se il movimento era nato anni prima, sull'onda dei movimenti giovanili del '68. Dell'Acqua era talmente convinto della “bontà” della sua intuizione, che ne scrisse al Papa illustrandogli l'importanza e la serietà del nuovo fenomeno musicale reinterpretato dai giovani in chiave liturgica, chiedendo il permesso di poter aprire anche la Basilica di San Giovanni in Laterano a queste iniziative, ricevendo, però, un fermo garbato no.

“Condividiamo le sue ansie pastorali e incoraggiamo i suoi sforzi per trovare a tale problema nuove soluzioni – la risposta di Paolo VI – procureremo noi stessi di assecondare le sue premure, facciamo nostra l'apprensione ed il dolore osservando il diradarsi numerico delle nostre opere giovanili e guardiamo con afflitto stupore la diffusione di fenomeni eccentrici nelle forme di vita, che oggi tanta gioventù preferisce [...] vorremmo tuttavia che ella comprendesse come non sarebbe stata cosa buona approvare la scelta della Basilica Lateranense quale sede della manifestazione progettata, anche se questa aveva in programma momenti e scopi degni di plauso. Ha fatto obiezione come ella sa la prevista esecuzione di musica profana in luogo di tanta sacra dignità [...] anche Gesù è stato geloso e severo del Tempio e l'ha difeso persino con violenza, insolita alla sua mitezza [...]”.

La prima messa beat (chiamata Messa dei Giovani) fu eseguita il 27 aprile 1966 nell'Oratorio di San Filippo Neri a Roma, presenti oltre duemila persone. Seguirono poi altre celebrazioni analoghe ad Assisi, Ancona ed altre città. Ebbero un certo successo gruppi musicali come I Barrittas, Angel and Brains e The Bumpers del maestro Marcello Giombini, noto autore di colonne sonore di film western e di messe beat con padre Carlo Gasbarri e Tommaso Federici. Ma il sogno utopico di dare stabilità e dignità alla Messa beat nelle grandi cattedrali si spegne con la morte di Dell'Acqua. Nelle Chiese da allora furono ammesse solo chitarre e pianole, ma niente batterie e canti pop-beat. Diplomatico “compromesso” della Curia vaticana che dura ancora oggi, sulla scia dell'entusiastica approvazione del primo e forse unico cardinale beat della storia.

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